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Ilva, un decreto “futuristico” – Risolto il “giallo” del gas

E’ durato poco meno di due ore l’incontro tra il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e i rappresentanti nazionali di Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil e Ugl, durante il quale sono state illustrate le linee guida dell’ultimo decreto sull’Ilva varato dal Consiglio dei Ministri alla vigilia di Natale. All’incontro ha presenziato anche l’attuale commissario Ilva Piero Gnudi. Il Ministro Guidi, stando a quanto riportato nel report ufficiale di palazzo Piacentini, ha esposto “le opportunità che il Governo ha tenuto in considerazione nell’intraprendere il percorso che porterà l’Ilva verso l’amministrazione straordinaria” e i passaggi significativi che prevedono, in particolare, “l’affitto del ramo d’azienda ad un veicolo societario a controllo pubblico in grado di effettuare gli investimenti di ambientalizzazione e di manutenzione per il rilancio dell’azienda”.

Il Ministro ha assicurato ai sindacati tempi stretti per tutte le fasi della procedura che partirà, come previsto, non prima del 14 gennaio, per consentire il pagamento degli stipendi ai dipendenti diretti dell’Ilva (il 12 agli oltre 11mila a Taranto e il 10 ai 1870 di Genova). Subito sarà avviato “formalmente l’iter per l’ammissione dell’Ilva all’amministrazione straordinaria con la nomina di uno o tre commissari straordinari. Nell’arco di 2-3 mesi si arriverà poi alla costituzione della nuova società a controllo pubblico: tutta la procedura dovrebbe concludersi in 24/36 mesi”.

L’amministrazione straordinaria, secondo quanto previsto dal piano abbozzato dal governo in questi giorni al vaglio dei tecnici dei vari ministeri coinvolti, nei prossimi 3 mesi cederà in affitto gli asset dell’azienda e i rapporti di lavoro con i 16mila dipendenti ad una new.co pubblica. La quale potrà contare su un capitale sociale iniziale per quasi 300 milioni di euro: 140 provenienti da un contenzioso ambientale sorto con i Riva ai tempi della vendita della vecchia Italsider (Fintecna ha accantonato in titoli pubblici un plafond di 140 milioni di euro per interventi di bonifica a Taranto e di risarcimenti da eventuali cause legali, fondi mai usati e che non si riuscì ad inserire nella prima legge ‘salva-Ilva’ del dicembre 2012 al tempo del governo Monti).

Le altre risorse dovrebbero arrivare dalla partecipazione di altre società pubbliche: le più volte nominate Cassa Depositi e Prestiti o dal Fondo Strategico, controllata a sua volta dalla Cdp. Un’operazione quest’ultima che andrà studiata nei minimi dettagli (e che su queste colonne anticipammo sin dall’ottobre 2012), visti i tanti paletti presenti negli statuti delle due società pubbliche. Così come nei piani del governo continuano ad avere un ruolo importante i presunti e futuri finanziamenti che potrebbero arrivare dalla Banca Europea degli investimenti, e “al solo scopo di ambientalizzazione l’1,2 miliardi sequestrati alla famiglia Riva”. Soldi sui quali abbiamo più volte evidenziato in questi ultimi mesi le tante difficoltà di reperimento ed effettiva utilizzazione.

Lo sblocco di tali risorse è infatti ancora oggi del tutto virtuale: oltre al ricorso in Cassazione presentato dai legali di Adriano Riva (che hanno sollevato eccezione di incostituzionalità), vi è l’oggettiva difficoltà, o forse sarebbe meglio dire impossibilità (?), di ottenere i fondi intestati ad otto trust protetti nel paradiso fiscale dell’isola britannica del Jersey e depositati nelle casse delle banche svizzere Ubs e Aletti del gruppo Banco Popolare. Inoltre, le risorse liquide ammonterebbero a non più di 800 milioni di euro, di cui soltanto 164 milioni sono in Italia depositate in una banca di Milano (come confermato dal commissario Gnudi nell’audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera nelle scorse settimane).

Secondo quanto emerso dall’incontro inoltre, non ci dovrebbe essere alcuna bad company. La procedura di amministrazione straordinaria infatti, grazie alle modifiche apportate negli ultimi giorni al decreto del 24 dicembre, dovrebbe salvaguardare i creditori ovvero i tanti fornitori e le aziende dell’indotto e dell’appalto che vantano pagamenti per un ammontare complessivo che si aggira intorno ai 700 milioni. Le parti torneranno a riunirsi nella seconda metà di gennaio. Secondo quanto si è appreso, il decreto potrebbe essere firmato quest’oggi dal presidente della Repubblica.

Infine, proprio ieri si è risolto il finto “giallo” sulla fornitura del gas al siderurgico. L’Autorità per l’energia ha infatti prorogato fino al 31 gennaio 2015 l’efficacia della fornitura di gas per l’Ilva di Taranto, evitandone l’interruzione altrimenti prevista per ieri. In particolare, l’Autorità ha prorogato al 31 gennaio 2015 l’efficacia del cosiddetto servizio di default trasporto, “per dare continuità all’erogazione da parte del fornitore transitorio, prevedendo poi che dal 1 febbraio 2015 qualora Ilva non trovasse nuovi venditori sul mercato libero, lo stesso fornitore transitorio possa estendere mese per mese il servizio, individuando le più idonee modalità relative alla definizione delle garanzie per la fornitura, fatto salvo che mancati pagamenti restino a carico del fornitore”. Il tutto, come vi avevamo preannunciato sin da subito, si è concluso nell’ennesima bolla di sapone. Dopo i tanti “al lupo, al lupo” e le tante previsioni avveniristiche dei tantissimi tuttologi di cui si è riempita questa città negli ultimi anni.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 30.12.2014)

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