Ilva, ricorso di Riva in Cassazione contro 1,2 miliardi trasferiti
Adriano Riva ha presentato ricorso in Cassazione contro la decisione presa lo scorso ottobre dal gip di Milano di destinare all’Ilva 1,2 miliardi di euro, da impiegare per la bonifica ambientale, sequestrati alla famiglia nell’ambito di una inchiesta per truffa allo Stato. Lo riferisce lo studio legale milanese che rappresenta Riva. A fine ottobre il giudice per le indagini preliminari di Milano Fabrizio D’Arcangelo aveva accolto la richiesta del commissario governativo dell’Ilva, sbloccando e destinando all’azienda siderurgica il miliardo e 200 milioni sequestrati ai Riva.
Nel provvedimento, letto da Reuters, il giudice concludeva che “sussitono, pertanto, tutti i presupposti per disporre il trasferimento, in conto futuro aumento di capitale, ad Ilva Spa, della somma di 1,2 miliardi di euro, in danaro e titoli mobiliari, sottoposta a sequestro… disponendo, al contempo, la conversione del sequestro preventivo sui predetti beni, in sequestro del credito a titolo di futuro aumento di capitale”.
La richiesta di trasferimento dei fondi all’azienda era stata avanzata dal commissario governativo, l’ex ministro Pietro Gnudi, per finanziare il piano di bonifica ambientale dell’azienda, che secondo l’ex subcommissario Edo Ronchi vale complessivamente circa 1,8 miliardi di euro. I fondi sono stati sequestrati nell’ambito di un’inchiesta sul rientro in Italia – grazie al cosiddetto scudo fiscale – di denaro fatto figurare come patrimonio familiare e che invece sarebbe stato prelevato dalle casse dell’azienda.
La difesa di Adriano Riva – principale indagato nell’inchiesta, dopo la morte del fratello Emilio – aveva già sollevato eccezione di incostituzionalità, affermando che la misura richiesta sarebbe anche contraria alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. L’azienda deve attuare – entro agosto 2016 – le prescrizioni della nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia) decisa dal governo Monti dopo che nell’estate del 2012 la procura sequestrò gran parte degli impianti di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa, nell’ambito di un’inchiesta per disastro ambientale. (Reuters)