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Ilva, il gruppo Riva ‘semplifica’ all’estero

TARANTO – Mentre sul fronte italiano i riflettori sono tutti puntati sull’intricato dossier Ilva, il gruppo Riva continua le sue operazioni finanziarie razionalizzando la struttura delle holding estere. Come emerge dai documenti depositati in Lussemburgo e consultati da ‘Radiocor’, Stahlbeteiligungen, la holding cui fanno capo le acciaierie in Francia, Belgio, Germania, Spagna e Canada si avvia ad assorbire il Centre de Coordination Siderurgique, il centro nevralgico in materia di servizi e finanza che ha sede in Belgio. L’incorporazione che giunge dopo una serie di operazioni infragruppo di sistemazione di debiti e crediti è stata approvata il 21 ottobre dalla Stahl e il 23 dalla Ccs che è interamente controllato dalla finanziaria lussemburghese. La fusione sarà effettiva dal primo dicembre e si basa sui valori contabili del Ccs al 30 settembre, da cui emergono attività per 486,1 milioni e mezzi propri per 372 milioni.

Il patrimonio è costituito essenzialmente di beni immobili in Belgio, contabilizzati per un valore di circa 64 milioni di euro. La società – come indicano i documenti depositati nel Granducato – ha come oggetto “il coordinamento, lo sviluppo e la centralizzazione, sia in Belgio sia all’estero delle attività del gruppo Riva quanto a pubblicità, documentazione, assistenza nell’assicurazione, ricerca scientifica, assistenza giuridica e fiscale, audit, centralizzazione delle operazioni finanziarie e di copertura dei rischi di cambio, le relazioni con le autorità nazionali e internazionali”.

A fine giugno ‘Radiocor’, agenzia di stampa de “IlSole24Ore”, consultò il bilancio 2013 della holding Stahlbeteiligungen, i cui conti risultavano ancora in rosso: in base a quanto certificato nel bilancio 2011, alla Stahl, oltre alla quota Ilva, facevano capo diversi asset in Germania, Belgio, Canada, Spagna, Francia, per un totale di 4,8 miliardi di euro (asset che controlla ancora oggi: la canadese Les Industries Associees de l’Acier, la belga Thy Marcinelle, la spagnola Siderurgica Sevillana, la tedesca Riva Sthal, la francese Parsider, oltre al 25% dell’italiana Riva Energia).

Nell’agosto 2012 invece, il gruppo Riva aveva proceduto ad una serie di fusioni, con l’assorbimento di “Ilva International Sa” da parte di “Italia Ilva Commerciale”, mentre Stahlbeteiligungen aveva assorbito l’altra lussemburghese Parfinex. Poi a fine novembre 2012, nacque la Siderlux scindendo dalla Stahlbeteiligungen la quota di Ilva Spa. L’operazione comportò una riduzione di capitale della Stahl da 140 milioni a 59,6 milioni di euro. I restanti 81,3 milioni andarono a costituire il capitale sociale di Siderlux, interamente sottoscritto e controllato dalla Riva FIRE. In pratica la Stahl conservò tutte le partecipazioni tranne la quota del 25,38% dell’Ilva, che confluì nella Siderlux.

Ricapitolando il gioco delle scatole cinesi imbastito dalla famiglia Riva nel corso degli anni, non bisogna dimenticare che il gruppo possiede anche la società lussemburghese “Utia”, che partecipa del 39% nella cassaforte italiana (la FIRE) e che è a sua volta controllata dalla “Monomarch holding”, società di diritto olandese che fa capo ad una delle casseforti di famiglia, la Luxpack di Curacao.

Ecco perché ancora oggi non è affatto semplice acquisire le quote dell’Ilva Spa, controllata per il 61,62% dalla Riva FIRE, per il 25,38% dalla Siderlux (posseduta a sua volta dalla stessa Riva FIRE), per il 10,05% dalla Valbruna Nederland, società olandese della famiglia Amenduni, e per il 2,95% dalla Allbest, un’altra società lussemburghese.

Tornando alle carte consultate da ‘Radiocor’, l’operazione effettuata trova ragion d’essere in merito a quanto accaduto all’inizio di quest’anno. La finanziaria Stahlbeteiligungen nei primi mesi del 2014 è stata infatti nuovamente al centro “di una girandola di operazioni infra-gruppo di compensazione di debiti e crediti”. Che ha comportato la riduzione del capitale di 925 milioni della filiale belga (e creditrice) Ccs e il pagamento di un dividendo di 97 milioni alla controllante Riva Forni Elettrici. Come emerge dai documenti consultati da ‘Radiocor’, Stahl ha chiuso il 2013 con una perdita di 18,6 milioni di euro dopo avere perso 45 milioni nel 2012. Nell’esercizio la holding ha proceduto a 46 milioni di svalutazioni e gli asset a fine 2013 totalizzavano 1,79 miliardi, per 1,44 miliardi relativi a partecipazioni.

Come ricorda ‘Radiocor’, l’asset più importante resta il controllo del 99% del belga Centre de Coordination Siderurgique che si occupa del cash pooling (cioè dei flussi in entrata e in uscita) delle filiali estere e del finanziamento a breve, con 1,27 miliardi di mezzi propri a fine 2013 e un utile di esercizio di 36,4 milioni.

La Stahl risulta però anche debitrice a fine 2013 del Ccs per ben 1,1 miliardi. Come riporta il bilancio della società belga, “il 28 febbraio 2014 Ccs ha ridotto il capitale portandolo da 1 miliardo a 75 milioni e il rimborso è stato effettuato per compensazione del credito detenuto verso gli azionisti”, cioè la Stahl e Riva Acciaio. Il 26 marzo la Stahl ha “poi deciso di pagare un dividendo di 97 milioni al suo azionista unico la Riva Forni Elettrici prelevandolo dall’utile riportato a nuovo”, che ammontava a 543 milioni di euro a fine 2013. Poi, lo scorso 31 marzo la Riva Forni Elettrici ha saldato “parte del suo debito verso la Stahl, ovvero 87 milioni (su un totale di 354 milioni) che rappresentavano le scadenze a quella data”.

Da ricordare infine che il Cda della Stahl il 13 dicembre 2012 accettò le dimissioni di Fabio Riva, nominando in sua sostituzione tal Mauro Pozzi, domiciliato in Spagna a Siviglia. Al vice presidente della Riva FIRE, l’incarico era stato rinnovato proprio nel giugno del 2012 (poco prima della bufera del 26 luglio) ed esteso sino al 2018.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 12.11.2014)

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