E’ stato Giovanni Francia, direttore commerciale di Officine Maccaferri, a spiegare gli aspetti salienti della proposta. Innanzitutto, si è partiti dalla istituzione di una Società di scopo per il mar Piccolo che ha studiato un sistema “alternativo e innovativo in grado di mitigare l’impatto ambientale complessivo del progetto, sfruttando la propria esperienza nel settore delle discariche, nel progetto MO.S.E. e nella costruzione di materassi articolati di calcestruzzo”. Nelle intenzioni dei proponenti, l’obiettivo da raggiungere è quello di permettere una nuova fruizione del mar Piccolo per le attività di mitilicoltura, ritenute fondamentali per l’economica locale.
Ricordiamo, che il primo seno del mar Piccolo risulta pesantemente inquinato da pcb, diossime e metalli pesanti. Motivo per cui dal luglio del 2011 è off limits per la coltivazione delle cozze. Nel 2014, Arpa Puglia, in collaborazione con il Cnr ed altri enti, ha condotto un approfondimento tecnico-scientifico sulle interazioni tra il sistema ambientale ed i flussi contaminati da fonti primarie e secondarie che ha previsto l’elaborazione di un modello concettuale sito-specifico. Nel report che sintetizza i risultati di questo imponente studio, pubblicato in anteprima da InchiostroVerde nello scorso mese di novembre, Arpa Puglia si era soffermata sulle varie tecniche di disinquinamento attuabili – dragaggio, capping, biorimedi o un mix tra essi – indicando i pro e i contro di ogni soluzione. In seguito, il commissario Corbelli ha ritenuto opportuno procedere con ulteriori approfondimenti prima di poter decidere qualsiasi tipo di intervento.
Nel corso delle audizioni parlamentari a cui ha partecipato, anche di recente, la Corbelli si è mostrata estremamente prudente, consapevole di quanto sia compromessa la situazione del primo seno e dei rischi derivanti da scelte avventate e controproducenti, a cominciare dal dragaggio, da sempre visto col sangue agli occhi da esperti ed ambientalisti. La Corbelli aveva manifestato anche altre perplessità: “Non si può prevedere un capping laddove il materiale non è classificabile e non dà neanche affidabilità in termini di meccanica dei terreni – aveva detto lo scorso 20 ottobre parlando alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti – qualsiasi cosa andiamo a fare non regge. Rischiamo di andare a compromettere ulteriormente lo stato delle risorse”. In seguito, aveva annunciato la volontà di avviare un “intervento pilota” nell’area denominata “170 ha”, quella risultata maggiormente inquinata in seguito alle vecchie attività dell’Arsenale Militare.
Ma veniamo alla proposta presentata oggi. «Questo progetto non è un’iniziativa dell’Ance o di Confindustria – ha dichiarato Antonio Marinaro, presidente di Ance Taranto – abbiamo voluto fornire un supporto alla ricerca locale, che ha visto come protagonista, negli ultimi cento anni, l’Istituto Talassografico – Cnr. Il nostro obiettivo era quello di individuare le migliori soluzioni ambientali e il miglior know-how italiano rappresentato da un grosso gruppo come le Officine Maccaferri, già impegnato nel progetto MO.S.E. di Venezia. Insieme a loro abbiamo dato vita ad un accordo per Taranto che vede coinvolto anche lo Studio Start di Taranto». La sperimentazione proposta dovrebbe aver luogo in tre aree del mar Piccolo ancora non specificate. Tra queste, comunque, figura sicuramente l’area 170 ha, la più compromessa in assoluto. Le altre due potrebbero essere individuate nella zona di Buffoluto e nel secondo seno.
Tali materassini sono costituiti da materiale naturali: argilla bentonitica reattiva, miscelata con sabbia e ghiaia. Dopo la stesura dei materassini MFZ, il progetto prevede la ripiantumazione di essenze marine da scegliere tra la Cymodocea, consigliata dal Cnr, e la Posidonia Oceanica con lo scopo di favorire la crescita di una nuova vegetazione. Un esperto, a margine dell’incontro, ha già avanzato un dubbio: ma siamo sicuri che poi la nuova vegetazione non venga in qualche modo contaminata dagli inquinanti assorbiti dai materassini? E se dovessero rientrare in circolo tramite la catena alimentare perché qualche organismo marino si nutre di quella vegetazione?
Una cosa è certa: sulla bontà del progetto dovrà ora esprimersi il commissario Corbelli. Dipende da lei, infatti, la scelta su come procedere con la sperimentazione annunciata in particolare per l’area 170. E’ ovvio, poi, che per avviare qualsiasi intervento si dovrà procedere con una regolare gara d’appalto che dovrà seguire tutti i crismi della legalità. Non è detto, quindi, che la strada per questa proposta sia spianata. E anche sui tempi è inutile sbilanciarsi. Infine, sullo sfondo, resta il solito nodo da sciogliere: che senso ha intervenire con le bonifiche se non si ha la certezza di aver individuato e bloccato tutte le fonti inquinanti ancora attive? Ed è questo il rompicapo di sempre.
Alessandra Congedo
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