TARANTO – Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta, sottoscritta dai lavoratori dell’officina generale OFE – MAC (Officine Meccaniche) dell’Ilva, che ha come destinataria Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, oggi nello stabilimento ionico per prendere parte ad un’assemblea con gli operai, tenuta nella sede del consiglio di fabbrica.
Noi non siamo per contrapporre Salute e Lavoro, riteniamo anzi che senza Ilva ci sarebbe la desertificazione di un territorio, già fortemente messo in discussione da una disoccupazione dilagante, e anche possibili ripercussioni negative sul versante delle bonifiche. I lavoratori dell’Ilva si pongono l’obiettivo di essere protagonisti di un reale cambiamento dentro e fuori la fabbrica. Non siamo più disposti a barattare il lavoro con la salute e deve essere chiaro a tutti che senza il mantenimento della produzione non ci sarà nessuna riconversione e/o bonifica del territorio.
Ringraziamo la segretaria generale della Cgil Sussanna Camusso per essere qui con noi al consiglio di fabbrica a discutere con gli attori principali della vertenza Ilva. Se è vero che la siderurgia è un settore strategico per l’economia di una intera nazione, perché consegnarla nelle mani di poche persone? Perché le nostre vite, quella delle nostre famiglie, dei nostri figli devono dipendere dalla capacità o incapacità di poche persone che non hanno nessun interesse ad attuare il Piano Ambientale?
Noi non chiediamo l’elemosina, noi mettiamo a disposizione dell’azienda la nostra professionalità, la nostra esperienza per garantire la continuità produttiva a patto che si facciano tutti gli interventi utili al risanamento ambientale. Se lo stabilimento avrà un futuro, oltre ai lavori di risanamento previsti per ridurre le emissioni dannose per la salute, sarebbe giusto che anche noi lavoratori diventassimo protagonisti e capaci di proporre delle soluzioni tecnologiche per le tematiche di nostra competenza (le famose B.A.T.).
Si potrebbe ad esempio pensare di sfruttare il calore prodotto durante i processi produttivi e di convogliarlo verso impianti atti al riscaldamento di edifici quali uffici, pulpiti, refettori e spogliatoi, praticamente a costo zero. Questo consentirebbe una riduzione dei costi necessari all’installazione, esercizio e manutenzione degli impianti di condizionamento tradizionali, con annullamento delle emissioni di CO2 e di FGAS (gas ad effetto serra). Inoltre in stabilimento si producono notevoli quantità di rifiuti organici, solidi urbani, plastica, vetro, legno, carta, etc. Perché non si pensa di realizzare un impianto per la trasformazione ed il riciclo di questi materiali che altrimenti andrebbero semplicemente a riempire le discariche?
Il vari governi che si sono susseguiti nel corso dei due anni si sono dimostrati ‘molto attenti’ alla questione della nostra salute ed a quella dei cittadini di Taranto, hanno emesso diversi decreti infatti che hanno consentito di continuare a produrre così come è sempre stato fatto, come se fosse stato sufficiente emanare un decreto per mettere in pausa l’inquinamento. Sappiamo che questo non è assolutamente vero. E’ vero invece che ha riconosciuto la drammaticità della situazione. Ora siamo noi che chiediamo al governo di fare dei passi in avanti, sul versante non solo della salvaguardia della produzione di acciaio, ma anche verso la salute dei lavoratori e dei cittadini.
In particolare chiediamo di prendere in considerazione la situazione che si vive all’interno della fabbrica. Ogni giorno siamo a contatto con sostanze nocive come amianto, lane minerali , campi elettromagnetici, PCB, diossina ed altro ancora. Bisogna intervenire con celerità e fare in modo che si elimini l’esposizione a tale sostanze nocive e allo stesso tempo chiediamo di rivedere l’ultima riforma pensionistica della Fornero (ad oggi noi non rientriamo nemmeno tra i lavori usuranti) che ci condanna a lavorare fino a quarantadue anni di contributi e 67 anni di età.
Riteniamo necessario continuare nel percorso intrapreso dalla Fiom – CGIL che da tempo ha individuato la via d’uscita affinché vengano garantiti i livelli occupazionali e l’applicazione del Piano Ambientale. L’unica soluzione possibile è l’intervento pubblico che metterebbe al sicuro la strategicità per il nostro Paese del settore siderurgico. Chiediamo ai sindacati , di farsi carico delle nostre aspettative di cambiamento e proseguire nel ribadire con forza che lavoro e salute non sono interscambiabili.
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