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Ilva, oggi la Guidi illustra il nuovo decreto ai sindacati

Il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, ha convocato per oggi alle 14 i sindacati metalmeccanici per una informativa sul decreto, approvato dal Cdm alla vigilia di Natale, che consente la collocazione in amministrazione straordinaria dell’Ilva di Taranto. La più grande acciaieria italiana infatti a partire da gennaio entrerà in amministrazione straordinaria con il decreto di modifica alla legge Marzano e sarà affidata a tre commissari secondo il modello già usato per Alitalia nel 2008. Si pongono di fatto le premesse per mettere sul mercato l’azienda entro 18-36 mesi. Ad acquisire l’Ilva potrebbe essere la cordata costituita da Arcelor Mittal-Marcegaglia – da tempo interessata al polo siderurgico – che ha avviato una trattativa in tempi recenti. Il decreto intende imprimere anche una svolta negli interventi di bonifica, riqualificazione e rilancio di Taranto e della sua area, con particolare attenzione alle emergenze industriali, storiche e culturali. L’incontro odierno dovrebbe fare chiarezza anche sui successivi provvedimenti che il governo si impegna a portare avanti con un investimento complessivo di 2 miliardi di euro su Taranto.

Intanto, i sindacati andranno all’incontro con il cuore più leggero, dopo le battaglie condotte nei mesi scorsi, anche se si riservano di conoscere i contenuti dei provvedimenti prima di esprimere giudizi. Marco Bentivogli segretario della Fim Cisl apprezza lo stanziamento delle risorse per le bonifiche del Mar Piccolo, del quartiere Tamburi e della città vecchia ma avverte: “La gestione industriale è ai minimi storici e l’ambientalizzazione ferma al palo. Ci auguriamo che sia la volta buona affinché la siderurgia e l’alluminio siano considerati veramente di primaria importanza nelle politiche del Governo e Taranto si attesti in fretta come il più grande progetto di riqualificazione industriale e risanamento ambientale in Europa” ha dichiarato nei giorni scorsi. Maggiore ottimismo ed entusiasmo ha espresso Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. “Dopo il decreto del governo basato sull’amministrazione straordinaria, sulle risorse disponibili, sul triennio in cui agire, è concreta la possibilità di una ripresa industriale utile all’intero Paese” ha sostenuto in merito al provvedimento legislativo, “l’intervento pubblico – ha continuato il leader della Uilm – è propedeutico all’intervento successivo dei privati a medio termine.

È bene riconoscere al governo la bontà della deliberazione adottata che dimostra come ambiente e siderurgia possano coesistere”. Il leader della Fiom, Maurizio Landini, prima dell’approvazione del decreto aveva invocato a più riprese l’intervento pubblico avvertendo però che “bisogna evitare che sia una nuova Alitalia. Noi diciamo: va bene l’intervento pubblico, ma non dobbiamo essere noi ad accollarci i debiti e l’azienda non può essere regalata al primo grande gruppo che viene”. L’Unione sindacale di base, esclusa dalla convocazione al Mise, esprime disappunto e a proposito delle sorti dell’Ilva, per bocca di Emidia Papi dell’esecutivo nazionale, sottolinea: “Abbiamo già chiarito cosa pensiamo in merito all’eventuale conferimento degli asset produttivi ad una nuova società, addossando le passività ad una bad company. In tal caso, la nazionalizzazione temporanea servirà solo a consegnare ai privati prossimi venturi un’azienda sana, produttiva e profittevole, mentre allo Stato, ossia ai contribuenti italiani, rimarrebbe il compito di pagare le perdite causate dalla famiglia Riva, la quale intanto continua a godersi i lauti frutti della sua disastrosa gestione”. Al Mise per ora, sono stati convocati solo i sindacati ma Confindustria – come fa sapere il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzi Cesareo – si è detta disponibile a dare il proprio contributo “per discutere e trovare le soluzioni migliori”. Cesareo, comunque, pur plaudendo all’intervento del governo sull’Ilva, ha espresso “una forte preoccupazione” per le imprese dell’indotto industriale che “sono a rischio default qualora non venissero pagati loro i crediti arretrati, pari a 50 milioni di euro”.

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