L’analisi di rischio ha dato i seguenti risultati: per l’Area A “si riscontra che l’elaborazione effettuata determina la presenza di rischio cancerogeno non accettabile per inalazione di vapori da falda”; Area B: “per quanto riguarda le analisi sui suoli, sui rifiuti e sulle acque sotterranee, si rimane in attesa della controanalisi e della validazione dell’Arpa”.
Nella Conferenza di Servizi del 29 settembre si è ritenuto che le attività nelle aree libere del Porto di Taranto, visti i pareri di Arpa Puglia e Asl di Taranto, debbano essere realizzate “tenendo conto delle misure di prevenzione obbligatorie a tutela della salute e sicurezza di lavoratori previste dagli artt. 224 e 225 del D.Lgs. 81/2008 e richiamate nel parere della Asl del 27 settembre 2014. All’Autorità Portuale si chiede, ai sensi dell’art. 245 del D.Lgs. 152/06, di predisporre un sistema di monitoraggio periodico dei vapori con frequenza ed ubicazione da concordare con la Asl; di predisporre ed attuare un piano di monitoraggio delle acque sotterranee da concordare con Arpa al fine di confermare il quadro ambientale.
Dopo ampia e approfondita discussione – si legge nel verbale relativo alla Conferenza decisoria del 13 ottobre – visto il parere fornito da Arpa Puglia, si è deliberato di approvare l’analisi di rischio. Ma che valutazioni aveva fatto il Dipartimento di Prevenzione della Asl ionica?
In un documento sottoscritto dal direttore dello Spesal, Cosimo Scarnera, datato 27 settembre 2014, si afferma: “considerato che la falda acquifera esaminata potrebbe ritenersi ricettore di altri apporti potenzialmente inquinati”, “visto che la tecnica di campionamento utilizzata ha previsto l’aspirazione forzata dei vapori dalla superficie di falda” e “che i valori riportati nell’allegato XXXVIII del Dlgs. 81/08, sono riferiti ai limiti espositivi”, “si ritiene, che a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, nel rispetto del principio della precauzione, oltre che le misure di prevenzione obbligatorie previste dagli artt. 224 e 225 del D.Lgs 81/2008, si debbano:
– Aggiornare il DVR (documento di valutazione rischi) sui rischi degli addetti che effettuano attività di manutenzione in ambienti interrati, seminterrati e scavi;
– Inserire in eventuali DUVRI (Documento unico di valutazione rischi) o Psc (Piano Sicurezza e Coordinamento), il rischio chimico dovuto all’inquinamento della falda;
– Predisporre un sistema di monitoraggio periodico a livello del piano campagna, nelle vicinanze dei pozzetti di ispezione ed accesso della rete idrica;
– Aggiornare il DVR predisponendo apposita procedura di emergenza riferita ad eventuali superamenti e/o fuoriuscita di triclorometano.
«Abbiamo deciso di applicare il principio di precauzione – ha spiegato ad InchiostroVerde il dottor Scarnera, direttore dello Spesal – Asl Taranto – la falda è notoriamente inquinata, quindi è bene che i lavoratori che sono o dovessero essere impiegati in quell’area prendano tutte le precauzioni necessarie nel caso dovessero venire a contatto con sostanze pericolose per la salute, in questo caso Ipa (idrocarburi policiclici aromatici)». Si tratta, com’è facile intuire, di inquinamento derivante dall’attività della Raffineria Eni.
In base a quanto riferitoci dal dottor Gianfranco Gisonda (Autorità Portuale) nelle aree libere interessate da tali indicazioni mirate alla precauzione sanitaria sono in corso i lavori per la Piastra Logistica (Via dei Moli), mentre nell’estate del 2015 dovrebbero partire, salvo intoppi burocratici, i lavori per la realizzazione di un edificio dedicato ai servizi tecnico-nautici da offrire alle navi. «Questi interventi- ha spiegato – riguardano una piccola parte del porto, vicino all’isola di San Nicolicchio, presso la darsena servizi, vicino al pontile dell’Eni. Come Autorità Portuale dovremo coordinarci con l’Asl di Taranto per mettere in atto le indicazioni date per tutelare la salute dei lavoratori».
La Conferenza dei Servizi del 13 ottobre ha deliberato anche l’approvazione dell’analisi di rischio sanitaria-ambientale, rielaborata secondo le prescrizioni della CdS del 9 luglio 2014, relativa al Piano di caratterizzazione della falda profonda della zona Pip di Statte. L’area, destinata all’insediamento di attività produttive, è localizzata all’interno di un settore dove in passato si svolgevano attività di tipo estrattivo. Nel verbale della Conferenza, viene spiegato che nel periodo compreso tra il 1972 e il 1995, l’area di cava è stata colmata con materiale di risulta e scarti provenienti da lavorazioni di tipo industriale, essenzialmente loppe di altoforno (Ilva). L’area Pip, suddivisa in diversi lotti appartenenti a varie proprietà, copre una superficie di circa 90.000 metri quadrati. L’analisi di rischio è stata approvata prevedendo il rispetto di alcune prescrizioni che tengono conto dei pareri espressi dalla Struttura di Assistenza Tecnica del Ministero dell’Ambiente, Arpa Puglia e Ispra.
Alessandra Congedo
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