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Diossina: 64 capi andranno abbattuti. Il giallo del foraggio

TARANTO – Il finale era già scritto. Era soltanto questione di tempo. Entro il 5 febbraio prossimo, a causa del bio-accumulo di diossina e PCB (policlorobifenili) nel latte vaccino a livelli superiori al consentito, dovranno essere abbattuti 64 bovini dell’allevamento dell’allevatore Giuseppe Chiarelli, in contrada Orofino a Massafra. Della vicenda si è parlato a lungo nell’autunno del 2013 (l’allevamento è infatti sotto vincolo sanitario dal settembre di quell’anno) e nei primi mesi dello scorso anno. Poi sono continuati i prelievi e le verifiche.

L’ordinanza di abbattimento è stata emessa dall’Asl di Taranto sulla base delle indicazioni del Tavolo tecnico regionale istituito per la vicenda dell’allevamento massafrese. La presenza di livelli di diossina e Pcb superiori al consentito nel latte vaccino dei bovini era tra l’altro stata nuovamente rilevata con gli esami eseguiti nel marzo dello scorso anno dall’Istituto zooprofilattico di Teramo. Al proprietario dell’allevamento, secondo quanto si è appreso, la Regione Puglia anticiperà, in attesa che si individui la fonte di inquinamento, la somma di denaro (si parla di 90mila euro circa) corrispondente al valore degli animali abbattuti secondo una stima compiuta da un istituto specializzato.

Dopo il superamento del campione del 2 settembre 2013, l’allevamento fu come detto posto sotto vincolo sanitario. Da allora, non è uscito più neanche un litro di latte dall’azienda e non è stato movimentato, né in entrata né in uscita, nessun animale. E così è stato sino a ieri. L’allevatore però, ha consentito ai suoi capi la riproduzione, senza interromperla: cosa che ha comportato la trasmissione degli inquinanti dai capi adulti a quelli più giovani. Ciò che è certo, è che si tratta di contaminazione alimentare. E che i livelli elevati sono soprattutto, se non del tutto, di PCB (policlorobifenili): ovvero apirolio. E che quello di Chiarelli non è un allevamento a pascolo libero.

Bisogna fare molta attenzione a questi due elementi. Perché possono sembrare banali dettagli ed invece è proprio lì che si concentra il fulcro del problema. Inoltre, va considerato che l’allevamento in questione è da latte. E ciò ha consentito che i prelievi agli animali non fossero di tipo invasivo (feci e urina per le femmine, feci per i maschi). E che avvenissero ad un certa distanza l’uno dall’altro. Inoltre, sono stati prelevati campioni dalle acque del pozzo. E sono stati effettuati campionamenti dal terreno da ARPA Puglia, tramite specifico deposimetro. Dai quali non sono risultati dati preoccupanti.

Il problema, come ipotizzammo oltre un anno fa, è dunque nel foraggio. Come detto, l’allevamento di Chiarelli non era a pascolo libero, ma utilizzava foraggio proveniente da alcuni terreni in affitto. E qui salta fuori il vulnus di tutta la vicenda. Durante il primo tavolo tecnico regionale (al quale partecipano ASL, ARPA, Istituto Zooprofilattico di Teramo oltre agli enti istituzionali coinvolti), a specifica domanda posta da ARPA Puglia sulla provenienza del foraggio, fu risposto che proveniva da terreni delle zona di Statte. Ovvero un’area che dal 1998 fa parte del Sito di Interesse Nazionale di Taranto, dove vi è la famosa area industriale denominata PIP. Sui cui terreni nel corso degli ultimi 60 anni sono state sversate tonnellate e tonnellate di apirolio. Il che spiegherebbe il perché della presenza oltre i valori consentiti di PCB.

Il discorso, quindi, poteva essere già chiuso all’epoca. Ciò non avvenne in quanto nel secondo tavolo tecnico regionale, improvvisamente la provenienza del foraggio cambiò e fu sostenuto che proveniva da alcuni terreni della zona di Massafra. Cosa che accese i riflettori sugli eventuali collegamenti con gli impianti industriali vicini (l’Ilva, l’inceneritore dell’Appia Energy e l’inceneritore dell’AMIU). Adesso che è stato deciso l’abbattimento dei capi di bestiame, urge che venga fatta chiarezza al più presto sulla vicenda. Innanzitutto va chiarita con esattezza la provenienza del foraggio dell’allevamento Chiarelli: soprattutto va chiarito perché tra il primo e il secondo tavolo tecnico regionale è stata cambiata versione. Di chi è la responsabilità di ciò e soprattutto cosa c’è dietro (magari un tentativo di scaricare su altri enti le proprie responsabilità?).

Inoltre, se venisse confermata l’origine, ovvero i terreni di Statte, allora il Dipartimento di Prevenzione della ASL di Taranto, che attraverso il SIAN (servizio igiene degli alimenti e della nutrizione) si occupa anche di controllare la provenienza dei foraggi degli allevamenti, dovrebbe dare più di qualche spiegazione. Se invece così non è, ovvero che il foraggio proviene effettivamente dai terreni di Massafra, va chiarito con esattezza come mai vi sia una così elevata presenza di diossina e soprattutto di PCB.

Chiarezza che andrà fatta quanto prima. Visto che sciacalli di ogni risma e provenienza (a cominciare dal mondo politico per finire a quello altamente variegato della società civile) si sono già avventati sulla vicenda. E hanno già iniziato il solito bombardamento di disinformazione di massa. E’ un obbligo e un dovere etico e morale per le istituzioni implicate in questa faccenda fare chiarezza e dire la verità. Altrimenti poi non lamentiamoci se viviamo in un territorio profondamente ignorante e disinformato. Strapieno di tuttologi che sparano a zero su tutto e tutti convinti di possedere chissà quale verità. Dove l’arroganza e la vigliaccheria, a tutte le latitudini, appartengono alla stragrande maggioranza delle persone.

Gianmario Leone

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