In attesa dell’odierno Consiglio dei ministri, Renzi ha coniato ieri uno slogan dai toni vagamente populisti per sottolineare l’impegno del suo governo alla risoluzione del caso Ilva. “L’altro giorno mi mettevano in guardia sul fatto che l’Europa possa considerare le nostre misure come aiuti di Stato. Con tutti i morti di tumore, volete impedirmi di mettere i soldi per riqualificare l’ambiente a Taranto? Se l’Europa vuole impedire il salvataggio dei bambini di Taranto significa che ha perso la strada di casa. Noi faremo il risanamento ambientale e nel 2015 faremo gli investimenti necessari”, ha dichiarato a Rtl 102.5.
Improvvisamente dunque, il premier Renzi sente il bisogno di salvare i bambini di Taranto. Strano che non lo abbia sentito all’indomani dell’aggiornamento dello studio Sentieri realizzato dall’Istituto Superiore della Sanità, che lo scorso luglio evidenziava per la fascia d’età pediatrica (0-14 anni) di Taranto rispetto ai dati regionali, un eccesso di mortalità per tutte le cause (+21%), e di ospedalizzazione per le malattie respiratorie acute (+5%), mentre per tutti i tumori un eccesso di incidenza (+54%). Nel corso del primo anno di vita è stato invece evidenziato un eccesso di mortalità per tutte le cause (+20%) ascrivibile all’eccesso di mortalità per alcune condizioni morbose di origine perinatale (+45%): per questa stessa causa si osserva un eccesso di ospedalizzazione (+17%).
Ancora più strano poi, il fatto che voglia salvarli attraverso il risanamento ambientale, applicando le oltre 100 prescrizioni previste dal Piano ambientale approvato dal governo lo scorso aprile, che ha recepito e riveduto nelle tempistica di attuazione quanto previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’Ilva dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini nell’ottobre 2012.
La stranezza sta nel fatto che il premier Renzi dovrebbe conoscere quanto scritto da Arpa Puglia nella relazione sulla Valutazione del danno sanitario, redatta nel maggio del 2013. “I miglioramenti delle prestazioni ambientali, che saranno conseguiti con la completa attuazione della nuova AIA (prevista per il 2016), comporteranno un dimezzamento del rischio cancerogeno nella popolazione residente intorno all’area industriale”.
Un rischio che correranno 12.000 residenti. Che continueranno ad essere sottoposti a rischio elevato di tumore maligno a causa dell’inquinamento prodotto dall’Ilva. Non considerando che a parità di concentrazioni il rischio è decine di volte più alto per i feti e per i bambini. Tra l’altro, pare che sarà anche rivista la spesa per gli interventi: dagli 1,8 miliardi di euro previsti inizialmente, si potrebbe passare ai futuri 1,2. In questo stato di incertezza generale, appare ancora più arduo prevedere in che modo il governo intenda salvare il siderurgico più grande d’Europa.
Secondo indiscrezioni, si modificherà la legge Marzano (quella sulla procedura di amministrazione straordinaria) estendendola anche alle aziende non in stato di insolvenza. In questo modo il governo affiderà la gestione dell’azienda ad un super commissario (l’attuale commissario Ilva Piero Gnudi o l’attuale direttore generale dell’azienda Roberto Renon), che guiderà una new.co al 100% pubblica, attraverso il passaggio, si ragiona su un affitto triennale, degli asset produttivi alla Fintecna, società interamente partecipata dalla Cassa Depositi e Prestiti, che dovrebbe versare nella casse dell’azienda 150 milioni di euro. Cifra del tutto irrisoria per le esigenze del siderurgico: ecco perché si sta lavorando all’ipotesi di un contributo della Cdp pari a 1,5 miliardi di euro.
Alla Fintecna sarà affidato il compito di attuare il risanamento ambientale e la ricerca di un futuro compratore (ArcerolMittal e Marcegaglia restano infatti ancora alla finestra). Nella bad company invece, che potrebbe essere affidata a due commissari con il ruolo di liquidatori, resteranno le cause pendenti penali e civili ed i debiti. Che ammontano a 1,3 miliardi nei confronti delle banche (Unicredit, Intesa San Paolo e Banco Popolare) e ad oltre 500 milioni tra fornitori e ditte dell’indotto e dell’appalto. Senza dimenticare che l’azienda, al momento, è ancora di proprietà dei Riva. Staremo a vedere.
Gianmario Leone (Il Manifesto)
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