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Decreto Ilva: domani alla Camera

È iniziato ieri pomeriggio alle commissioni Ambiente e Attività produttiva della Camera l’esame del decreto legge sull’Ilva, già approvato dal Senato la scorsa settimana. Il provvedimento è atteso in aula già domani. Il testo, secondo fonti parlamentari, è blindato: non sarà quindi modificato.

Intanto, sempre per la giornata di domani, i commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria hanno convocato alle 15.30, negli uffici a Roma dell’azienda, un incontro con i rappresentanti delle associazioni degli autotrasportatori Anita e Unatras. A renderlo noto la stessa azienda dopo che era sopraggiunto un nuovo ultimatum da parte dei rappresentanti degli autotrasportatori a Governo e commissari Ilva. I portavoce della categoria avevano infatti chiesto di fissare proprio entro il 25 febbraio un vertice con i commissari dell’azienda Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba, per avere risposte certe circa il saldo dei crediti pregressi e quello sulle nuove commesse.

In caso contrario avevano già annunciato per giovedì 26 febbraio nuove iniziative: il blocco totale dei rifornimenti all’Ilva e una marcia a Roma dei tir provenienti da Taranto, Novi Ligure e Marghera. Gli autotrasportatori dell’indotto Ilva da cinque settimane protestano dinanzi al siderurgico di Taranto per le spettanze pregresse di 8 mesi e contemporaneamente continuano a mantenere i presidi all’esterno delle sedi di Novi Ligure e Marghera.

Nella riunione si parlerà sia del pagamento dei crediti pregressi, sia delle modalità di pagamento dei futuri servizi di autotrasporto. Durante l’incontro della scorsa settimana, i commissari si erano impegnati a pagare in anticipo una quota rilevante delle nuove fatture (80% nei primi te mesi e 60% in quelli successivi) e ora gli autotrasportatori chiedono un provvedimento formale. Il provvedimento prevede per le piccole e medie imprese dell’indotto, che lavorano con l’Ilva e sono impegnate in attività funzionali al risanamento ambientale e alla continuità produttiva, la prededuzione dei crediti, la sospensione dei tributi sino a fine anno, la sospensione delle quote di capitale di mutui e finanziamenti contratti sino al 2017 e l’accesso agli aiuti del Fondo centrale di garanzia per le operazioni di finanziamento.

A Taranto e Genova, in particolar modo, le situazioni più critiche. In molti addetti al settore infatti sostengono che spegnere Afo5 senza il ripristino di Afo1 potrebbe anche essere un colpo fatale per Ilva. La spiegazione, fornita dal sito specializzato Siderweb, si trova nei numeri: AFO 5 produce circa 10.500 tonnellate di ghisa al giorno, la somma di AFO 1 e AFO 2 è di 10.000 tonnellate, mentre AFO 4 arriva al massimo a 6.200 tonnellate di ghisa. Il che si traduce, in mancanza di AFO 1 a supporto, in una produzione massima di 11 mila tonnellate di ghisa al giorno corrispondenti a 14 mila tonnellate di acciaio al giorno (Siderweb ricorda che l’acciaio è sempre il 25% più della ghisa spillata in virtù del raffreddante aggiunto nei convertitori).

È ormai dato per assodato, ricorda Siderweb, che il break-even point (in economia aziendale, il punto di pareggio è un valore che indica la quantità, espressa in volumi di produzione o fatturato, di prodotto venduto necessaria a coprire i costi precedentemente sostenuti, al fine di chiudere il periodo di riferimento senza profitti né perdite) per il siderurgico tarantino è di 22 mila tonnellate al giorno, mentre alcune stime riportano che, per ogni 1.000 tonnellate giornaliere al di sotto di quel livello, l’azienda vada incontro ad una perdita di 16 milioni di euro al mese.

Quindi, se questi calcoli si rivelassero corretti, continuando a marciare a questo passo l’Ilva raggiungerebbe la vertiginosa perdita di quasi 150 milioni di euro al mese. Se non ci fosse, successivamente, un aumento dei volumi, si potrebbe verificare l’esaurimento, nel giro di poco più di un anno, dei “famosi” 1,8 miliardi di euro che il decreto Ilva metterebbe a disposizione dell’azienda.

Per questo motivo Siderweb riprendere le linee guida del piano industriale dell’ex commissario Enrico Bondi realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano. Il piano, infatti, non prevedeva solo di passare progressivamente anche alla produzione del preridotto (prospettiva di medio lungo periodo), ma in prima battuta cercava chiaramente proprio di limitare l’impatto della chiusura di AFO 5 attraverso l’utilizzo di preridotto negli altoforni e nei convertitori, in modo da generare valore e sostenere gli interventi ambientali (sosteneva Bondi). Nel piano dell’ex commissario Ilva, si indicava che per gestire il transitorio di chiusura di AFO 5 il preridotto sarebbe stato acquistato sul mercato in misura di almeno 1.5 milioni di tonnellate e sarebbe stato inserito all’interno della carica degli altiforni 1, 2 e 4, per aumentare la loro resa riducendo l’eventuale calo produttivo (dovuto allo stop di AFO 5) dal 40% al 18% circa. Certo è che, conclude Siderweb nella sua analisi, qualora si perda di vista la fattibilità industriale delle scelte, alla luce delle potenziali perdite di un colosso come l’Ilva, ogni passo falso potrebbe risultare fatale.

Anche nello stabilimento di Genova la situazione è tutt’altro che rosea. Le riserve di zinco a Cornigliano sono quasi terminate: entro venerdì lo stabilimento rischia lo stop. Tra l’altro, se a Taranto e a Novi Ligure vi è ancora la possibilità di utilizzare ed ampliare la platea dei lavoratori da sottoporre gli ammortizzatori sociali già in vigore, a Genova un’ipotesi del genere non è percorribile. “Io ho già detto chiaramente che non sono disposto ad accettare neanche un cassintegrato in più – sostiene Bruno Manganaro, segretario generale della Fiom a Repubblica Genova – perché qui abbiamo la cassa in deroga integrata dai lavori di pubblica utilità, anche un solo cassintegrato in più non avrebbe la possibilità di accedere ai lavori di pubblica utilità e ci troveremmo di fronte ad una disparità inaccettabile tra lavoratori dello stesso stabilimento”.

Attualmente infatti sui 1.720 lavoratori in organico all’Ilva di Cornigliano 720 sono in cassa in deroga e quasi tutti hanno aderito al piano dei lavori di pubblica utilità ideato da Regione e Comune con i finanziamenti dell’accordo di programma siglato nel 2005 con l’azienda. L’accordo è valido fino a giugno: poi dovrebbero tutti rientrare al lavoro per 70 giorni, per fare ancora un mese e mezzo di cassa integrazione straordinaria, sempre integrata dai lavori di pubblica utilità, fino a settembre, quando anche a Genova potranno ripartire i contratti di solidarietà.

Intanto i sindacati hanno iniziato il lavoro per assistere i dipendenti che entro il 29 maggio dovranno presentare domanda di insinuazione nel passivo al Tribunale di Milano per il trattamento di fine rapporto e le ferie non godute. L’azienda ha già fatto sapere che ogni dipendente potrà accedere tramite password ai conteggi individuali che dovrà poi presentare al tribunale, ma i patronati si stanno già attrezzando per assistere i lavoratori in quello che è già stato definito come uno dei più numerosi procedimenti concorsuali di fronte ad un tribunale, visto che creditori risultano oltre ai fornitori anche tutti i 15.000 dipendenti della società.

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