Mar Piccolo, lo studio di Arpa Puglia non è più top secret – In anteprima

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mar piccoloTARANTO  E’ contenuto in 175 pagine il report sull’indagine effettuata sul mar Piccolo da Arpa Puglia, in collaborazione con altri enti. Un vero e proprio approfondimento tecnico-scientifico sulle interazioni tra il sistema ambientale ed i flussi contaminati da fonti primarie e secondarie che ha previsto l’elaborazione di un modello concettuale sito-specifico. I risultati di questo imponente lavoro, presentati nello scorso mese di aprile all’ex commissario per le bonifiche di Taranto e Statte Alfio Pini, finora non erano stati resi pubblici, ma erano rimasti confinati nel recinto della Cabina di Regia.

Nelle settimane scorse era scoppiata anche una polemica a distanza tra il direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, che premeva per una divulgazione dello studio, e l’attuale commissario per le bonifiche Vera Corbelli, che aveva richiesto tempo per approfondirne alcuni dettagli. Il clima si è rasserenato, quando la Corbelli si è detta disponibile a firmare la liberatoria che permette ad Arpa Puglia di trasmettere la relazione a coloro che hanno fatto richiesta di accesso agli atti. InchiostroVerde, sempre in prima fila quando si tratta di mar Piccolo (in proficua collaborazione con il collega Gianmario Leone del TarantoOggi), era tra questi. 

Da oggi, quindi, possiamo finalmente entrare nel merito di questo studio che offre indicazioni importanti su come intervenire per il disinquinamento del primo seno di mar Piccolo, prezioso specchio d’acqua, contaminato da Pcb, diossine e metalli pesanti. Inquinamento, qui ampiamente certificato, che tira in causa le responsabilità dell’Ilva e dell’Arsenale Militare.  E come abbiamo più volte sottolineato, la scelta del tipo di intervento da attuare si presenta estremamente delicata. Non è in gioco soltanto il destino del mar Piccolo, ma quello di un’intera comunità che deve decidere una volta per tutte cosa fare del proprio futuro. Permettere un ritorno della mitilicoltura, esiliata altrove, o consentire il fiorire di speculazioni legate alla nascita di porticcioli? Fare del mar Piccolo una riserva marina protetta o trasformarlo nell’ennesima occasione persa? Come dice anche Arpa Puglia: Qualsiasi decisione riguardo la scelta del possibile intervento non può  prescindere dalla definizione degli obiettivi di bonifica”. 

Alessandra Congedo

SINTESI DEL DOCUMENTO – “Un quadro ambientale così articolato e complesso, frutto di numerose variabili di ordine naturale e/o antropico presenti – si legge nel documento –  ha fatto ipotizzare che ad un unico modello concettuale rappresentativo del Mar Piccolo si associno, piuttosto, una serie di modelli ciascuno con un proprio scenario di riferimento e tra di loro strettamente interconnessi, in cui occorre considerare sia variabili tecnico-scientifiche sia componenti di ordine sociale ed economico.

Conseguentemente, l’ipotesi iniziale di poter programmare un’unica strategia d’intervento finalizzata alla bonifica del sito, ha ceduto il passo alla necessità di prevedere preliminarmente un’attenta fase di discussione e condivisione tra i principali  stakeholder di quanto emerso, con una propedeutica decisione sulla destinazione d’uso dell’area, prima di poter arrivare ad una scelta progettuale che ne individui la/le migliori o una loro combinazione, sotto gli aspetti di efficacia ed efficienza, tra quelle ambientalmente, tecnologicamente ed economicamente attualmente disponibili (dragaggio, capping o reactive capping, bioremediation, monitored natural attenuation, ecc.). 

Si è, comunque, deciso di fornire nel documento alcune linee d’indirizzo generale sulle metodologie di bonifica applicabili (movimentazione, ricoprimento, attenuazione naturale) e che coinvolgono direttamente i sedimenti contaminati nelle aree ritenute prioritarie, al fine di sostanziare dal punto di vista tecnico le opzioni di intervento ritenute meglio applicabili al contesto ambientale del Mar Piccolo. Infine, per completare il quadro generale presentato si è ritenuto utile accompagnare tali scenari di bonifica da un’analisi valutativa degli impatti ambientali associati a ciascun intervento individuato, evidenziandone per ciascuno i pro e i contro della realizzazione. È stato così fornito, su base metodologica, un valido e pratico strumento di supporto alle decisioni, in base al quale valutare e orientare le possibili opzioni di messa in sicurezza e/o bonifica”.

ALCUNI STRALCI  – L’approccio metodologico è stato applicato, in prima analisi, a due differenti aree situate all’interno del 1° seno e già identificate dalla Regione Puglia (Area politiche per l’ambiente, le reti e la qualità urbana; Servizio Ciclo dei Rifiuti e Bonifica) come sorgenti secondarie di contaminazione da PCB (“Contaminazione da policlorobifenili (PCB) nel Mar Piccolo di Taranto”, RSU/COM/2011/00002). Le due aree a mare si trovano una in corrispondenza dell’arsenale militare, nell’area di caratterizzazione denominata “area 170 ha”, e una nella zona a nord-est del 1° seno, a circa 200 m ad ovest della penisola di Punta Penna (Figura 148). Trattandosi di aree relativamente puntuali, per la descrizione delle stesse sono stati utilizzati i dati di caratterizzazione ambientale disponibili per la specifica area e/o per le aree ad esse limitrofe.

MAPPA STUDIOL’ “Area 170 ha” occupa tutta la fascia a sud del 1° seno del Mar Piccolo prospiciente l’arsenale della Marina Militare, tra il ponte Punta Penna e il canale navigabile, ed è estesa verso il largo per circa 900 m. Le attività di caratterizzazione di questa porzione del 1° seno sono state svolte nel 2005 da parte del Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti in Puglia. La sorgente secondaria di contaminazione identificata come “area nord-est” ha invece un’estensione di circa 10 ha ed è stata individuata sulla base dei risultati delle attività di caratterizzazione dei lotti Mar Grande II lotto e Mar Piccolo eseguite nel 2010 dal Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia.

La priorità d’intervento attribuita a queste due aree, contaminate in particolare da policlorobifenili, trova motivazione nella riscontrata contaminazione da parte degli stessi inquinanti nei mitili allevati nel 1° Seno del Mar Piccolo e destinati al consumo umano, elemento di particolare criticità in relazione alle peculiarità socio-economiche del territorio tarantino. In considerazione della rilevanza ambientale e socio-economica rappresentata dalla contaminazione da PCB riscontrata nei mitili, ai fini della presente valutazione del rischio, su mandato del Commissario Straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, i bersagli sono identificati esattamente nei mitili.

Come fin qui descritto, la valutazione del rischio si esplica attraverso tre tabelle in cui vengono riportati i livelli di esposizione, vulnerabilità e infine rischio associati a ciascuna componente nella specifica area. Nei paragrafi seguenti vengono presentati i risultati dell’applicazione sia all’ ”Area 170 ha” sia all’ ”area nord-est” dell’approccio metodologico proposto per valutazione del rischio. I risultati vengono riportati in forma tabellare, sulla base delle classificazioni descritte nel paragrafo 7.1. Per ciascuna componente vengono riportate in maniera sintetica le argomentazioni alla base delle valutazioni, atteso che la trattazione più dettagliata di ciascun aspetto è stata già affrontata nei Capitoli dedicati alla descrizione del quadro ambientale e del modello concettuale sito specifico. Per ulteriori approfondimenti si rimanda alle singole relazioni tematiche allegate al presente documento.

7.2.1. Esposizione
Area 170 ha

tabella 36

La Tabella 36 riporta la valutazione dei livelli di esposizione per l’area 170 ha, cui segue una sintetica descrizione delle scelte effettuate.

Sedimenti: attribuzione di livello di esposizione alto in considerazione del grado e dell’estensione della contaminazione rilevata: contaminazione riscontrata anche a profondità considerevoli (presenza di PCB in concentrazioni superiori ai valori di intervento fino a 3 m di profondità). Lo stato di contaminazione dei sedimenti determina pertanto, in considerazione anche delle caratteristiche granulometriche dei sedimenti, la sussistenza di una situazione di elevata criticità.

 Risorsa idrica: attribuzione di livello di esposizione medio sulla base principalmente dei risultati delle analisi svolte sulla matrice acqua le quali, sebbene abbiano rilevato la presenza di alcuni contaminanti, con qualche hot spot, in generale non delineano una situazione di particolare criticità, date le concentrazioni medio-basse, in particolare con riferimento al parametro PCB.

Ecosistema: attribuzione di livello di esposizione basso dal momento che le attività conoscitive svolte hanno messo in evidenza lo scarso valore dell’area in termini di flora, fauna e biodiversità e in particolare in riferimento alle comunità bentoniche: la mappatura biocenotica indica, nelle immediate vicinanze dell’area in esame, la presenza di fondale sabbioso-fangoso privo di copertura algale o con scarsa copertura algale, caratteristiche attribuibili anche all’area oggetto d’analisi, come confermato dalla videoispezione diretta dei
fondali.

Biodisponibilità contaminante: attribuzione di livello di esposizione alto sulla base delle evidenze di fenomeni di bioaccumulo di PCB nei mitili destinati al consumo umano, confermate dagli esperimenti di risospensione e rilascio di contaminanti svolti in sito e in laboratorio. Morfologia: attribuzione di livello di esposizione medio in quanto i rilievi batimetrici hanno messo in evidenza la presenza di alcune anomalie del fondale, attribuibili alle attività di ancoraggio; la presenza di questi elementi di disturbo del fondale va considerata nella valutazione del livelli di esposizione, in quanto elemento caratterizzante il sito rispetto a una condizione indisturbata.

Idrogeologia: attribuzione di livello di esposizione medio in quanto occorre tenere conto delle peculiarità del bacino,  caratterizzato da un precario equilibrio strettamente collegato alla geologia e all’idrogeologia del substrato, ma allo stato attuale non esistono dirette evidenze di fenomeni di risalita di acqua in pressione nella specifica area e nelle zone limitrofe.

Idrodinamica: attribuzione di livello di esposizione basso sulla base dei risultati degli studi correntometrici e delle simulazioni relative alle aree di accumulo ed erosione in condizioni indisturbate: probabilmente in virtù della posizione “riparata” rispetto alla zona di influenza del canale navigabile e delle altre principali forzanti antropiche e naturali del sistema, l’area 170 ha risulta essere, a prescindere dalla stagione e dalle condizioni di marea, una zona non interessata da evidenti fenomeni di erosione e accumulo e poco influenzata dai flussi di circolazione marina. Non si rilevano pertanto specifici elementi di peculiarità o complessità da considerare nella valutazione dell’esposizione.

Criticità dei materiali: attribuzione di livello di esposizione alto in relazione alle inevitabili criticità gestionali e operative che una grande mole di materiale contaminato da gestire/controllare comporta, data la superficie dell’area interessata. Fruizione dell’area e destinazione d’uso: attribuzione di livello di esposizione alto in quanto l’attuale stato di contaminazione del sito implica limitazioni d’uso dell’area e divieti di allevamento e commercializzazione che impattano in modo considerevole sul tessuto sociale del territorio.

Tempistica: attribuzione di livello di esposizione alto dal momento che lo stato del sito e la tipologia di contaminazione comporterebbe la permanenza della situazione di criticità per tempi molto lunghi: in prima approssimazione è stimabile che la decontaminazione naturale del sistema, in assenza di qualsiasi tipologia di intervento e/o controllo, richiederebbe diverse centinaia di anni.

 Area nord-est 

37La Tabella 37 riporta la valutazione dei livelli di esposizione per l’area nord-est, cui segue una sintetica descrizione delle scelte effettuate.

Sedimenti: attribuzione di livello di esposizione medio in considerazione del grado e dell’estensione della contaminazione rilevata: contaminazione estesa su un’area relativamente ridotta (circa 10 ha) e riscontrata nei primi 50 cm di profondità.

Risorsa idrica: attribuzione di livello di esposizione alto in quanto i risultati delle analisi sui campioni d’acqua prelevati nell’area nord-est del 1° seno hanno messo in evidenza la presenza di concentrazioni relativamente alte per diversi parametri, con l’identificazione di alcuni punti critici in particolare in prossimità dei principali apporti di acque di origine terrigena (superficiali e di falda).

Ecosistema: attribuzione di livello di esposizione alto in quanto, come si evince dalla mappatura biocenotica, la zona nord-est del 1° seno è caratterizzata da un’elevata biodiversità, sia vegetale sia animale, con presenza anche di alcune specie sottoposte a regime di protezione per la loro valenza naturalistica e ambientale.

 Biodisponibilità contaminante: attribuzione di livello di esposizione alto sulla base delle evidenze di fenomeni di bioaccumulo di PCB nei mitili destinati al consumo umano, confermate dagli esperimenti di risospensione e rilascio di contaminanti svolti in sito e in laboratorio.

Morfologia: attribuzione di livello di esposizione alto in considerazione della peculiare configurazione e complessità del fondale, caratterizzato da depressioni, correlate sia ad attività antropiche che alla presenza dei “citri”. I versanti di tali depressioni, che raggiungono ordini di grandezza anche superiori ai 10 m, sono soggetti a fenomeni di instabilità che possono portare anche all’attivazione di movimenti gravitativi.

Idrogeologia: attribuzione di livello di esposizione alto in quanto esistono chiare evidenze dell’elevata dinamicità dei fenomeni di risalita di acqua in pressione nella zona nord-est del 1° seno. Oltre ai citri già censiti, ci sono inoltre elementi che portano a considerare anche la possibilità che il carico idrostatico delle acque sotterranee possa aprire nuove vie di flusso. 

Idrodinamica: attribuzione di livello di esposizione medio in quanto la zona nord-est del 1° seno è parzialmente interessata, in particolare nella fascia costiera, da intensi flussi caratterizzati anche da strutture vorticose locali. Si tratta inoltre della zona di recapito del deflusso idrico superficiale proveniente dal principale bacino scolante dell’area vasta, situato a nord del 1° seno. Anche le simulazioni sul trasporto solido e sulle aree di accumulo/erosione in condizioni indisturbate mostrano come l’area sia soggetta, sia in stagione estiva che invernale, ad una certa ridistribuzione dei sedimenti. In particolare nella simulazione con granulometria argillosa in stagione invernale si ottengono in output modificazioni del fondale anche dell’ordine di 10 cm.

Criticità dei materiali: attribuzione di livello di esposizione medio in quanto, sebbene esistano delle criticità legate alla presenza e quindi alla necessità di gestire sedimenti contaminati, si tratta di volumetrie ipoteticamente limitate. Fruizione dell’area e destinazione d’uso: attribuzione di livello di esposizione alto in quanto l’attuale stato di contaminazione del sito implica limitazioni d’uso dell’area e divieti di allevamento e commercializzazione dei mitili che impattano in modo considerevole sul tessuto sociale del territorio.

Tempistica: attribuzione di livello di esposizione alto dal momento che lo stato del sito e la tipologia di contaminazione comporterebbe la permanenza della situazione di criticità per tempi molto lunghi: in prima approssimazione è stimabile che la decontaminazione naturale del sistema, in assenza di qualsiasi tipologia di intervento e/o controllo, richiederebbe diverse centinaia di anni.

7.2.2. Vulnerabilità

38La Tabella 38 riporta la valutazione della vulnerabilità, effettuata sulla base della bibliografia e delle considerazioni già sintetizzate nel paragrafo 7.1.2.

 

 

 

 

 

 

7.2.3. Rischio
La Tabella 39 e la Tabella 40 riportano la valutazione dei livelli di rischio risultanti dall’applicazione dell’equazione del rischio R = P * E* V per le due aree analizzate.

39

 

 

 

 

 

 

 

40

 

 

 

 

 

 

 

7.3. PROBLEMATICHE EMERGENTI

“La valutazione del rischio condotta mediante l’approccio metodologico descritto si configura come un pratico strumento di supporto alle decisioni, in base al quale valutare e orientare le possibili opzioni di messa in sicurezza e/o bonifica. Partendo dal presupposto che sarebbe metodologicamente scorretto, in virtù delle relazioni complesse che intercorrono tra le componenti analizzate, sintetizzare il rischio nella sommatoria di valori quantitativi del tutto convenzionali, la scelta di idonee soluzioni di bonifica, MIS, attenuazione assistita e gestione deve essere fatta considerando in maniera organica tutti gli aspetti esaminati.

Le componenti del rischio sono infatti il più delle volte ineliminabili, ma possono essere ridotte contemplando opportuni interventi di prevenzione e mitigazione, e progettando opportunamente l’intervento. La metodologia permette di avere una conoscenza di dettaglio delle componenti che generano rischio e anche di discretizzare, a parità di livello di rischio, se esso è maggiormente legato alla tipologia di intervento di bonifica, o se è dovuto alle caratteristiche intrinseche del sistema, in modo da poter calibrare opportunamente la tipologia e l’entità dell’intervento.

Nella prima ipotesi si potrà agire sugli aspetti progettuali, sia in termini di scelta della migliore tecnologia o della migliore combinazione tra diversi approcci di bonifica, sia mediante opportuni accorgimenti e misure di mitigazione, in modo da abbassare i livelli di rischio. Laddove il rischio è generato principalmente dall’esposizione, potranno essere effettuate indagini di dettaglio sulla precisa area oggetto di intervento, focalizzate sullo specifico aspetto tematico che presenta i più alti livelli di criticità.

Si evidenzia che le valutazioni proposte hanno la valenza di approccio esemplificativo: esse sono riferite alle  sole due aree considerate, si basano sul quadro conoscitivo attualmente noto e si riferiscono ai tre generici scenari tipo generalmente utilizzati per bonifica di sedimenti contaminati. Valutazioni di dettaglio potranno essere effettuate in riferimento a ciascuno specifico progetto di intervento, derivante anche dalla combinazione di più tecniche.

Si ribadisce inoltre che l’identificazione e il controllo delle sorgenti di contaminazione, così come un esteso piano di monitoraggio, rappresentano due fasi nodali indispensabili ai fini dell’efficacia di tutto il processo di risanamento. Ogni decisione che riguarda la scelta di uno specifico intervento di bonifica per un sito contaminato dovrebbe essere basata sulla considerazione complessiva dei vantaggi e delle limitazioni degli approcci disponibili e sul bilancio dei compromessi tra le varie alternative, pur nella consapevolezza e con l’intento di pervenire ad un’effettiva riduzione del rischio per la salute umana e per l’ambiente.

L’elemento nodale per la selezione dell’intervento di bonifica deve tendere a selezionare l’alternativa che meglio di altre garantisce la riduzione complessiva del rischio, in termini di risultati attesi con riguardo sia alle caratteristiche intrinseche del sito sia alla specifica tecnologia di bonifica. Infatti tutte le tecniche di bonifica hanno vantaggi e svantaggi con risultati anche molto diversi a seconda che siano applicate ad un particolare sito. Questo elemento è particolarmente critico nella gestione del rischio, per cui diventa un fattore problematico se non è stato correttamente identificato e valutato a priori.

Per esempio, la gestione del rischio dei sedimenti contaminati nell’ambiente acquatico potrebbe produrre ulteriori rischi a danno sia dell’ambiente acquatico che di quello terrestre. Come anche la rimozione di materiali contaminati, se da un lato libera gli ecosistemi dai fattori primari di rischio può dall’altro produrre una rimobilizzazione dei contaminanti con l’effetto di generare rischi aggiuntivi per la salute e per l’ambiente.

Di conseguenza, le decisioni da assumere nella gestione del rischio derivante dalla presenza di sedimenti contaminati devono essere basate sui rischi relativi connessi all’applicazione delle diverse alternative di intervento, perché in aggiunta ai rischi specifici (associati all’esposizione dell’ambiente e dell’uomo ai contaminanti) sia tenuto in debita considerazione il rischio complessivo (generato dall’implementazione delle tecniche di bonifica).

La “valutazione del rischio” (risk assessment) costituisce una delle componenti del processo complessivo di analisi del rischio, che comprende anche la “gestione del rischio” (risk management) e la comunicazione del rischio. Mentre la valutazione del rischio riguarda l’individuazione, la descrizione e la stima dei rischi, e coinvolge competenze tecnico-scientifiche afferenti a diverse aree disciplinari, la gestione del rischio è propria dei soggetti decisori: affinché la metodologia di quantificazione del rischio sia uno strumento utile alla fase di risk management, è indispensabile definire i criteri per stabilire dei criteri di accettabilità, cosa che può essere fatta solo una volta definiti gli obiettivi di bonifica in funzione della specifica destinazione d’uso del sito.

Qualsiasi decisione riguardo la scelta del possibile intervento non può pertanto prescindere dalla definizione degli obiettivi di bonifica. In quest’ottica, l’approccio metodologico proposto si presta anche ad un ulteriore livello di dettaglio e classificazione dei rischi: i decisori possono, in funzione degli obiettivi di bonifica e della destinazione d’uso del sito, stabilire una rilevanza differenziata alle varie componenti e assegnare ad esse un differente “peso” o ordine di priorità nella valutazione dei rischi. Tale aspetto può avere valenza strategica nella scelta degli interventi e nella calibrazione degli stessi in funzione di un uso ottimale delle risorse”.

Il report è stato redatto dal dottor Nicola Ungaro e dal dottor Giuseppe Trinchera. Insieme ad Arpa Puglia hanno collaborato il COnsorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del MAre – CONISMA (Università degli Studi di Bari – Dipartimento di Biologia e Dipartimento Scienze della Terra e Geoambientali; Università degli Studi di Milano – Bicocca – Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio e di Scienze della Terra);  il  Politecnico di Bari – Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale, del Territorio, Edile e di Chimica; DICATECh (sedi di Bari e di Taranto);  CNR – IRSA, Istituto di Ricerca sulle Acque (sede di Bari);  CNR – IAMC, Istituto per l’ambiente marino costiero (sede di Taranto);  CNR – IRPI, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (sede di Bari). Per ora abbiamo pubblicato solo un assaggio. A breve forniremo ulteriori dettagli.

Alessandra Congedo

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