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Il telefono resterà muto? – L’allarme della Cgil su Teleperformance

L’allarme lo avevamo lanciato lo scorso 9 dicembre, all’indomani dell’incontro nella sede di Confindustria a Roma, tra azienda e sindacati. Al termine di quell’incontro, durata diverse ore, fu infatti stabilito che il periodo di mobilità volontaria per il personale di Teleperformance sarebbe durato dall’ 1 gennaio ai primi di aprile. L’incentivo all’esodo fu quantificato in 6.000 euro. Non una bella notizia per i lavoratori tarantini la definimmo. Specie in vista del mese di giugno, quando il 30 scadrà l’accordo (non replicabile) raggiunto nel gennaio del 2013.

Quell’intesa infatti, se da un lato prevedeva il ritiro di 621 licenziamenti per la sola sede di Taranto, dall’altro fissava appunto entro il 30 giugno il limite temporale entro cui l’azienda s’impegnava a non aprire altre procedure di mobilità. Ma, aggiungemmo, se il governo sino al prossimo giugno non troverà adeguate soluzioni nel settore dei call center ed in particolar modo sul problema della garanzia degli appalti e delocalizzazioni, il settore rischia un vero e proprio tracollo, con conseguenze pesantissime su tutto il territorio nazionale, Taranto compresa.

E ieri, puntuale, è giunto l’allarme di Cgil e SLC Cgil. “Dall’1 luglio prossimo duemila dipendenti di Teleperformance rischiano il licenziamento. Le istituzioni si attivino per scongiurare l’ennesima sciagura per il territorio di Taranto”. Questo quanto dichiarato dal segretario generale della Cgil di Taranto, Giuseppe Massafra, e dal segretario della Slc Cgil ionica Andrea Lumino. Il 30 giugno come detto, scadrà l’accordo firmato nel 2013 per rilanciare l’attività di Teleperformance, in cui si stabiliva tra l’altro la riduzione del costo del lavoro a fronte della revoca di circa 800 esuberi.

Inoltre – ricorda il segretario Slc Cgil – l’accordo non può essere rinovato perché l’abbattimento del costo del lavoro è stato fatto a danno dei dipendenti ed è complicato sia dal punto di vista sindacale e sia di gestione aziendale. La situazione è paradossale perché in un settore in crescita come quello dei call center è impensabile che la politica nazionale non riesca a trovare una soluzione”. Infine Lumino torna su un tasto su cui i sindacati nazionali di categoria battono oramai da anni: “In Italia manca una legge che stabilisca che l’appalto non può essere assegnato se non al di sotto del Contratto Nazionale dei Lavoratori, nonostante ci sia la direttiva n. 23/2001 dell’Unione Europea in cui lo si impone ai Paesi membri. In Italia, invece, i committenti giocano al massimo ribasso”.

Il sindacato teme che l’aumento del costo del lavoro del 12% spingerà l’azienda a dichiarare nuovamente gli esuberi e a mandare a casa 2.000 dipendenti diretti e 1500 a progetto: in pratica tutta l’azienda. “La crisi di Teleperformance – osserva Massafra – è aggravata dal nuovo assetto normativo varato dal governo determinato dal Jobs Act e dalla Legge di stabilità. L’azienda potrebbe decidere di spostarsi in un altro Paese”. Il sindacato ha sollecitato un intervento diretto della politica: Regione, Provincia e Comune. “Difenderemo il lavoro – ha detto Lumino – con le unghie e con i denti. A giugno non accetteremo nessuna forma di ricatto. È necessario che il governo intervenga. Coinvolgeremo tutte le istituzioni politiche presenti sul territorio e i parlamentari di tutte le forze politiche. Non ci tireremo indietro anche a costo di forme di mobilitazione estrema per difendere i lavoratori tutti”. L’allarme lanciato dal sindacato vuole infatti tentare di giungere ad un accordo con l’azienda prima dell’1 luglio, onde evitare il ripetersi di quanto accaduto nello stesso periodo negli anni scorsi. Con l’azienda che annuncia licenziamenti di massa, poi ritirati a fronte di accordi a danno dei lavoratori e dei loro diritti.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 10.01.2014)

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