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Ilva, l’appello del M5S ai tarantini: “Venite a Roma per contestare il decreto insieme a noi”

“Chiediamo ai cittadini di Taranto di venire a supportarci nella nostra battaglia che mette al centro la salute  e l’ambiente rispetto agli interessi produttivi e delle banche”. Davide Crippa, deputato del Movimento Cinque Stelle e componente della commissione Attività Produttive della Camera, spiega a InchiostroVerde in cosa consiste l’iniziativa proposta dal Movimento per martedì prossimo, quando è in programma la votazione sull’ultimo decreto riguardante Ilva e Taranto.

“E’ un provvedimento che dà la priorità agli interessi delle banche. Permette il rientro di capitali per far fronte all’esposizione debitoria che l’Ilva ha nei loro confronti – aggiunge Crippa – poi lo stabilimento potrebbe anche chiudere o fallire. Ci preoccupa anche l’impunità totale che viene riconosciuta ai commissari. Per i tarantini è un disastro. Venendo meno la responsabilità penale nel circuito della sicurezza, i lavoratori avranno minori tutele”.

Per martedì mattina, il Movimento Cinque Stelle auspica una cospicua partecipazione di tarantini contro l’ennesimo decreto “salva Ilva”. “Si potrebbe organizzare una manifestazione davanti a Montecitorio, prima del voto – suggerisce –  e far sentire la presenza della città durante la votazione”. In merito all’iter parlamentare, Crippa aggiunge: “E’  ormai chiaro che il Governo non chiederà la fiducia. Il testo è stato blindato. Sia il Pd che Forza Italia non hanno presentato emendamenti. Noi, abbiamo evitato di ricorrere all’ostruzionismo chiedendo impegni sulle prescrizioni ambientali“.

Intanto, proprio questa mattina, Crippa è quasi saltato dalla sedia nel vedere su ilfattoquotidiano.it un articolo dedicato a un emendamento al decreto Ilva, presentato dai senatori Alessandro Maran (Pd) e Aldo Di Biagio (Fli) e già approvato in commissione (Senato) lo scorso 19 febbraio, che permette l’uso delle scorie dell’acciaieria ionica per lavori stradali, riempimento per le bonifiche e recuperi ambientali in tutta Italia.  A denunciarlo, sul Fatto, è Alessandro Bratti,  deputato del Pd e presidente della Commissione parlamentare sui Rifiuti.

“Eppure, siamo stati noi i primi a sollevare questa problematica in commissione, sia al Senato che alla Camera – sottolinea Crippa – lo dimostrano i resoconti stenografici delle sedute. Ora anche Bratti esprime dubbi su quell’emendamento venendo sulle nostre posizioni” . E’ stato presentato un ordine del giorno in cui si chiede al Governo di correggere il tiro, anche perché queste scorie non verrebbero utilizzate solo per lavori nel perimetro dello stabilimento, ma in tutta Italia, con tutti i rischi che ciò comporta. Ma considerando le priorità del Governo, c’è ben poco da sperare.

Alessandra Congedo

LINK APPELLO: http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/2015/02/appello-ai-tarantini-urliamo-no-insieme.html

L’EMENDAMENTO SULLE SCORIE

2-ter (articolo 4). Al fine di favorire il preminente interesse al recupero di rifiuti e materiali, nel rispetto dei princìpi definiti dalla citata direttiva 2008/98/ CE, i residui della produzione dell’impianto ILVA di Taranto costituiti dalle scorie provenienti dalla fusione in forni elettrici, a combustibile o in convertitori a ossigeno di leghe di metalli ferrosi e dai successivi trattamenti di affinazione e deferrizzazione delle stesse classificate con codice europeo dei rifiuti 100201, 100202 o 100903, possono essere recuperati per la formazione di rilevati, di alvei di impianti di deposito di rifiuti sul suolo, di sottofondi stradali e di massicciate ferroviarie (R5) o per riempimenti e recuperi ambientali (R10), se conformi al test di cessione di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, ovvero in applicazione della disciplina del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, se più favorevole. In questo caso, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale provvede ad accertare l’assenza di rischi di contaminazione per la falda e per la salute, ai sensi dell’articolo 177, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel termine di dodici mesi dall’avvenuto recupero».

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