Quel giorno, all’interno del tribunale, si svolgeva la seconda parte dell’incidente probatorio nell’inchiesta sull’Ilva, poi culminata nel processo attualmente in corso.Quel giorno, all’esterno del tribunale, centinaia di persone (in prevalenza giovani) erano lì a manifestare pacificamente il loro sostegno nei confronti della magistratura, ma soprattutto erano lì per gridare al cielo la loro voglia di cambiamento, le loro speranze per un futuro migliore e diverso per tutti. Speranze a cui quell’inchiesta aveva dato nuova linfa.
Eppure, quasi tre anni dopo (anche se il provvedimento reca la firma del 19 giugno 2013 ma questi, si sa, sono i tempi della giustizia italiana), tra quelle centinaia di persone 32 ricevono una condanna penale all’ammenda singola di 3.801 euro. Strano, vero? Come mai si condannano soltanto quelle 32 persone che quel giorno parteciparono a quella manifestazione come liberi cittadini, senza essere nemmeno i promotori di quella iniziativa? Come mai non sono state segnalate tutte le centinaia di persone presenti quel giorno?
Del resto, quanto accaduto è un’azione puramente repressiva. Di natura sociale e politica. Che in questo Paese viene attuata da decenni ed in ogni angolo d’Italia verso chi, lo ripetiamo ancora una volta, ha deciso cosa e chi essere e da che parte stare (pur con tutti gli errori commessi e la cadute vissute negli anni). Signori, suvvia, facciamo le persone serie. Quei 32 nomi non appartengono a cittadini estratti a caso dalle pagine bianche. Non sono stati più sfortunati degli altri. Sono 32 persone che conosciamo tutti. O meglio, che conosce chi vive questa città quotidianamente. Sono 32 persone da anni impegnate nelle loro battaglie politiche e sociali (giuste o sbagliate che siano).
Sono 32 persone che fanno parte di determinati ambienti di lotta: vuoi centri sociali, vuoi gruppi organizzati, vuoi sindacati di classe, vuoi sempliciti lavoratori e/o disoccupati che hanno scelto di non restare a casa a guardare alla tv o sui social network da semplici spettatori ciò che accade nella loro città. Sono 32 persone che negli anni hanno svolto sit-in, presidi, manifestazioni, occupazioni e via dicendo. Sono persone che non vengono colpite per la prima volta da condanne del genere.
E’ dunque un’azione atta a colpire, secondo la Questura, la Digos e la magistratura, chi è a capo di diverse organizzazioni nell’ambito di un’unica grande macroarea che ha la “colpa” di aver scelto da che parte stare. Di aver scelto in cosa credere. Di lottare per ciò in cui crede con i mezzi che ritiene opportuno. I quali, putroppo, spesso contrastano con quelli permessi dalla legge italiana. Da sempre pronta a colpire, nel più breve tempo possibile gli ultimi o chi delinque, così come chi conduce battaglie o lotte politiche e sociali sposando ideali di un’area politica ben determinata che certamente non è di destra o fascista. Invece, pur essendo l’apologia del fascismo un reato (da sempre), le manifestazioni dei fascisti vengono scortate e protette al meglio da chi ha il compito di tutelare l’ordine pubblico.
Torniamo alla manifestazione tenuta, quel giorno, davanti al Tribunale, che ha avuto grande risalto perché a sostegno dell’operato della magistratura. Era stata organizzata, in particolar modo, dall’area ambientalista, una parte della quale è da sempre in ottimi rapporti con Questura, Digos, magistratura ed altri centri e luoghi di potere molto conosciuti in città, come ad esempio la massoneria, rimasta miracolosamente illibata. Quella volta come in tutte le altre. Strano, vero? Non solo. Chi scrive ha sempre diffidato dal tessere lodi a sproposito all’azione della magistratura. Evitando di far diventare eroi magistrati che fanno semplicemente il loro dovere. Ma qui si apre un capitolo spiacevole per molti.
La magistratura, e questo è garantito dalla legge, è assolutamente libera e indipendente nel prendere le sue decisioni. Un esempio pratico: è vero che su segnalazione della Questura il pubblico ministero è obbligato a prendere in considerazione la segnalazione e quindi ad effettuare le indagini del caso, ma è altrettanto vero che il pubblico ministero è assolutamente libero di decidere se procedere con l’azione penale (quindi decidere per la condanna in questo caso commutata in multa) oppure archiviare il caso. Dunque, è assolutamente falso sostenere la teoria secondo cui la magistratura era obbligata a procedere, come è avvenuto in questo caso. E’ esattamente l’opposto. E chi sostiene l’obbligatorietà dell’azione della magistratura, o pecca di ignoranza, o continua pervicacemente a falsificare la realtà a proprio piacimento per difendere i propri interessi e le proprie amicizie.
E qui nasce spontanea una domanda: perché la magistratura tarantina, in questo caso il Pm Maurizio Carbone (sostituto procuratore presso la Procura di Taranto, nonché nuovo segretario generale dell’Associazione Nazionale Magistrati e firmatario del provvedimento) ha deciso di dare seguito alla segnalazione della Questura di Taranto chiedendo al giudice di punire quelle 32 persone, che tra l’altro, quel giorno, manifestavano a sostegno dell’azione della Procura di Taranto?
Perché allora non aprire una bella inchiesta, come accaduto ad esempio per l’Ilva o come avviene nei confronti delle organizzazioni malavitose, in modo tale da andare a prendere e condannare tutti i partecipanti di quella manifestazione? Perché quelle 32 persone sì e gli organizzatori no? Perché si decide scientemente di andare a colpire, ancora una volta, gli stessi cittadini che ancora oggi, nonostante tutto, continuano a lottare a modo loro per gli ideali in cui credono? Perché tante altre manifestazioni, riguardanti altre categorie di persone e personaggi, continuano ad essere concesse, autorizzate, tollerate, anche a discapito dell’intera cittadinanza? Perché in città si continua a tollerare l’esistenza di sacche di totale illegalità di vario genere senza colpo ferire? Mistero.
Le risposte a queste domande sono ancora una volta troppo semplici e banali. Probabilmente chi detiene il potere in questo Paese, spesso ne abusa: o no? O forse c’è chi è amico del potere e chi no? C’è chi è un ipocrita e chi no? C’è chi crede ciecamente nei propri ideali e chi no? C’è chi si schiera, lotta e combatte e chi rimane sempre un passo indietro? C’è chi non ha santi in paradiso e chi invce ha amici tra inquirenti e forze dell’ordine? C’è chi con il sistema, con questo sistema, non vuole avere niente a che fare e chi in questo sistema ci sguazza da sempre facendo finta di combatterlo?
Sono domande lecite? Dubbi fondati? Oppure siamo noi che vediamo le cose attraverso lenti d’ingrandimento distorte? Queste, più che domande, per noi sono affermazioni. Certezze. C’è che in questa città, in questo Paese, la democrazia, la libertà, la legalità, la giustizia sociale e il potere non andranno mai e non potranno mai andare d’accordo. “La giustizia senza forza è inerme, la forza senza giustizia è tirannia” (Clermont-Ferrand, 19 giugno 1623 – Parigi, 19 agosto 1662).
Gianmario Leone
www.inchiostroverde.it
Foto di Ilaria Basile
IL PROVVEDIMENTO
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