Una strada lastricata non solo di buone intenzioni, ma anche di sonanti fondi europei: «Abbiamo 1miliardo e 650 milioni da spendere con i Piani di Sviluppo Rurale – ha precisato Nardoni – e altri 700 milioni del Feamp (il Fondo europeo per la Pesca). Con i Psr certificheremo tutti i marchi d’origine e qualità, perciò voi produttori non spenderete più nulla in questa direzione. Il problema è che dobbiamo imparare a vendere e promuovere i nostri prodotti: vale per il latte, l’olio e le cozze».
Vendere la qualità, dunque, oltre che certificarla e “produrla”. Aspetti, quest’ultimi, testimoniati dall’impegno degli allevatori che, ogni giorno, sulla Murgia tarantina e barese portano a pascolare quasi l’ottanta per cento dei bovini pugliesi. Secondo i dati Istat del 2010, si tratta di un patrimonio zootecnico costituito da 170mila capi bovini, 270mila ovicaprini e 7mila bufalini. Sono i grandi numeri del “made in Puglia”, quello della mozzarella e dei formaggi a pasta filata, ma anche delle tipicità di nicchia che il mondo c’invidia.
E che, tuttavia, hanno sempre più bisogno di tutele. Su questa linea Luca Lazzàro (presidente Confagricoltura Taranto) e Teodoro Ripa (componente del Comitato di presidenza Confagricoltura Taranto e direttore emerito dei servizi veterinari Asl Taranto) hanno stimolato il confronto fra tecnici ed esperti del settore. Occasione utile, per il presidente Lazzàro, per illustrare «il nostro nuovo modello di fare sindacato»: «Vogliamo interpretare – ha chiarito – i bisogni delle classi intermedie, con azioni volte a far diventare Confagricoltura simbolo e punto di riferimento per le categorie produttive del nostro territorio. Il che significa anche nuovi servizi per i nostri soci, puntando sull’innovazione e su un nuovo modello di rappresentanza che si concretizza nel fare “politica economica” sul territorio. Partiamo dal latte – ha aggiunto – perché per Taranto, e per la Murgia in particolare, è un settore fondamentale per numeri e prospettive di crescita». Un sistema economico che, però, va accompagnato con un metodo iscritto nella stessa ragion d’essere del convegno: «Mettiamo insieme conoscenze e attori diversi – ha affermato Lazzàro – come Università di Bari (in agenda c’è la prossima firma di un protocollo d’intesa col rettore Uricchio), Asl, Confagricoltura e Regione Puglia».
Il mondo universitario barese ha risposto da par suo, con gli interventi puntuali e ricchi di informazioni tecnico-scientifiche forniti dal prof. Raffaele Luigi Sciorsci e dalla prof.ssa Annalisa Rizzo. Il primo ha acceso le luci sulle eccellenze della ricerca universitaria applicata, a partire dalla «clinica mobile, unica in Italia, in grado di sviluppare una didattica efficace, sul campo – come ha sottolineato Sciorsci – ma anche servizi gratuiti per le aziende zootecniche»; la seconda si è soffermata sullo “stress ossidativo”, ovvero sul benessere degli animali che ha, evidentemente, risvolti che interessano da vicino i consumatori: «Una bovina non stressata o adeguatamente curata – ha affermato – sta meglio e produce un latte migliore, naturalmente arricchito di vitamine».
Sulla sicurezza alimentare e la valorizzazione del latte ha relazionato Ettore Franco, responsabile Igiene allevamenti e produzioni zootecniche dei Servizi veterinari Asl Taranto. «La sfida che abbiamo di fronte – ha riferito – va dalla globalizzazione alla filiera corta: la qualità è l’unico modo per affrontare questa sfida. Ha un costo ma dà risultati; la non qualità, al contrario, non dà frutti». Non una qualità qualsiasi va ricercata e certificata, ma la “total quality”: «Un insieme di fattori – ha spiegato il dott. Franco – organolettici, nutrizionali, igienici, sanitari, ma anche commerciali, tecnologici ed etici». «Il latte italiano è super controllato – ha precisato – siamo il Paese leader in fatto di sicurezza alimentare e facciamo scuola nel mondo». Con una punta di eccellenza, che ci riguarda: «Oggettivamente il latte pugliese è migliore ed è sottoposto a controlli serrati sul prodotto e sul processo. La Murgia tarantina e barese – ha concluso – è un ambiente ottimale per la produzione di latte, di formaggi freschi e a pasta filata».
Aspetti che stanno a cuore ad Angelo De Filippis, presidente Federazione Latte di Confagricoltura Puglia, che nel suo intervento ha stigmatizzato «la gravissima frammentazione del comparto zootecnico» e invitato gli operatori e le istituzioni a perseguire «la creazione di un consorzio di tutela», anche a seguito della fine del sistema delle “quote latte”. Senza perdere di vista la meta: «Dobbiamo – ha scandito De Filippis – ancorarci alla nostra territorialità, a tutto ciò che è pugliese, perché solo la vera qualità può fare reddito».
Parole sposate in pieno dall’assessore regionale alle Politiche Agroalimentari: «Dobbiamo tutelare gli allevatori e continuare a scommettere, come stiamo facendo col marchio di qualità Puglia, su eccellenze e tipicità. Dobbiamo, però, anche saper innovare. Siamo già pronti per definire, a dicembre, i primi bandi con Bruxelles – ha assicurato Nardoni – ma vogliamo farlo anche assieme a voi, al partenariato economico. Le risorse ci sono, gli elementi premianti pure, e la qualità lo è, però ci si deve aggregare, si deve puntare sull’internazionalizzazione: ora tocca a voi allevatori». Messaggio giunto a destinazione, chiaro e forte.
Confagricoltura – Taranto
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