Abbiamo potuto rilevare, dalla ripetuta ed attenta visione del materiale video-fotografico, che tali emissioni, subito dopo lo svuotamento delle paiole, riescono ad investire abbondantemente aree esterne a quella industriale, fino a spingersi per diversi chilometri. Facciamo presente che l’area GRF fu messa sotto sequestro nel luglio 2012, poiché fu dimostrato dalla magistratura il rischio associato all’esercizio di quella area per la popolazione, per gli stessi operai e per l’ecosistema e gli impianti di quella area sono rimasti così come erano, senza sistemi di captazione fumi e senza adeguati sistemi per la sicurezza.
Successivamente, con provvedimento di riesame AIA del 26 ottobre 2012, furono previsti una serie di interventi tra cui quelli di copertura dell’area GRF finalizzati al contenimento e all’aspirazione delle corpose emissioni diffuse di polveri contenenti sostanze pericolose che, allo stato attuale, non risultano neanche avviati. Tali lavori si sarebbero dovuti concludere nel dicembre 2013, secondo la prescrizione Aia del 2012, la cui attuazione era alla base delle conclusioni raggiunte dalla Corte Costituzionale che concedeva, nonostante tutto, la facoltà d’uso degli impianti e dell’area in questione. Ad avvantaggiare l’azienda ulteriormente, poi ci ha pensato il governo con una serie di decreti e leggi che prorogavano l’attuazione degli interventi in alcuni casi fino anche al 2018 e per il GRF la realizzazione degli adeguamenti al 3 agosto 2016. Ci si chiede se sia stata effettuata una valutazione “Risk assesstment” tesa a quantificare le soglie di accettabilità del rischio per la salute umana e se le proroghe concesse dai legislatori siano compatibili con lo stato di salute della popolazione e dell’ambiente.
Successivamente, nelle more dell’attuazione degli interventi previsti dal Decreto di Riesame AIA, il punto 16.h dell’Allegato al DPCM del 14.03.2014, entrato in vigore l’08.05.2014, ha disposto, entro dieci mesi, la realizzazione di “un sistema a cappe mobili, come misura transitoria”. Ad oggi non si ha alcun riscontro di quanto realizzato dall’Azienda, se non quello che ogni giorno è possibile vedere anche dall’esterno dello Stabilimento e che è stato nel tempo da me documentato con video e foto esclusive (vedi video al link http://youtu.be/H5HpbDK-
Unica misura di limitazione adottata da ILVA delle emissioni diffuse di polveri potenzialmente intrise di metalli pesanti, allo stato attuale, sono tre “fog cannon”; gli stessi risultano però a distanza tale dall’area di discarica paiole (area GRF) da non essere, efficaci alla nebulizzazione di acqua per l’abbattimento delle particelle di polveri sospese generate delle emissioni diffuse derivanti dal versamento delle paiole cariche di scorie incandescenti, come si vede perfettamente dalle nostre immagini. Pertanto, allo stato attuale, le scorie liquide di acciaieria, contenute nelle paiole, vengono riversate sul terreno, nelle stesse modalità di prima del sequestro, senza che sia stata adottata alcuna misura di contenimento e di protezione per i lavoratori e per la popolazione.
In quanto cittadini che respirano l’aria di Taranto, chiediamo espressamente al Sig. Procuratore, dott. Franco Sebastio, quali iniziative abbia assunto, in linea con le indicazioni della Corte Costituzionale, a seguito dei numerosi esposti, denunce, filmati e documentazione fotografica e, a seguito, soprattutto, delle relazioni periodiche dei custodi giudiziari e delle informative degli organi di polizia giudiziaria, da cui si evince che i fenomeni emissivi ed inquinanti, connessi alla gestione degli impianti in sequestro, perdurano pressoché invariati e tutto ciò in evidente violazione di quanto affermato dalla Corte Costituzionale. Stante l’interesse sociale e la rilevanza della situazione sanitaria ambientale dell’area jonica, insistiamo, ancora una volta, a rivolgerci al Sig. Procuratore perché, alla luce di questa documentazione,
NOTA STAMPA DI FABIO MATACCHIERA, PRESIDENTE DEL FONDO ANTIDIOSSINA ONLUS
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