Ilva, tra i fuorionda dei politici e le leggerezze dei giornalisti
TARANTO – E’ una città strana la nostra. Lo abbiamo scritto spesso, eppure ci sorprendiamo ancora. E’ una città in cui la logica e il buon senso tendono a “latitare”. Come la decenza. Così, a trionfare sono le contraddizioni e l’ipocrisia. Quelle si che sono all’ordine del giorno. Potremmo cominciare dalla colossale “gaffe” che ha visto come protagonista l’assessore comunale all’Ambiente Vincenzo Baio, che intervistato da un giornalista della trasmissione “La Gabbia” (La 7) sulle vicende Ilva, davanti alle telecamere, ha sfoderato tutta la diplomazia di cui è capace. Fuori onda, però, le sue parole sono state di ben altro tenore.
Al giornalista che parlava in questi termini dell’ultimo provvedimento legislativo del Governo sull’Ilva e Taranto: «E’ un decreto in cui non c’è niente», Baio replicava: «Cosa devo dire che sono una massa di pezzi di merda? Se lo potessi dire lo farei». Se potesse lo farebbe, insomma. E tra il dire e il fare c’è la mancanza di coraggio. Ma siamo sicuri che questo deficit di coraggio appartenga solo a lui? Quanti altri esponenti della maggioranza di Palazzo di Città, la pensano e agiscono come lui manifestando un’opinione politically correct in pubblico, e confidando in privato, o solo a se stessi, l’esatto contrario? Solo che magari, a differenza di Baio, sono meno “ingenui” da sfogarsi con un giornalista che, tra l’altro, viene pure da fuori città e non cerca altro che la scivolata sulla buccia di banana del politico di turno.
D’altronde, stiamo parlando dello stesso assessore che alla fine del 2012, intervistato da un’emittente locale, definì “tsunami” la terribile tromba d’aria che devastò una parte del territorio ionico causando anche la morte di un operaio che lavorava su una gru. Ma lui rappresenta solo la punta dell’iceberg di una politica incapace di avere una faccia e una parola sola. Una politica che ha in troppi elettori dei veri e propri complici. Se questa storia ha suscitato grande clamore, facendo riversare fiumi di inchiostro “virtuale” e provocato le prevedibili richieste di dimissioni a Baio avanzate da Pd e Verdi, ci sono altri casi che invece non suscitano alcuna reazione, come se fossero del tutto normali. Eppure, noi non riusciamo a rimanere indifferenti. Da anni, sul nostro sito, portiamo avanti una battaglia in favore dell’informazione libera e indipendente. Da tempo, sollecitiamo chiarezza sull’indagine che l’Ordine del Giornalisti di Puglia conduce sulle “penne sporche” di “Ambiente Svenduto”.
Era il 30 novembre del 2012, quando il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti di Puglia, riunitosi in seduta straordinaria per esaminare la spinosa vicenda, diffuse una nota di poche righe per comunicare quanto segue: “Il Consiglio ha deciso di procedere ad approfondimenti ascoltando – in fase preliminare – i giornalisti coinvolti che saranno convocati nei prossimi giorni, perché possano fornire la loro versione dei fatti”. Da quel giorno in poi, una coltre di fumo si è posata su tutta la vicenda. Difficile, anzi impossibile, riuscire ad avere qualche notizia o semplice indiscrezione sull’iter dell’inchiesta. Si sa per certo che ci sono state le audizioni di alcuni giornalisti che negli anni scorsi – a vario titolo – hanno fatto da sponda alla dirigenza Ilva e all’ex addetto alle pubbliche relazioni Girolamo Archinà. Ma nulla di significativo finora è trapelato. E nel frattempo, alcune “penne” tirate in ballo dalle intercettazioni continuano a ricoprire incarichi di rilievo in giornali ed emittenti televisive.
Bene, il 3 ottobre scorso, nel corso di un incontro organizzato dall’Ordine alla biblioteca civica “Acclavio”, il presidente del Consiglio territoriale di Disciplina, Paolo Aquaro, rispondendo ad una domanda (forse ritenuta troppo “scomoda”) posta da un collega free lance – a che punto è l’indagine? – aveva fornito una risposta telegrafica: “E’ in corso”. Nessuno si è sbottonato anche sul numero esatto dei giornalisti coinvolti. Lo stesso Aquaro, da noi ascoltato a fine seminario, aveva detto che non si poteva sbilanciare affermando che l’inchiesta era resa meno spedita per la mancanza di documentazione. Insomma, mancavano gli atti della Procura, nonostante le richieste avanzate. E non aveva escluso che ci potessero essere nuove audizioni.
Tra i giornalisti “attenzionati”, in quanto il suo nome compariva nell’ordinanza del gip Patrizia Todisco per atteggiamenti compiacenti nei confronti del colosso siderurgico, risultava anche il direttore responsabile di Taranto BuonaSera Michele Mascellaro. Bene, ci sembra un tantino inopportuno che il presidente del Consiglio Territoriale di Disciplina, Aquaro, scriva degli articoli per lo stesso giornale, com’è avvenuto oggi. Non sarebbe meglio evitare simili “leggerezze” fino a quando non si farà piena luce sulle responsabilità dei giornalisti “indagati” dall’Ordine? Pretendiamo troppo o solo la normalità?
Alessandra Congedo