Amianto e arsenale, un’altra vittima del dovere
Dovranno rispondere di imprudenza, negligenza e imperizia gli Ammiragli che dal 1982 al 1999, quali Direttori dell’Arsenale Marina Militare di Taranto, hanno esposto, secondo l’accusa, ad agenti nocivi, polveri e amianto, un operaio carpentiere in ferro oggi affetto da gravi problemi respiratori. Agli ufficiali vengono contestate numerose violazioni delle norme antinfortunistiche, che nel corso del procedimento dovranno essere accertate, per omissione, di informazione sui rischi specifici ai quali il lavoratore era esposto, mancanza dei mezzi di protezione, segregazione degli ambienti di lavoro, adozione di provvedimenti per eliminare o ridurre i rischi di esposizioni ad agenti nocivi da cui sono derivati danni all’apparato respiratorio dell’operaio esposto a polveri metalliche e di amianto durante il lavoro.
Al processo penale che si aprirà a Taranto martedì 3 marzo, Contramianto e altri rischi onlus (che da tanti anni sostiene i lavoratori e conduce un ottimo lavoro sul campo) chiederà la Costituzione di parte civile a sostegno del lavoratore vittima dell’amianto e delle deleterie conseguenze sulla salute. Intanto sono al 2014 oltre 200 i casi di patologie asbesto-correlate alle attività Marina Militare e presenti in archivio Contramianto, tra questi figurano 51 mesotelioma , il tumore di certezza causato dall’amianto. Nell’ultimo anno Contramianto ha segnalato alla magistratura competente 104 casi di ammalati e morti, per la gran parte, associati ad esposizioni all’amianto in Arsenale MM di Taranto e a bordo del naviglio militare, operai e militari affetti da mesotelioma, cancro alla laringe, ai polmoni, ai reni, asbestosi, placche, ispessimenti pleurici.
Le esposizioni all’amianto si ritengono poter essere state significative sia all’interno delle officine dell’Arsenale MM di Taranto, dove anche successivamente alla messa al bando dell’amianto con la legge 257/92 si registravamo valori ben oltre il limite delle 100 fibre/litro, sia all’interno dello stabilimento militare che a bordo di navi e sommergibili con interventi di bonifica amianto che sono ancora in corso e che hanno riguardato tutti i locali nave con ben 700 tonnellate di amianto anche friabile rimosso dal naviglio di base all’Arsenale MM di Taranto.
Una strage annunciata quella degli operai dell’Arsenale MM di Taranto se si pensa ai livelli di esposizione all’amianto che si è determinata nel corso dei decenni e del numero dei dipendenti, diverse migliaia, che hanno respirato le fibre killer di asbesto. Proprio nei giorni scorsi Contramianto aveva denunciato come Taranto registri un record per le malattie asbesto correlate all’amianto. Sono infatti il 67% i lavoratori tarantini che soffrono delle patologie causate dall’amianto denunciate nel periodo 2010-2013 in Puglia all’INAIL. Per questo periodo delle 262 richieste di malattia professionale INAIL in Puglia correlate all’amianto (asbestosi, placche, ispessimenti, mesotelioma, carcinoma polmonare) sono 175 quelle di Taranto.
In particolare sono state denunciate all’INAIL di Taranto tra il 2010 e 2013 ben 97 casi di tumori al polmone causati dall’amianto (36 mesotelioma e 61 cancro polmonare), si tratta di lavoratori esposti all’amianto in attività prevalentemente Arsenale Marina Militare e Ilva. Intanto dalle anticipazioni del V Rapporto del Registro Nazionale Mesotelioma risulta che in Italia tra il 1993 e il 2012 sono stati registrati 19956 mesotelioma, tra le vittime la sopravvivenza media è 9 mesi, la latenza 46 anni, l’età media della diagnosi 69,5 anni.
“Una vera strage che costituisce un dramma per Taranto dove secondo dati aggiornati sono stati 296 i mesotelioma, il tumore causato per certezza dall’amianto. Una esposizione alle fibre cancerogene di amianto che nella nostra città si è consumata negli ultimi cinquant’anni nelle attività di cantieristica navale, Arsenale e Marina Militare, e in quelle siderurgiche Italsider/Ilva – denuncia Contramianto -. A Taranto i casi osservati del tumore da amianto sono di oltre 7 volte maggiori di quelli attesi per gli uomini e di oltre 4 volte per le donne. Una crescita di mortalità che sembra essere inarrestabile e che evidenzia come a Taranto l’amianto killer abbia avuto un ruolo importante nei lavori navali e industriali con evidenti danni alla salute in termini di malattie e decessi”.
E’ quanto mai importante ricordare e non dimenticare che i danni provocati dall’amianto erano ben noti ai vertici della Marina Militare, così come gli effetti cancerogeni: come riportammo su queste colonne quasi tre anni fa, nel 1968 la Marina Militare commissionò una indagine epidemiologica all’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Bari sugli operai dell’Arsenale di Taranto, dalla quale emersero casi di neoplasie polmonari in molti lavoratori esposti ad amianto.
Nonostante ciò, non vi fu mai, da parte dei vertici militari del periodo, nessuna informazione ai dipendenti del rischio amianto nelle attività in officina e a bordo delle navi. Nessuno si prese la briga di informare gli operai e di sospendere i lavori: tutto proseguì come se nulla fosse. “Morire d’amianto per aver lavorato negli Arsenali della Marina Militare e a bordo delle navi senza adeguate tutele per la salute” è stato il destino di molti operai tarantini. Addirittura, già a partire dalla fine degli anni ’40, la pericolosità dell’amianto per la salute dei militari era noto e studiato dalle strutture sanitarie della Marina Militare ed in ambito Nato l’esposizione all’amianto fu oggetto di apposito studio pubblicato dalla US Navy nel 1961 sui rischi lavorativi alla salute legato all’esposizione all’amianto nella Marina Militare.
Nel solo periodo 1993-2005, nell’Arsenale Marina Militare di Taranto sono state rimosse da Officine e Navi 600 tonnellate di amianto. Per il solo Arsenale di Taranto, Contramianto ha registrato 76 casi di cancro. Nel dettaglio, 50 mesotelioma, 70 tumori polmonari ed extra polmonari, 130 casi tra ispessimenti, placche pleuriche e broncopatie. Una situazione che a livello nazionale sembra essere molto più evidente con riscontri che indicano in Marina militare complessivamente 530 casi di patologie asbesto correlate di cui 370 mesotelioma: una vera e propria strage di Stato. Anche in questo caso però, i dati raccolti sono parziali. Da qui la necessità (come ad esempio per il caso endometriosi) di istituire un Registro nazionale delle patologie asbesto correlate in Marina Militare, nel quale ricomprendere i casi di morbilità e mortalità di operai e militari vittime dell’amianto. Per pulirci la coscienza, le abbiamo chiamate “vittime del dovere”.
Gianmario Leone