Secondo Boccia “non è più possibile andare avanti così. E’ necessario un immediato confronto istituzionale tra le forze politiche e le parti sociali coinvolte. Taranto rischia di diventare il detonatore di un crack senza precedenti, che da Ilva può coinvolgere migliaia di lavoratori e centinaia di imprese. Basta, quindi, con le deleghe in bianco». Boccia conclude affermando che il Parlamento “dovrà intervenire con numerose correzioni, per garantire che il decreto vada, effettivamente, nella direzione di un intervento straordinario e organico per lo sviluppo di Taranto e della siderurgia italiana».
Pesanti e autorevoli critiche al decreto, ma di altro tenore e contenuto, sono giunte ieri anche da un altro fronte. Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, il procuratore generale presso la Corte d’appello di Lecce, Giuseppe Vignola, ha detto che “ci sono aspetti preoccupanti nell’ulteriore decreto legge emesso per l’Ilva”. Secondo Vignola il decreto, “di non facile comprensione, evidenzia in ottica penalistica alcuni aspetti preoccupanti, che si auspica vengano chiariti e risolti in sede di conversione. Tra tutti quello maggiormente preoccupante è l’esistenza di una forma di salvacondotto che vieterebbe all’autorità giudiziaria l’esercizio del suo potere-dovere di accertare eventuali reati e di attivare l’azione penale”. Cosa che era stata già apertamente evidenziata dal procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, nel corso di una recente audizione al Senato, davanti alle commissioni Ambiente e Industria, impegnate proprio nell’esame del ddl n. 1733 (Decreto-legge ILVA e sviluppo di Taranto).
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