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Ilva, piovono nuove diffide – Ispra e Arpa inviano al ministero il verbale sulle ispezioni di ottobre

TARANTO – Ci risiamo. Ancora una volta. Porta la data di venerdì 19 dicembre l’ultima diffida nei confronti dell’Ilva proposta dall’ISPRA al ministero dell’Ambiente, a seguito dei controlli effettuati dai tecnici ISPRA ed ARPA Puglia nelle giornate del 14 e 15 ottobre scorsi, quando è stata effettuata la terza visita ispettiva ordinaria trimestrale presso lo stabilimento siderurgico.

L’ultima diffida segue quella dello scorso 7 novembre: in quell’occasione veniva sottolineato che i risultati delle determinazioni analitiche sull’aliquota di rifiuto campionato in data 11/09/2013 presso l’impianto recupero ferrosi (IRF), classificato come CER 100202 “rifiuti prodotti dai processi termici-rifiuti dell’industria del ferro e dell’acciaio-scorie non trattate”, avevano evidenziato il superamento della concentrazione del parametro cloruri nel tesi di cessione rispetto ai limiti previsti dal DM 05/02/1998.

Più corposo invece, il verbale su quest’ultima diffida. Ad esito delle attività svolte il 14 e 15 ottobre (la visita ispettiva ha riguardato la verifica degli autocontrolli e della documentazione inerente gli adempimenti alle prescrizioni autorizzative ed ha comportato sopralluoghi su alcune aree dello stabilimento; inoltre sono state effettuate, a cura di ARPA Puglia, attività di campionamento ed analisi), d’intesa con ARPA Puglia, l’ISPRA ha riscontrato la violazione di diverse prescrizioni.

La prima riguarda “l’inadeguata modalità per la prevenzione di eventi incidentali, in occasione dell’evento del 18/09/2014 di sversamento reflui oleosi dall’impianto di trattamento delle acque del reparto TNA2 (Treno Nastri), riscontrato nella pratica operativa standard risultata priva dell’indicazione dei provvedimenti che l’operatore addetto all’impianto deve eseguire in caso di attivazione degli allarmi (al fine di ottemperare a quanto prescritto dai terzo capoverso § 9.9 del Parere Istruttorio Conclusivo (PIC pag.967) parte integrante decreto AIA n.DVA-DEC-450 del 04/08/2011)”. In pratica, manca il classico foglietto delle istruzioni in caso di incidente: come a dire che se sul luogo si trova un operaio poco esperto o in stato confusionale o di panico, la frittata è inevitabile.

La seconda violazione riguarda invece la “mancata attivazione, dal 01/07/2014 al 11/07/2014, sul punto di emissione in atmosfera E314 depolverazione secondaria linea D, di misure sostitutive ai sistemi di monitoraggio in continuo alle emissioni in atmosfera in caso di blocco della strumentazione superiore a 72 ore (in osservanza a quanto previsto dal § 9.2 del PMC (pag.165) parte integrante del decreto AIA n.DVA-DEC-450 del 04/08/2011 e dalle relative modalità di attuazione dei PMC, indicate da ISPRA a tutti i gestori di AIA statali con nota prot.18712 del 01/06/2011 punto F), che prevedono l’esecuzione di almeno 2 misure discontinue al giorno, della durata di almeno 120 minuti, anche per i parametri di normalizzazione quali ossigeno, temperatura, pressione e vapore d’acqua, dopo le prime 48 ore di blocco, estendibili a 72 ore in caso di comprovati problemi di natura logistica e/o organizzativa”. In pratica, per 10 giorni vi è stato un vuoto nella misurazione delle emissioni inquinanti.

La terza violazione riguarda invece “il superamento del valore limite emissivo (VLE) in acqua sul punto di scarico autorizzato del Secondo Canale SF2, (rispetto al VLE indicato per il parametro fluoruri nell’Allegato 5 della parte terza, Tab. 3 del D.Lgs. 152/06, riferito a scarico in acque superficiali, come prescritto al § 9.4 Emissioni in acqua §9.4.2. Prescrizioni generali (pag.924) del PIC nonché in tabella 114 del PMC (pag.110), parti integranti del decreto AIA prot. DVA-DEC-2011-450 dei 04/08/2011)”.

La quarta sottolinea la “mancata adozione di idonee procedure e relative pratiche operative finalizzate a limitare/evitare impatti sull’ambiente durante il periodo transitorio nell’area IRF fino alla conclusione degli interventi prevista per il mese di luglio 2016, in violazione del § 9.6.1. Gestione dei rifiuti prodotti (PIC pag.944) che prevede “che la gestione dei rifiuti in ogni fase (raccolta, trasporto, deposito, stoccaggio, smaltimento) avvenga secondo lo stato dell’arte e conformemente alla normativa sui rifiuti, e conseguenti necessarie autorizzazioni, al fine di limitare/evitare impatti sull’ambiente”, come ad esempio l’adozione di idonee pratiche di regimazione e di gestione delle acque, (previste dal § 9.4.13.1 (PIC pag. 939, parte integrante del decreto AIA n.DVA-DEC-450 del 04/08/2011), relativamente all’impiego di acqua per il raffreddamento e l’inumidimento dei cumuli di scorie depositate nelle aree IRF”.

L’ultima evidenzia la gestione “non autorizzata di rifiuti relativamente alle attività di deferrizzazione della scoria eseguite presso l’IRF, in assenza di completamento, anche per fasi o aree successive, degli interventi previsti per gli “Interventi di adeguamento”. Per tutte queste violazioni, ISPRA ed ARPA Puglia hanno chiesto all’Ilva di rimediare con specifici interventi. Tutto ciò detto, torniamo a porci una domanda che ci siamo posti diverse volte nell’ultimo anno: i controlli effettuati congiuntamente dai tecnici ISPRA e ARPA Puglia all’interno dell’Ilva e finalizzati alla verifica dello stato di attuazione degli interventi strutturali e gestionali previsti dal riesame dell’AIA dell’ottobre del 2012 (che ha riesaminato quella concessa il 4 agosto 2011), hanno realmente senso? E se sì, quale valenza giuridica hanno le violazioni accertate e le conseguenti precedenti, attuali e future diffide che vengono inoltrate all’Ilva? Visto che il piano ambientale approvato lo scorso aprile dal Governo ha rimodulato la tempistica di attuazione della maggior parte delle prescrizioni AIA? E visto che con l’ultimo decreto si rinviano sine die l’attuazione del 20% delle prescrizioni? E che ancora oggi non ci sono le risorse necessarie per attuarlo? Mistero.

Gianmario Leone

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