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Cementir: ok all’aumento di capitale da 300 milioni

TARANTO – Come annunciato lo scorso gennaio, il Cda della Cementir Holding riunitosi ieri in un’assemblea straordinaria, ha dato ieri il via libera alla delega al Cda ad aumentare il capitale sociale in una o più tranche per un ammontare massimo di 300 milioni (comprensivo di eventuale sovrapprezzo). La delega ha durata quinquennale ed è senza esclusione del diritto di opzione. Questo atto, ha spiegato il presidente e CEO Francesco Caltagirone jr “ci permette di partecipare ad eventuali acquisti che potrebbero sembrare al venditore troppo grossi per Cementir”.

La delega – precisa una nota il gruppo – riguarda in particolare la facoltà per il Consiglio di Amministrazione di aumentare in una o più volte il capitale sociale, a pagamento e in via scindibile mediante emissione di azioni ordinarie. Il ricorso alla delega – precisa la Cementir Holding – consente di aumentare le risorse patrimoniali e la flessibilità finanziaria della società nell’ambito dell’implementazione della propria strategia di crescita. Le risorse reperite potranno essere destinate, oltre che alla crescita per linee esterne, anche alla valorizzazione degli investimenti esistenti. Le tempistiche di esercizio della delega, nonché i termini e le condizioni delle eventuali emissioni dipenderanno dalle concrete opportunità che si presenteranno e verranno prontamente comunicati al mercato ai sensi di legge e di regolamento non appena saranno determinati”. “La modifica statutaria – puntualizza la nota – non dà luogo ad alcuna causa di recesso a favore degli azionisti ai sensi dello Statuto sociale e delle disposizioni di legge e regolamenti applicabili”.

All’aumento di capitale hanno partecipato sia la Caltagirone spa, che tramite Calt 2004 srl detiene il 31,67% del capitale di Cementir Holding, sia la Vianini Lavori, che possiede il 25,48% delle quote tramite la Lav 2004 S.r.l. La Vianini Lavori appartiene al gruppo Caltagirone: il 50,04% delle sue azioni è infatti detenuto proprio dalla Caltagirone Spa. Francesco Gaetano Caltagirone, presidente ed amministratore delegato della Cementir Holding, detiene il 2,8%, in modo tale da controllarne la maggioranza delle azioni.

Un altro 12% di questa società è controllato in egual misura da altre due società del gruppo Caltagirone: la Finanziaria Italia 2005 Spa e la Capitolium Spa. Entrambe le società hanno dato ufficiale consenso all’operazione (il Consiglio di Amministrazione di Vianini Lavori S.p.A. è presieduto da Mario Delfini). Insomma, un aumento di capitale in famiglia. Del resto, non poteva essere diversamente. L’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, secondo i dati forniti dalla Consob, ha in mano, attraverso diverse controllate, il 64,60% di Cementir (il 4,78% lo detiene il figlio Francesco Caltagirone Jr, il restante 29% è “flottante”, ovvero la quantità di azioni, emesse da un’azienda quotata, che gli investitori possono liberamente commerciare nel mercato secondario).

Rendere più solida l’azienda, andare a presidiare zone dove non siamo presenti e rafforzare la nostra leadership nel cemento bianco”. Con queste parole Francesco Caltagirone jr ha tracciato il percorso di crescita della società, che ieri si è dotata di un gruzzolo di euro non indifferente per essere più forte in un settore in pieno fermento dopo la fusione tra Hocim e Lafarge. “L’aumento non ci serve per coprire buchi, ma per darci maggiori opportunità: i soldi verranno spesi bene”, ha assicurato ieri Caltagirone, ricordando che l’azienda non aveva mai fatto aumenti di capitale prima e che la stessa si è sempre finanziata con le acquisizioni. I proventi verranno usati “per eventuali operazioni di merger&acquisition, qualora ce ne dovessero essere; e per il rafforzamento del perimetro”. Nella strategia del gruppo, in particolare, c’è infatti l’obiettivo di espandere la presenza nel settore del cemento bianco, in cui Cementir detiene una fetta del 20% a livello mondiale, in Nord America o nel sud est asiatico: al momento comunque non pare ci siano operazioni al vaglio.

Eppure, già lo scorso gennaio, secondo gli analisti di Mediobanca Securities, l’operazione era stata messa in cantiere probabilmente per acquisire gli asset canadesi dell’azienda Holcim. Il mercato del cemento vive infatti una fase di consolidamento, mosso appunto dalla fusione fra Lafarge (gruppo francese produttore di materiali da costruzione, leader mondiale nel suo settore, seguito proprio da Holcim) e Holcim. Questa fase di consolidamento, secondo gli esperti del settore, potrebbe indurre i gruppi di piccola e media dimensione a trovare una crescita sostenibile attraverso operazioni di m&a (Mergers and acquisitions, ovvero fusioni e acquisizioni). Anche per la società di consulenza finanziaria Kepler Cheuvreux l’aumento di capitale da 300 milioni di euro rappresenta una sorta di “immagazzinamento di munizioni” in vista di un’operazione di M&A.

La banca d’investimento Equita ricordava come il track record storico nell’M&A è buono visto il successo dell’acquisizione Aalborg da parte della Cementir del 2004. “Da verificare”, scrivevano gli analisti, “se l’aumento rappresenta al momento solo un’opzione oppure se è connesso ad un progetto concreto già in fase di studio”. Del resto, lo stesso Caltagirone nell’aprile dello scorso anno, lasciò intendere che era allo studio del gruppo un’operazione di questo tenore. “Se per problematiche antitrust”, il colosso mondiale del cemento che nascerebbe dalla fusione tra Holcim e Lafarge “dovesse cedere delle attività, abbiamo i conti in ordine per valutare possibili subentri” dichiarò in occasione dell’approvazione del bilancio 2013 nello scorso aprile. Ed anche gli analisti della società di consulenza società Kepler – Cheuvreux avevano previsto la scorsa primavera che il gruppo avrebe utilizzato una cifra vicino ai 500 milioni di euro a sua disposizione per fare “shopping” nel settore, in particolare per una espansione delle sue attività nel Far East. Del resto il gruppo Cementir ormai ottiene quasi il 90% dei ricavi fuori dall’Italia (in particolare da Scandinavia, Turchia ed Estremo Oriente).

Intanto lo scorso 5 febbraio, la Cementir Holding ha reso noti i dati preconsuntivi consolidati 2014 esaminati dal Cda: il gruppo ha chiuso il 2014 superando gli obiettivi relativi al margine operativo lordo e all’indebitamento finanziario netto, che, rispettivamente, si attestano a 192,4 milioni di euro rispetto al 169,7 milioni del 2013, in crescita del 13,4%, e a 278,3 milioni rispetto a 324,9 milioni rispetto al 2013. Il risultato del MOL (margine operativo lordo) è stato pari a 180,4 milioni di euro, in linea con le previsioni del management. Il risultato operativo è stato pari a 104,1 milioni rispetto ai 76,7 milioni di euro al 31 dicembre 2013. I ricavi delle vendite e prestazioni sono pari a 948,0 milioni con una flessione del 4,1% rispetto al 2013 anche a causa dell’impatto negativo di circa 50 milioni derivante dalla svalutazione delle principali valute estere nei confronti dell’euro. A cambi costanti i ricavi si sarebbero attestati a 998,4 milioni, in aumento del 5,3% rispetto all’anno precedente.

Nella giornata di ieri, Caltagirone ha dichiarato che piccoli segnali positivi arrivano dal mercato italiano, dove sembra si stia arrestando il calo dei consumi di cemento: segnale dell’inizio di “una fase di stabilizzazione”, ma – ha avvertito Caltagirone – non di crescita, per la quale potrebbero servire 2-3 anni”. Resta invece complicata la situazione in Egitto, dove Cementir (attraverso la controllata Sinai White Portland Cement) ha il più grande impianto di produzione di cemento bianco al mondo ad El-Arish: “la situazione è ancora in evoluzione”, l’impianto va a “stop and go, da 3 anni va alla metà della capacità, ma speriamo la situazione possa stabilizzarsi”.

Proprio a Taranto, del resto, la Cementir ha uno dei suoi impianti italiani. Dove ricordiamo che dal 1 gennaio 2014 non si produce più cemento ma soltanto il clinker. Una lenta dismissione dell’impianto in piedi dal 1964, dove lo spegnimento del forno è stata la logica conseguenza delle scelte economiche aziendali, dopo aver accantonato nell’aprile del 2013 un progetto di rilancio di oltre 150 milioni di euro chiamato “Nuova Taranto”, destinato all’“ampliamento degli impianti produttivi esistenti ed il recupero di efficienza e competitività dello stabilimento produttivo di Taranto”. A tal proposito, la RSA Cementir di Taranto dello Slai Cobas, “visto il silenzio di azienda, sindacati e istituzioni, sul nostro presente e sul nostro futuro” ha avviato da ieri lo stato di agitazione di tutti i lavoratori, promuovendo un presidio in Prefettura per il prossimo 5 marzo, “che richieda un tavolo urgente a Taranto sulla Cementir e un documento da inviare a Roma”.

Intanto lo stabilimento di Taranto sembra sempre più uno scheletro di archeologia industriale del ‘900, abbandonato a se stesso e destinato ad essere chiuso nel giro di poco tempo. Vicenda Ilva e mercato del cemento italiano permettendo, ovviamente. Del resto Taranto è abituata da sempre ad attendere sorniona i comodi di qualsivoglia gruppo imprenditoriale ed a subire silente ogni tipologia di dismissione accollandosi “felicemente” i danni collaterali. Siano essi ambientali e/o economici.

Gianmario Leone

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