“Siamo tristemente alle solite. Più si scava, più emergono gli orrori dell’Ilva – dichiarano i parlamentari Diego De Lorenzis e Cosimo Petraroli (M5S) – Anche in luoghi dove non dovrebbero esserci sostanze inquinanti, si scoprono vere e proprie discariche di materiali tossici. Alcune domande nascono spontanee: se, dove non avrebbero dovuto esserci questi materiali inquinanti, si scoprono invece discariche illegali stratificate nel sottosuolo, che tipo di caratterizzazione è stata fatta dall’Ilva e dagli enti preposti? Chi doveva controllare e non lo ha fatto? Attendiamo gli esisti delle analisi, ma se dovesse essere confermata una massiccia presenza d’inquinanti nel terreno, si dovrebbe procedere immediatamente alla bonifica e non procedere nel luogo con i lavori della famigerata e ovviamente inutile AIA – continuano i 5 Stelle – Il problema rimane, quindi, l’attendibilità delle informazioni in possesso del Ministero e degli enti competenti, che, evidentemente, sono carenti e incomplete. Con questa premessa è paradossale procedere con i lavori per l’attuazione dell’AIA, perché sarebbe opportuno, come ripetiamo da oltre un anno, che prima si chiudano le fonti inquinanti, poi si bonifichi”.
Nella interrogazione, i parlamentari 5 Stelle chiedono di quali informazioni disponga il Governo in merito alle differenti tipologie di inquinanti presenti nel sottosuolo e, in particolare, nella falda sottostante l’Ilva e se il Ministro intenda avviare un’azione di monitoraggio delle aree all’interno ed al di sotto dello stabilimento. E, ancora, quali azioni si intendano promuovere per assicurare la tutela della salute pubblica e dell’ambiente all’interno ed all’esterno dello stabilimento Ilva di Taranto. È evidente che la ‘cura’ scelta dai governi Monti-Letta-Renzi – concludono Petraroli e De Lorenzis (M5S) – a colpi di decreti per assicurare la continuità produttiva dell’Ilva risulta incompatibile con la salute, con l’ambiente e con la vita umana. A parte gli slogan, questo governo continua ad assicurare a Taranto soltanto il prolungamento di un’agonia che miete almeno 30 vittime all’anno tra i suoi cittadini e i lavoratori”.
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