Ilva e “penne sporche”, l’indagine del Consiglio disciplinare potrebbe allargarsi
TARANTO – Grande adunata di giornalisti questa mattina nella biblioteca civica “Acclavio” per partecipare all’incontro sul tema: “La deontologia dei giornalisti nei massimari della giurisprudenza dell’Ordine”. Occasione ghiotta per raccogliere ulteriori crediti (in questo caso 5) per assolvere all’obbligo formativo richiesto a tutti gli iscritti all’Ordine dei Giornalisti.
Tra i relatori il vice presidente del Consiglio di Disciplina Nazionale Elio Donno, il consigliere dell’Ordine Piero Ricci e il presidente del Consiglio di Disciplina Paolo Aquaro. E ghiotta era anche la presenza di quest’ultimo, che insieme agli altri componenti del Consiglio di Disciplina sta portando avanti un procedimento disciplinare sui comportamenti certamente non limpidi di alcuni giornalisti tarantini coinvolti (anche se non penalmente) nell’inchiesta “Ambiente Svenduto” condotta dalla Procura della Repubblica di Taranto.
Va detto, infatti, che da ben due anni si attendono gli sviluppi di questa indagine. Era il 30 novembre del 2012, quando il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti di Puglia, riunitosi in seduta straordinaria per esaminare la spinosa vicenda, diffuse una nota di poche righe per comunicare quanto segue: “Il Consiglio ha deciso di procedere ad approfondimenti ascoltando – in fase preliminare – i giornalisti coinvolti che saranno convocati nei prossimi giorni, perché possano fornire la loro versione dei fatti”.
Bene, da quel giorno in poi, una coltre di fumo si è posata su tutta la vicenda. Difficile, anzi impossibile, riuscire ad avere qualche notizia o semplice indiscrezione sull’iter dell’inchiesta. Si sa per certo che ci sono state le audizioni di alcuni giornalisti che negli anni scorsi – a vario titolo – hanno fatto da sponda alla dirigenza Ilva e all’ex addetto alle pubbliche relazioni Girolamo Archinà. Ma nulla di significativo finora è trapelato. E nel frattempo, alcune “penne” tirate in ballo dalle intercettazioni continuano a ricoprire incarichi di rilievo in giornali ed emittenti televisive. Con quali garanzie di affidabilità e trasparenza per i lettori e il pubblico?
Così, mentre l’incontro di stamattina si soffermava su aspetti inerenti il corretto svolgimento della professione giornalistica, finalmente è arrivata la domanda che imbarazza tanti colleghi: a che punto è il procedimento disciplinare? E’ stato Cataldo Zappulla, freelance e comunicatore sociale, a porre il quesito a Paolo Aquaro. La risposta del presidente del Consiglio di Disciplina, però, è stata lapidaria: “E’ in corso”. Nessuno si è sbottonato anche sul numero esatto dei giornalisti coinvolti. Lo stesso Aquaro, da noi ascoltato a fine seminario, ha detto che non si può sbilanciare ed ha ammesso che l’inchiesta è resa meno spedita per la mancanza di documentazione. Insomma, mancherebbero gli atti della Procura, nonostante le richieste avanzate. Finora, il Consiglio avrebbe basato la sua azione su articoli di giornali ed altre informazioni racimolate qua e la. Non ha escluso che ci possano essere nuove audizioni.
A sbottonarsi un po’, ma solo un po’, è stato il consigliere dell’Ordine Piero Ricci: «Non posso dirvi il numero esatto dei giornalisti coinvolti. La situazione è abbastanza delicata, ma secondo me il numero è ancora incompleto perché non abbiamo avuto ancora tutti i nomi e tutte le carte. Finché non li abbiamo non possiamo fornire un numero definitivo. Sicuramente chiederemo alla Procura e al presidente del Tribunale di poter accedere a tutto l’incartamento, perché ciò che abbiamo è insufficiente per aprire altri procedimenti disciplinari. Sono convinto che bisognerà aprirne altri. Questo, adesso, possiamo dire all’opinione pubblica. Speriamo di avere la necessaria collaborazione per delineare un quadro completo della situazione».
Insomma, Ricci ha confermato voci che circolano da tempo nell’ambiente giornalistico. Nelle carte e nel materiale della Procura non figurerebbero solo i nomi – già emersi – di alcuni giornalisti (leggi più avanti). La rete di contatti e complicità sarebbe molto più ampia e significativa. Riteniamo, quindi, quanto mai opportuno che il Consiglio di Disciplina dia un’accelerata al procedimento per raccogliere tutto il materiale utile per fare piena luce su rapporti ambigui e complicità di vario genere. Le penne sporche vanno sanzionate in modo esemplare, nel rispetto dei lettori e della collettività che ha diritto ad un’informazione oggettiva e corretta sui guasti ambientali e sanitari patiti dalla comunità ionica. Al di là delle responsabilità penali. Perché l’inquinamento dell’informazione, per decenni, a Taranto, ha prodotto danni incalcolabili, quanto quello dell’aria, della terra e del mare.
Alessandra Congedo
I RAPPORTI DELL’ILVA CON STAMPA E TV – «Anche nel mese di ottobre 2010 – è scritto nell’ordinanza del gip Patrizia Todisco – si registravano eventi di rilievo sul fronte dei rapporti tra Archinà e Assennato (direttore generale di Arpa Puglia, ndr) e su quello dei rapporti che Archinà intratteneva con la carta stampata e che gli consentivano di manipolare letteralmente la maggior parte dell’informazione locale che, con sistematicità, risultava accondiscendente, alle indicazioni e ai suggerimenti di Archinà”.
Nelle pagine del provvedimento emerge un rapporto privilegiato con i responsabili di due testate locali. Si citano sia il direttore di Taranto Sera, Michele Mascellaro, sia colui che all’epoca dei fatti era caposervizio per la redazione di Taranto del Nuovo Quotidiano di Puglia, Pierangelo Putzolu. Quest’ultimo, in particolare, il 24 agosto del 2010, ha fatto pubblicare, nella rubrica “Punto di Vista”, un articolo dal titolo “L’allarme berillio e i fondi pubblici per la bonifica”, a firma di un certo Angelo Battista, definito esperto ambientale, che secondo quanto scrive il gip non esisterebbe, ma sarebbe solo un’invenzione di Archinà.
L’articolo era teso a ridimensionare l’allarme berillio nel quartiere Tamburi. La analisi della caratterizzazione del suolo effettuate in alcune aree del quartiere, validate dal dipartimento tarantino di Arpa Puglia, avevano evidenziato una presenza di berillio superiore ai limiti tabellari di legge. Tale esito aveva spinto il sindaco Stefàno ad emettere un’apposita ordinanza con carattere d’urgenza che vietava alla cittadinanza, ed in particolare ai bambini, di frequentare le aree contaminate da berillio al fine di evitare rischi per la salute.
Il 31 agosto dello stesso anno anche “Taranto Sera” era sceso in campo lanciando la seguente notizia: “Esclusiva: documento top secret dell’Arpa smentisce tutto. Un affare di milioni dietro la finta emergenza berillio”. In un dialogo intercettato Michele Mascellaro, direttore di Taranto Sera, e Archinà si scambiavano le seguenti battute.
Archinà: Azzo! Ma hai visto? Tutti i giornali ti hanno seguito eh!
Mascellaro: Che mi tieni a fare a me?
Archinà: Hai fatto uno scoop hai fatto…
Mascellaro: L’ho scritto anche: “Nostra esclusiva”
In un altro passaggio dell’ordinanza, inoltre, si cita un’annotazione della polizia giudiziaria che tira in ballo l’emittente televisiva “Studio 100”, il cui direttore era ed è ancora oggi Walter Baldacconi, sottoposto a indagine dal Consiglio di Disciplina (come i già citati Mascellaro e Putzolu): “Si ritiene che il contratto pubblicitario rappresenti solo un escamotage per mascherare la dazione di denaro da parte dell’Ilva al gruppo di Cardamone per ottenere una linea editoriale favorevole”.
Secondo la polizia giudiziaria “dalle attività tecniche emerge che l’Ilva ha commissionato ad un’agenzia pubblicitaria degli spot (al costo di 120.000 euro) che verranno trasmessi dal network facente capo ai Cardamone. Appare chiaro che il pressing di Gaspare Cardamone abbia sortito gli effetti desiderati in quanto evidentemente ha ricevuto una sostanziosa commessa pubblicitaria da parte dell’Ilva la quale, a sua volta, come ritorno potrà essere tranquilla che non riceverà attacchi mediatici ed anzi potrà sfruttare i predetti media a proprio favore anche mediante una campagna di comunicazione tesa a ridimensionarne la figura [in senso favorevole ad essa Ilva] agli occhi dell’opinione pubblica, al fine di non apparire sempre e solo come causa principale dell’inquinamento ma anche come uno stabilimento proteso all’incremento dello sviluppo eco-sostenibile dei propri impianti”.
In seguito traspare quanto alcuni sospettavano e denunciavano da tempo, rimanendo purtroppo inascoltati: «Il complesso delle attività tecniche svolte fa emergere uno spaccato nel quale si vede come l’Ilva utilizzando lo strumento delle “sponsorizzazioni pubblicitarie”, veicoli in maniera più o meno “lecita” delle somme agli organi d’informazione, sia stampa che radio-televisivi, al fine di non essere continuamente avversata in conseguenza dei numerosi e costanti comunicati stampa e delle frequenti manifestazioni che le associazioni ambientaliste del territorio (Altamarea, Peacelink, etc) promuovono contro l’Ilva considerata la principale fonte inquinante del territorio».