Con la fermata dell’Altoforno 5 dal 19 marzo (inizialmente era prevista invece a giugno prossimo), l’Ilva marcerà per alcuni mesi con due soli altiforni, il 2 e il 4. Il ritorno ad un livello di produzione simile a quello garantito con l’Afo5 in funzione (attualmente questo impianto garantisce il 40% di produzione di ghisa, con stabilimento a regime poco meno del 50%) avverrà solo con la riattivazione dell’Afo1, chiuso dal dicembre 2012, e prevista presumibilmente per l’1 agosto prossimo.
La decisione dei commissari Ilva di anticipare la fermata dell’Afo5, si apprende da fonti vicine all’azienda, punterebbe alla ripresa prima possibile della produttività, al mantenimento dei livelli produttivi e al conseguimento di utili. L’Altoforno 5 (il più grande d’Europa) dopo 25 anni di servizio deve essere ristrutturato. Alla riunione di oggi hanno partecipato i segretari di Fim, Uilm, Usb e Flmu. Venerdì prossimo le Rsu si incontreranno con l’azienda per discutere sulle cifre dei contratti di solidarietà. L’ammortizzatore dovrebbe riguardare 4.000 persone solo a Taranto. Secondo fonti aziendali si sta evidenziano in questi giorni “una ripresa del ciclo produttivo”. Sempre secondo fonti aziendali “una volta ripristinato anche la produzione di Altoforno 5, la ghisa giornaliera consentirebbe a Ilva di tornare a un importante ciclo industriale”.
“È necessario e urgente incontrare i Commissari Straordinari a Roma in sede ministeriale, per discutere di garanzie occupazionali, risanamento ambientale, investimenti, carichi di lavoro e, quindi, di rinnovo del Contratto di Solidarietà e del numero dei lavoratori da sospendere, tenendo conto della cronologia reale e non virtuale dei lavori Aia”. Lo affermano la segreteria territoriale e le Rsu Ilva della Fiom Cgil di Taranto commentando la decisione dell’Ilva di anticipare il fermo dell’Afo5. “Giunge a scadenza – aggiunge la Fiom – il contratto di solidarietà stipulato a Roma presso il Ministero per il Lavoro il 14 marzo 2013. In questo biennio i lavoratori sospesi e collocati in solidarietà sono stati ben al di sotto del numero previsto dal CdS dell’epoca (3749). Circolano ora nello stabilimento, numeri al di sopra di 4mila lavoratori da sospendere”.
Di questo, osserva l’organizzazione sindacale, “si sarebbe parlato oggi in un incontro senza la Fiom, in assenza di un serio confronto, sugli assetti di marcia, sulla cronologia dei lavori Aia, sul reperimento delle risorse finanziarie da dedicare al risanamento degli impianti. La situazione è molto delicata e richiede senso di responsabilità da parte di tutti, poiché – conclude la Fiom – non si tratta semplicemente di prorogare il CdS, bensì di capire esattamente il percorso da intraprendere e la prospettiva che attende i lavoratori e lo stabilimento, per le gravissime ripercussioni occupazionali, economiche che ne deriverebbero altrimenti per il territorio e per l’intera filiera siderurgica italiana”.
“Lo stabilimento Ilva di Taranto non può permettersi di fermare contemporaneamente gli altiforni 1 e 5. La produzione con i soli Afo 2 e 4, che hanno ridotta capacità, terrebbe la produzione dell’impianto al lumicino, con costi sociali, industriali e finanziari altissimi”. Lo afferma Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl. “Il cronoprogramma Aia – aggiunge – prevedeva lo spegnimento dell’Afo 5 in serie all’Afo 1, ovvero solo dopo i lavori di rifacimento di quest’ultimo. Anche i commissari avevano confermato questa sequenza; ritardi e carenza di risorse per il rifacimento dell’Afo 1 vanno immediatamente recuperati”. “L’improvviso cambio di rotta da parte della gestione aziendale – sottolinea Bentivogli – rappresenta un azzardo che sicuramente non porta lontano, specie se si considera che la contemporanea fermata di Afo 1 e 5 porterà, inevitabilmente, al blocco dell’acciaieria. Non sappiamo nel frattempo cosa è cambiato. Siamo fortemente preoccupati e per questo chiediamo un incontro urgente ai commissari, perché ripristinino le modalità più utili a scongiurare il blocco dell’impianto, il recupero dei ritardi di ambientalizzazione e il suo rilancio produttivo”.
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