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Tempa Rossa, ecco perché Legambiente si oppone

Riceviamo e pubblichiamo il testo dell’intervento di Leo Corvace (Legambiente), tenuto nel corso dell’audizione convocata nei giorni scorsi dalla V commissione del Consiglio regionale pugliese.

Il “No” di Legambiente al progetto “Tempa Rossa” scaturisce da diversi fattori.  In un contesto di carattere  generale  il progetto rientra nella logica, non più proponibile, di sfruttamento delle risorse non rinnovabili e di sperpero delle risorse naturali. Inoltre si pone in continuità con uno sviluppo economico responsabile delle criticità ambientali e sanitarie del territorio. Gli investimenti riguardanti il territorio devono invece indirizzarsi verso un modello di sviluppo diverso ed ecosostenibile e non al potenziamento del preesistente che va invece ridimensionato e risanato o dismesso.

Risulta inoltre ancora inapplicato l’accordo di programma del 2008 con cui tutte le AIA rilasciate sul territorio dovevano essere rivisitate sulla base di una valutazione dell’inquinamento prodotto complessivamente dalle aziende interessate. Tale valutazione, oggi da raccordarsi con una valutazione del danno sanitario secondo le modalità della norma regionale, comporterebbe una riduzione delle fonti inquinanti del tutto incompatibile con i fuorvianti  incrementi previsti dall’eventuale realizzazione del progetto di “Tempa Rossa” (12 % di idrogeno solforato). Il territorio non può più sopportare interventi volti a peggiorare le attuali criticità ambientali e sanitarie.

Nello specifico, il progetto “Tempa Rossa” comporta un’inaccettabile elevazione del rischio di incidenti rilevanti in siti, come il pontile e l’area di realizzazione dei due serbatoi di stoccaggio, già inclusi in aree di danno di 1° e 2° livello dal Piano di Emergenza Esterno (PEE predisposto dalla Prefettura). Interessate anche le infrastrutture viarie considerate sensibili dal PEE come la statale jonica 106 (rischio di elevata letalità per dispersione di vapori infiammabili )  e la rete ferroviaria adiacente al parco serbatoi (rischio  sia di inizio che di elevata letalità). Non si tratta di mere teorizzazioni.

Per due volte il traffico stradale e ferroviario è stato  interrotto: il 6 Maggio 2004 in seguito all’esplosione avvenuta nella limitrofa ‘Hidrochemical’ ed il 1°Maggio 2006  per lo sversamento di ben 30mila mc di gasolio da un serbatoio della raffineria.  La statale 106 e la tratta ferroviaria sono anche interessate al trasporto di merci pericolose su autobotti e treni che, in caso di incidente, possono ripercuotersi sul parco serbatoio della raffineria in termini di effetto domino. Va ricordato come nell’ottobre 2007 undici vagoni di un convoglio trasportante il pericoloso propilene siano deragliati nella stazione di Taranto. Solo il pronto intervento dei vigili del fuoco ha scongiurato il peggio. Il treno era passato davanti ai serbatoi della raffineria solo dieci minuti prima.

Da considerare, inoltre, come la raffineria potrebbe ancora non essere in possesso della certificazione di prevenzione incendi scaduta nel lontano 1988 e con grossi problemi di rinnovo per le gravi  responsabilità aziendali riscontrate nell’ambito degli adempimenti della direttiva “Seveso” ed in particolare di redazione ed approvazione del Rapporto di sicurezza. erplessità emergono anche rispetto al progetto di allungamento del pontile e dell’aumento delle operazioni di carico del greggio. Il campo boe è infatti incluso nella “prima zona di sicuro impatto” sia nel PEE che nel Piano di Sicurezza Portuale.

L’intero comprensorio _ raffineria / statale jonica  / tratta ferroviaria / strada dei moli /pontile _ risulta, infine, più vulnerabile a causa di varie inadempienze di carattere amministrativo. Tuttora si registra la mancata redazione della variante urbanistica prevista dal D.M. 5 maggio 2001 e dei piani di emergenza interno e di quello esterno imposti dal D.M. n. 293/2001 per le aree portuali.

Responsabile della mancata approvazione della variante urbanistica prevista dal DM 9 maggio 2001 è il Comune di Taranto. Lo strumento  è necessario per  imporre misure distanze di sicurezza da osservare per nuovi insediamenti o infrastrutture in relazione alla pericolosità delle industrie presenti e garantire “un’adeguata protezione per gli elementi sensibili al danno ambientale” (art.6.1 del Dlgs 334/99 e s.m.). Sono almeno 12 anni che Legambiente preme sulle varie amministrazioni per la sua approvazione. Una riluttanza emersa anche il 22 marzo 2013 in occasione della tardiva  presentazione dell’Elaborato Tecnico (ERIR) da parte del Comune. Nella circostanza Legambiente contestò la minimizzazione dei livelli di rischio effettuato dai tecnici del Comune, ritenendola in netto contrasto con le indicazioni del Piano di Emergenza Esterno (PEE) ed un pretesto per non procedere all’adozione della variante urbanistica (come effettivamente accaduto).

Occorre che il Comune approvi la variante urbanistica prevista dal D.M. 5 maggio 2001 per poi recepirne le indicazioni anche nel redigendo piano regolatore del porto con un’altra variante. Si tratta di provvedimenti da adottare celermente, quindi con la situazione esistente e non a progetto “Tempa Rossa” definitivamente approvato, anche per ostacolare indesiderate e peraltro già preannunciate imposizioni di parte governativa.

Il provvedimento di VIA con valenza di AIA rilasciato dal Ministero dell’Ambiente nel 2011 deve essere rivisto in considerazione del nuovo scenario sanitario scaturito dall’aggiornamento dello studio “Sentieri” e dalla perizia epidemiologica disposta dalla Procura nel 2012, delle recenti osservazioni critiche redatte da Arpa Puglia, della mancata applicazione dell’accordo di programma del 2008 e della mancata presentazione della valutazione di incidenza sanitaria da parte dell’ENI come imposto dalla stessa AIA del 2011.

Infine, anche il decollo del porto deve avvenire secondo criteri di ecosostenibilità ambientale. Quindi l’aumento del rischio da incidenti (collisioni, incendi, etc) o da inquinamento del mare (perdite di idrocarburi per cause varie) derivanti dal parallelo incremento del traffico di petroliere  è da ritenersi inaccettabile ed anch’esso determinante per il No al progetto “Tempa Rossa”.

 

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