Ilva, lettera aperta del Fondo Antidiossina al procuratore Sebastio
Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta al Procuratore di Taranto, dott. Franco Sebastio, trasmessa da Fabio Matacchiera, responsabile legale del Fondo Antidiossina Taranto onlus.
Ill.mo dott. Francesco Sebastio, Procuratore di Taranto, ogni notte possiamo rilevare e fotografare che nelle aree poste sotto sequestro dell’Ilva di Taranto (dal luglio 2012) continuano ad essere emesse in atmosfera polveri e fumi in grandissima quantità che investono anche i quartieri cittadini. Lei, una volta, mi riferì personalmente che le capita di venire a sapere delle nostre azioni e dei nostri intenti, riportati e diffusi sui social network, grazie ai suoi figli che le riferiscono e che la aggiornano.
Noi del Fondo Antidiossina abbiamo provato con gli esposti, con le raccomandate e adesso direttamente dal canale di Facebook (forse più immediato!) a metterla, ancora una volta, al corrente che, nulla o poco è cambiato e che la situazione, soprattutto dal punto di vista della sicurezza dei lavoratori e della tutela dell’ambiente, rimane critica, così come viene anche confermato dagli stessi custodi giudiziari. Come le è noto, anche il gip, dott.ssa Patrizia Todisco, che sta seguendo la gestione del sequestro, scrive e relaziona che la “situazione continua ad essere grave”.
Come più volte a lei riferito e documentato, allo stato attuale, le scorie liquide di acciaieria, contenute nelle paiole, vengono ancora riversate sul terreno nell’area Gestione Rottami Ferrosi (GRF), nelle stesse modalità di prima del sequestro, senza che sia stata adottata alcuna misura di contenimento e di protezione per i lavoratori e per la popolazione (vedere foto allegata della notte scorsa). Anche nelle acciaierie si registrano spesso incidenti e gravi criticità come è stato documentato.
In quanto cittadini che vivono a poca distanza da quella fabbrica, abbiamo il diritto di sapere quali iniziative siano state assunte, in linea con le indicazioni della Corte Costituzionale, a seguito dei numerosi esposti, denunce e delle relazioni periodiche dei custodi giudiziari e delle informative degli organi di polizia giudiziaria, da cui si evince che i fenomeni emissivi ed inquinanti, connessi alla gestione degli impianti in sequestro, perdurano pressoché invariati e tutto ciò in evidente violazione di quanto affermato dalla Corte Costituzionale.
Manifestiamo le nostre motivate perplessità nel constatare che, nonostante tutto quanto sopra evidenziato, possano ancora sussistere i requisiti per la concessione d’uso degli impianti posti sotto sequestro dal luglio 2012. Impianti presso i quali continuano a ripetersi fatti gravissimi in evidente violazione delle norme di tutela ambientale, come, ripeto, documentato dalla nostra onlus ed in particolar modo dai custodi giudiziari e dal Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri di Lecce.