Ilva, nuova diffida dell’Ispra – Superata la soglia dei cloruri in rifiuti dell’IRF

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Lo stabilimento Ilva visto dai tetti del quartiere Tamburi, 19 settembre 2013.ANSA / CIRO FUSCOTARANTO – Ci risiamo. Porta la data di venerdì 7 novembre l’ultima diffida (segnalata come prima proposta, il che lascia intendere che a breve potrebbero arrivare altre diffide per diverse violazioni riscontrate) nei confronti dell’Ilva proposta dall’ISPRA al ministero dell’Ambiente, a seguito dei controlli effettuati dai tecnici ISPRA ed ARPA Puglia l’8 e il 9 luglio scorsi, durante la consueta visita ispettiva trimestrale presso il siderurgico. Ad essa ha fatto seguito la diffida all’azienda da parte del Ministero dell’Ambiente, datata 20.11.2014. La visita ispettiva ha riguardato la verifica degli autocontrolli e della documentazione inerente gli adempimenti alle prescrizioni autorizzative ed ha comportato sopralluoghi su alcune aree dello stabilimento. Inoltre sono state effettuate, a cura di ARPA Puglia, attività di campionamento ed analisi.

A seguito della trasmissione da parte di ARPA Puglia dei rapporti di prova Rev. I e Rev.2 del 25/03/2014 (con nota protocollata 54571 del 08/10/2014, ed acquisita da ISPRA il 13/10/2014), è emerso che i risultati delle determinazioni analitiche sull’aliquota di rifiuto campionato in data 11/09/2013 presso l’impianto recupero ferrosi (IRF), classificato come CER 100202 “rifiuti prodotti dai processi termici-rifiuti dell’industria del ferro e dell’acciaio-scorie non trattate”, hanno evidenziato il superamento della concentrazione del parametro cloruri nel tesi di cessione rispetto ai limiti previsti dal DM 05/02/1998. Il Parere Istruttorio Conclusivo, parte integrante del decreto di AIA 2011, analizza tale attività di recupero, subordinando il recupero della scoria non trattata CER 100202 all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale, con la specifica condizione che le determinazioni analitiche siano inferiori ai valori limite prescritti dal DM 05/02/98.

Nel corso della visita ispettiva dell’8 luglio scorso, è stato richiesto all’Ilva di inoltrare documentazione attestante le modalità di gestione del rifiuto e la sua destinazione finale, oltre ad eventuali rapporti di caratterizzazione analitica del lotto di scoria deferrizzata CER 100202 campionato da ARPA Puglia l’11 settembre 2013 all’uscita dall’impianto IRF, ed eventualmente di altri lotti risalenti al medesimo periodo e successivi. Nel corso dell’ispezione dell’8-09 luglio sono stati inoltre redatti “verbali di esecuzione visita ispettiva ordinaria”, e sono stati effettuati inoltre sopralluoghi e rilievi fotografici ed è stata acquisita in copia documentazione tecnica.

Successivamente alla visita ispettiva, l’Ilva ha dato riscontro alla richiesta (con nota DIR 330 del 30/0712014, acquisita da ISPRA il 06/08/2014), inoltrando la documentazione sulle modalità di gestione e destinazione finale della scoria deferrizzata CER 100202, corredata da rapporti di caratterizzazione analitica che attestano l’effettuazione dell’attività di recupero ambientale presso la famosa ex cava di calcare Mater Gratiae. Contestualmente si è proceduto alla valutazione degli esiti degli accertamenti analitici, verificando che i rapporti di prova 2953/13 Rev.1 e Rev.2, emessi il 25/03/2014 da ARPA Puglia, evidenziano sull’aliquota di rifiuto CER 100202, scoria deferrizzata dell’impianto 1RF, campionato in data 11/09/2013, il superamento del parametro cloruri avendo riscontrato un valore pari a 351 +/- 14 mg/l rispetto al limite prescritto di 100 mg/l.

Ad esito delle suddette attività, si è accertata la violazione dell’atto autorizzativo, in quanto si è accertato il mancato rispetto di quanto previsto dall’AIA del 4 agosto 2011 che prescrive che l’attività di recupero scorie non trattate CER 100202 sia subordinato all’ottemperanza del test di cessione ai limiti prescritti dal DM 05/02/98.

Per la violazione in questione, l’ISPRA, ai sensi dell’art. 29-decies comma 6, ha chiesto al ministero dell’Ambiente di diffidare l’Ilva affinché, entro i tempi tecnici strettamente necessari e comunque non oltre 15 giorni dalla ricezione della diffida “effettui caratterizzazioni analitiche, incluso il test dell’eluato, della scoria deferizzata CER 100202 per ogni trasporto standardizzato di 990.000 kg, al fine di attestare in maniera continuativa, per un periodo di tre mesi, l’ottemperanza di quanto prescritto nell’AIA del 4 agosto 2011; comunichi preventivamente sia all’ISPRA sia all’ARPA Puglia, le date di effettuazione dei campionamenti, per consentire la supervisione dei monitoraggi e le eventuali verifiche in contradditorio da parte di ARPA Puglia; trasmetta, per posta elettronica certificata sia all’ISPRA sia all’ARPA Puglia Dipartimento di Taranto, i rapporti analitici dei campionamenti, non appena disponibili, unitamente ad una relazione di sintesi degli esiti ottenuti, riportati anche in forma tabellare e grafica, con annessa analisi statistica. I risultati dell’analisi statistica saranno propedeutici alla definizione del Piano di campionamento secondo le indicazioni della norma UNI 10802 rev. 2013”. Nel documento di diffida, si rammenta infine che la violazione in questione non è stata riscontrata nel corso dell’ultimo anno e mezzo.

Tutto ciò detto, torniamo a porci una domanda che ci siamo posti diverse volte nell’ultimo anno: i controlli effettuati congiuntamente dai tecnici ISPRA e ARPA Puglia all’interno dell’Ilva e finalizzati alla verifica dello stato di attuazione degli interventi strutturali e gestionali previsti dal riesame dell’AIA dell’ottobre del 2012 (che ha riesaminato quella concessa il 4 agosto 2011), hanno realmente senso? E se sì, quale valenza giuridica hanno le violazioni accertate e le conseguenti precedenti, attuali e future diffide che vengono inoltrate all’Ilva? Visto che il piano ambientale approvato lo scorso aprile dal Governo ha rimodulato la tempistica di attuazione della maggior parte delle prescrizioni AIA? E che ancora oggi non ci sono le risorse necessarie per attuarlo? Mistero.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 27.12.2014)

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