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In migliaia a Bari per difendere l’agricoltura pugliese

Erano diverse migliaia, stamane in piazza Prefettura a Bari, gli agricoltori giunti da tutta la Puglia per manifestare la sofferenza di un intero settore che sta resistendo alla crisi eppure rischia di finire soffocato da troppe e ingiuste tasse e scelte politiche sbagliate. Ed erano tanti anche gli agricoltori tarantini sotto le bandiere bianche e verdi di Copagri e Agrinsieme, il coordinamento che rappresenta le aziende e le cooperative di Confagricoltura, Cia e Alleanza delle cooperative italiane: tutti insieme, ed è questa la novità di questa mobilitazione, per tutelare l’agricoltura e l’agroalimentare italiano e pugliese.

I rappresentanti di Agrinsieme e Copagri – per Confagricoltura Taranto il presidente Luca Lazzàro e il direttore Carmine Palma – hanno incontrato rappresentanti istituzionali e politici regionali, ai quali è stato consegnato il “manifesto” in 13 punti in cui sono racchiusi problemi, proposte e suggerimenti del mondo agricolo pugliese: un cahier de doléances, ma anche una traccia da seguire per rilanciare un pezzo importante dell’economia. I dati aggregati a livello nazionale, del resto, lo confermano: 2 milioni di imprese, di cui oltre 275mila solo in Puglia; il 9% del Pil italiano (14% considerando anche l’indotto); 3,2 milioni di lavoratori nella filiera (il 14% degli occupati italiani); un contributo della filiera all’erario valutato in più di 25 miliardi di euro. Cifre e documento sono stati illustrati al prefetto di Bari – che rappresenta lo Stato nei rapporti con le autonomie – al quale è stato ricordato che «il settore agroalimentare è una componente strategica essenziale del Made in Italy di qualità, il suo sviluppo sui mercati interni ed internazionali è fondamento della crescita del Paese».

Il cuore del “manifesto” è la “questione fiscale”, legata «all’incertezza creata dall’incredibile vicenda dell’IMU». Ma urgono anche questioni come «il ritardo nell’attuazione della riforma della politica agricola comune “verso il 2020”», per cui si chiede di «non applicare, per questo primo anno di entrata in vigore della riforma, le penalità per non rispetto del greening». E di forte ritardo si parla anche riguardo alla «definizione dei Piani di Sviluppo Rurale, per cui «le imprese agricole non possono attendere oltre misure essenziali per la gestione delle loro aziende» ed è oltremodo indispensabile intervenire con una«sistematica azione di semplificazione burocratica con una decisa azione per il riordino, accorpamento e abolizione di Enti e tecnostrutture operative nel settore agricolo ed agroalimentare», ormai divenuti «un inutile spreco di denaro». A livello nazionale «per il rafforzamento della competitività delle imprese è strategica l’attuazione di una semplificazione amministrativa, favorendo la completa informatizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese e rafforzando gli strumenti della sussidiarietà», mentre a livello regionale è urgente «snellire le pratiche» dovute alla «proliferazione di leggi e regolamenti regionali che hanno introdotto nuovi obblighi ed adempimenti per le aziende».

Nel documento, inoltre, si chiede un intervento a sostegno della «redditività degli agricoltori italiani», ferma «ai livelli del 2005», l’eliminazione delle «riduzioni sulle agevolazioni per l’uso del gasolio in agricoltura», una drastica semplificazione sulle «tematiche ambientali e sanitarie», in particolare per «la vicenda “Xylella e le sue ripercussioni sulle attività agricole». Tra gli altri temi affrontati vi è «l’impostazione e gli effetti del Jobs Act per il settore, che possono essere positivi a patto però di puntare sul ruolo essenziale dell’agricoltura per l’occupazione», anche «con una riduzione significativa e concreta del cuneo fiscale». Ed è «essenziale abolire gli indici di congruità», così come «approvare un piano straordinario regionale per la messa in sicurezza del territorio con il pieno coinvolgimento delle imprese agricole e forestali», intervenire sui «settori di mercato in crisi: ortofrutta, praticamente tutte leproduzioni zootecniche, ma anche olio e vino», per i quali occorre «rilanciare i consumi – interni ed esteri – e rinsaldare le filiere “dalla terra alla tavola” per recuperare competitività e redditività».

Occorrono, poi, strumenti e risorse per eliminare «uno dei vincoli all’efficienza del sistema agricolo pugliese, ossia la piccola dimensione delle imprese agricole e agroalimentari. Aggregare è indispensabile per affrontare la sfida dell’efficienza tecnica e dei mercati globali: il sistema cooperativo e delle OP della Puglia è in grado di affrontare e vincere questa sfida ma ha bisogno di strumenti e risorse». Infine, il decreto Salva Taranto (o Salva Ilva) di recente convertito in legge, nel quale «all’articolo 5 è prevista l’istituzione di un Tavolo Istituzionale permanente per l’adozione di un Contratto Istituzionale di Sviluppo». Per Agrinsieme e Copagri è necessaria «la partecipazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, come soggetto istituzionale interessato allo sviluppo territoriale dell’Area», in grado di «apportare un concreto contributo al coordinamento ed all’attuazione di tutte le azioni strategiche utili allo sviluppo compatibile e sostenibile del territorio e dare un’adeguata rilevanza al settore agricolo ed agroalimentare, fondamentale per lo sviluppo dell’area di Taranto».

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