Ilva, i “Liberi e pensanti”: si respira aria di sciopero ma di facciata
Con la nuova riforma del lavoro si respira nuovamente aria di sciopero in Ilva. Uno sciopero di facciata (quello della Fiom) che si contrappone al solito imbarazzante silenzio di Fim e Uilm. Il “nuovo che avanza” ne approfitta per inserire nella piattaforma di sciopero l’irrealizzabile nazionalizzazione. Divisione netta insomma nel momento in cui uno dei diritti fondamentali dei lavoratori, l’art.18, viene definitivamente cancellato (già ampiamente modificato dalle riforme Biagi e Fornero). Da non dimenticare il “demansionamento” dei lavoratori previsto con la nuova riforma, giá applicato con i contratti di solidarietá (vedere punti 9-10 dell’accordo) e sottoscritto in forma unitaria dalla triade. Ancora scioperi dunque, dalle modalità discutibili e ognuno per la sua strada!
Nessuna assemblea con i lavoratori per decidere il da farsi, solo una serie infinita di dichiarazioni in tv e sui giornali su paventate “occupazioni” di fabbrica a tutela del posto di lavoro e del salario…sempre più compromesso per il futuro. Si continua con l’omettere il diritto fondamentale di ogni lavoratore e di ogni cittadino, ovvero quello di lavorare in una fabbrica sana. Al contrario, siamo consapevoli che in Ilva tanti lavoratori si stanno ammalando ed è inquietante e vergognoso sapere, senza agire, che a Taranto i bambini muoiono prematuramente il 21% in più rispetto alla media. (Fonte Istituto Superiore di Sanità). Non è cambiato niente dal periodo dei sequestri ad oggi, solo parole e tanta incertezza per il prossimo futuro!
La speranza di chi dovrebbe tutelare i lavoratori si chiama oggi “Arcelor Mittal”, come se la vendita al gruppo franco-indiano sia la soluzione a tutti i nostri problemi. A nostro parere, invece, la nuova cordata tenderà ad eliminare proprio le quote acciaio di Ilva, senza preoccuparsi minimamente di ambientalizzazione (improponibile per l’oneroso investimento) e di occupazione. Vorremmo sbagliarci ma la “carneficina” è più vicina di quanto sembri. Centinaia di lavoratori sono stabilmente a casa da mesi (laminatoio a freddo e tubifici), in attesa di fantomatici “revamping” che mai verranno attuati. Il 75%delle prescrizioni AIA sono state effettuate, ha dichiarato il commisario Gnudi qualche giorno fa, tra l’indifferenza generale della triade ma anche di chi ancora parla di “nazionalizzazione”, come se lo Stato (che ricordiamo già gestisce l’Ilva), possa garantire un futuro diverso.
Intanto il tempo passa e noi lavoratori siamo ancora in condizioni di lavoro precarie dal punto di vista della sicurezza. Qualche mese fa, in occasione della presentazione del “piano industriale”, l’ex commissario Bondi dichiarò che in fabbrica (a Taranto, proprio da noi) sono presenti 1300 siti di amianto da bonificare per legge. Oggi non ne parla più nessuno! A tal proposito il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti ha depositato un esposto in Procura (l’ennesimo). Nessuna confederazione sindacale o partito politico ha avuto la premura di formulare una bozza di “decreto salva operai”, che preveda la chiusura dello stabilimento ed il reintegro dei lavoratori nelle bonifiche! Perché non prevedere per Taranto, ad esempio, la stessa formula adottata a Cornigliano dove (grazie ad uno accordo tra Stato, Regione, Comune, sindacati e azienda), i lavoratori vengono impegnati in lavori socialmente utili?
Siamo stati importanti per 60 anni per il Pil nazionale ed ora vogliono fare di noi ciò che vogliono. Credere ad un futuro in fabbrica senza esuberi e demansionamenti è da folli! Con la nuova riforma tutto questo sarà più semplice. E’ arrivata l’ora di pretendere un futuro diverso dalla monocultura dell’acciaio. Non vogliamo vivere di ammortizzatori sociali. Non vogliamo veder perdere nessun posto di lavoro. Vogliamo tutelare la nostra salute. Pretendiamo chiarezza e rispetto senza nessun compromesso!
Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti