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Bonifiche fantasma in Laguna, pm di Roma invia 26 avvisi di garanzia

Una falsa emergenza ambientale nella laguna di Grado e Marano per ottenere i soldi dello Stato, decine di milioni di euro. Tutto per arricchire amministratori e imprenditori dal Friuli e dal Veneto a Roma, fino ad arrivare negli uffici del ministero dell’ambiente. L’andazzo andava avanti da dieci anni, dal 2002 al 2012. E’ questo il quadro, sicuramente a tinte fosche, tratteggiato in una informazione di garanzia della Procura di Roma inviata nelle ultime ore a 26 persone. Il documento di quasi 100 pagine ripercorre gli accertamenti eseguiti dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza della Capitale ed i controlli che sono stati compiuti dagli inquirenti di Udine e di Roma. L’avviso è firmato dal pm Alberto Galanti.

 Tra gli indagati i tre ex commissari delegati Paolo Ciani, Gianfranco Moretton e Gianni Menchini, e  Gianfranco Mascazzini, per anni direttore generale al ministero dell’ambiente. Nei guai anche Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova e della Tethis srl di Venezia travolto dalla bufera giudiziaria sul Mose. Chiamati in causa anche i legali rappresentanti di alcune società: Raffaele Greco, della cooperativa Nautilus, di Vibo Valentia, Alberto Altieri e Guido Zanovello, dello studio Altieri spa di Thiene, Vincenzo Assenza e Fausto Melli, della Sogesid srl di Roma, società in house del ministero dell’Ambiente. E, ancora, Marta Plazzotta, dirigente dell’Arpa di Udine, Massimo Gabellini, alla guida della II Direzione dell’Icram (ora Ispra) e Silvestro Greco, direttore scientifico del medesimo istituto, e Antonella Ausili ed Elena Romano, dell’istituto Ispra (già Icram) di Roma, cioè degli organi deputati a certificare lo stato di salute della laguna di Grado e Marano.

Un ulteriore filone dell’inchiestariguarda le cosiddette “transazioni ambientali”, cioè il pagamento di denaro che numerosi imprenditori con immobili nel sito d’interesse nazionale di Porto Marghera sarebbero stati costretti a pagare al ministero dell’ambiente, che a sua volta li versava al Consorzio Venezia Nuova, per alimentare la struttura e per effetto delle quali l’obbligo di bonifica si trasferiva al dicastero stesso. Il quale – sempre secondo la ricostruzione del pubblico ministero Galanti – non soltanto non vi avrebbe mai provveduto, ma avrebbe nel tempo incamerato qualcosa come più di 500 milioni di euro. Da qui, l’ipotesi del concorso in concussione. Alle stesse conclusioni era sostanzialmente approdato già il pm di Udine, Viviana Del Tedesco, con la maxi-inchiesta culminata appunto nel 2012 nello smantellamento della struttura commissariale e nell’iscrizione sul registro degli indagati di decine di persone(Apc)

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