– L’organizzazione di corsi di aggiornamento/formazione rivolti a medici specialisti e a medici di base per favorire una diagnosi precoce della malattia che attualmente si attesta sui 9 – 10 anni.
– L’istituzione di un “Ambulatorio del dolore pelvico”, struttura pubblica specializzata nella cura e nella prevenzione dell’endometriosi. Le donne con sospetta diagnosi di endometriosi, indirizzate dal medico di base, che possiede e conosce l’elenco dei sintomi che devono far scattare il campanello d’allarme, devono potersi rivolgere ad un ambulatorio specializzato, pagando esclusivamente il ticket, per sottoporsi a tutti i controlli previsti dal protocollo diagnostico-operativo stilato precedentemente dai componenti l’Osservatorio.
– La previsione di un sostegno psicologico gratuito specialistico per le donne che scoprono di essere affette da endometriosi ed infertilità e che si apprestano ad iniziare un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Uno sportello dedicato, con personale specializzato informato sui delicati risvolti psicologici della patologia, che si appoggi alla rete dei consultori già presenti e attivi sul territorio.
– La pianificazione di azioni mirate all’informazione capillare sull’esistenza dei suddetti servizi, anche attraverso campagne che coinvolgano medici di base e farmacisti.
– L’impegno per l’immediata istituzione del Registro regionale e la definizione dei tempi di realizzazione, con l’acquisizione di dati anche da strutture ospedaliere di altre regioni, meta molto spesso dei casi più gravi, con un ultimo stadio della malattia, quindi, molto avanzato.
Alla base di tutto c’è l’informazione, l’unica arma contro la malattia. Obiettivo primario dell’applicazione della legge deve essere quello di giungere ad una diagnosi precoce per scongiurare il rischio di infertilità e di mutilazioni inevitabili. Infine, ricordiamo che a breve partirà uno studio, già presentato in più occasioni dal direttore del dipartimento di igiene e prevenzione dell’ASL di Taranto, il Dott. Michele Conversano, sulla correlazione tra endometriosi e inquinamento.
I criteri di inclusione delle donne nell’ambito del biomonitoraggio sono stabiliti dall’Istituto Superiore di Sanità, ma non possiamo non esprimere alcune perplessità. Il numero delle donne che saranno sottoposte allo studio è esiguo e non statisticamente rilevante. È necessario, quindi, che la scelta dei singoli soggetti sia davvero oculata e che risponda a criteri estremamente selettivi, come la totale infertilità, l’aver vissuto tutta la vita a Taranto e provincia, essersi alimentate con cibi locali, essere state allattate da madri vissute a Taranto e provincia, oltre che, naturalmente, aver subito interventi molto complessi per endometriosi.
Crediamo che la città di Taranto meriti un’attenzione maggiore da parte dell’ISS, ad esempio possiamo ricordare lo studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’università di Torino, guidati da Giuseppe Migliaretti, che hanno valutato l’incidenza dell’endometriosi nel Nord-Ovest d’Italia. I ricercatori hanno selezionato dai documenti ufficiali di dimissione ospedaliera 3.929 donne (e non certo un’ottantina come è previsto per Taranto) tra i 18 ed i 45 anni di età, nate e residenti in Piemonte che avevano subito un trattamento medico o chirurgico per l’endometriosi tra il 2000 e il 2005.
Lo studio ha mostrato un tasso di aumento della patologia di circa il 30% in alcune zone (Piemonte meridionale e centrale) esposte a rischi ambientali collegati alla presenza di inquinanti chimici. Vogliamo, comunque, lanciare un appello alle donne di Taranto e provincia: chi fosse interessata a rientrare nello studio può contattarci, provvederemo a segnalare il caso all’ASL, con la quale speriamo di realizzare una proficua collaborazione.
NOTA STAMPA DEL COMITATO TARANTO LIDER
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