L’Isde (Medici per l’Ambiente), nel corso dell’incontro tenuto ieri con la V commissione della Regione Puglia, ha espresso con forza la propria contrarietà alla realizzazione del progetto “Tempa Rossa” a Taranto. Riportiamo il testo che spiega questa posizione, sottoscritto dal dottor Agostino Di Ciaula, referente regionale per la Puglia di Isde Italia, e dal dottor Gianfranco Orbello, presidente di Isde Taranto.
Nonostante i proponenti sostengano l’ipotesi dell’“impatto zero” dell’opera, come risulta desumibile dalla stessa documentazione proposta a fini autorizzativi la realizzazione del progetto “Tempa Rossa” comporterà, in fase di esercizio, emissioni diffuse, fuggitive e convogliate di numerosi inquinanti estremamente pericolosi per la salute umana. I proponenti citano in particolare il benzene (incremento previsto rispetto alla situazione attuale: sino a 5mg/Nmc di emissioni) e prevedono un incremento complessivo dei COV pari a circa 36ton/anno.
È necessario sottolineare a questo proposito che la stima delle emissioni fuggitive effettuata dai proponenti potrebbe essere stata sottostimata. È stato infatti dimostrato che la misurazione diretta delle emissioni fuggitive di idrocarburi può essere sino a 15 volte maggiore di quella stimata (1). È stato inoltre dimostrato che, tra tutte le attività di raffinazione, lo stoccaggio è quello che presenta il maggior contributo alle emissioni fuggitive di idrocarburi.
Tutti gli inquinanti che saranno emessi in conseguenza della realizzazione dell’opera (anche quelli dotati di azione teratogena e cancerogena) non hanno una soglia al di sotto della quale non siano dannosi per la salute umana. L’incremento del rischio sanitario è proporzionale al loro incremento (anche minimo) nelle matrici ambientali dell’area, anche a causa dell’interazione con le numerose sostanze tossiche già presenti e prodotte dallo stesso impianto ENI e dalle numerose altre sorgenti inquinanti presenti in una ristrettissima area geografica in immediata contiguità con zone intensamente urbanizzate. Il rischio di inquinamento non riguarda solo le emissioni in atmosfera ma anche la potenziale contaminazione di acque e suolo. Non sono infatti da sottovalutare i danni generati da sversamenti al suolo (oil spill) durante le fasi di manutenzione delle valvole o da sversamenti in mare durante le operazioni di trasferimento.
L’incremento del rischio sanitario avrà valenza variabile a seconda della suscettibilità dei soggetti esposti. Questo significa che in soggetti anziani, defedati, nelle donne in gravidanza, in epoca fetale e in età pediatrica l’incremento del rischio sanitario dipendente dall’aumentato carico di inquinanti sarà più marcato. È stato dimostrato, ad esempio, che il rischio di tumore polmonare e di linfoma non-Hodgkin è proporzionale alla distanza della residenza dai siti di stoccaggio di petrolio soprattutto in età avanzata. Dunque, è possibile che in quella fascia di età la realizzazione dell’opera comporti un aumento del livello di rischio di cancro tra i residenti nelle aree limitrofe all’impianto.
Inoltre, è stato ben dimostrato che l’esposizione durante al gravidanza a COV induce importanti conseguenza patologiche a livello fetale e che l’esposizione a benzene aumenta il rischio di leucemia linfatica acuta, di leucemia mieloide e di retinoblastoma in età pediatrica. Anche qualora l’incremento del rischio fosse moderato (ipotesi non verificabile sino all’attuazione di una Valutazione di Impatto Sanitario e/o di altre indagini di risk assessment), questo sarebbe comunque inaccettabile in una zona i cui residenti continuano da anni ad essere oggetto di grave danno sanitario da cause ambientali ed in cui vi è la necessità di riportare il livello di rischio almeno a livelli comparabili a quelli della popolazione regionale.
Alle sostanze tossiche direttamente prodotte dalle infrastrutture previste nel progetto, deve aggiungersi il carico di inquinanti da incremento del traffico navale (previste circa 90 navi all’anno in arrivo e in partenza dal porto di Taranto), che causerà inevitabilmente sia un peggioramento della qualità dell’aria che un potenziale aggravamento del livello di contaminazione di mare e fondali, a causa della sospensione dei sedimenti da movimentazione delle navi e di possibili incidenti nelle operazioni di trasferimento.
È opportuno ricordare che le emissioni da traffico marittimo comprendono ossidi di azoto, diossido di zolfo, diossido di carbonio, idrocarburi e particolato e gli effetti su ambiente e salute possono incrementarsi in zone soggette ad intenso traffico marittimo (come è il porto di Taranto), nelle quali è stata dimostrata un’elevata frequenza di malattie respiratorie e cardiovascolari, di tumore al polmone e di morti premature direttamente dipendenti dall’entità del traffico stesso.
Da ultimo, non è da trascurare che la realizzazione del progetto aumenterà il rischio di incidente rilevante in un impianto già classificato a rischio da ISPRA e Ministero Ambiente (e collocato in prossimità di altro stabilimento a rischio), oltre a generare, in fase operativa, un considerevole quantitativo di rifiuti speciali pericolosi (previsione di circa 165 ton/anno) che dovranno essere smaltiti in discariche ovunque al limite della capacità massimale e causa, a loro volta, di incremento del rischio sanitario per i residenti nei territori limitrofi.
La necessità di risanamento del SIN di Taranto è riconosciuta per legge e contrasta in maniera evidente con la possibilità di realizzare nel territorio in oggetto ulteriori insediamenti inquinanti o modifiche ad opere esistenti che, come descritto, anziché essere migliorative incrementerebbero il carico di inquinanti ambientali e, dunque, il rischio e il danno sanitario, oltre ai costi (a carico sia degli enti locali che degli stessi cittadini) generati da tali danni. L’aspetto sanitario è minimizzato e non adeguatamente valutato nella documentazione presentata dai proponenti a fini autorizzativi ed è invece identificabile come fattore di enorme rilievo ai fini della decisione sulla realizzabilità dell’opera.
Gli Autori dell’aggiornamento dello studio Sentieri, che ha recentemente confermato e arricchito le evidenze di rischio sanitario già da tempo documentate nell’area di Taranto, commentando i risultati affermano che questi “possono considerarsi già utilizzabili per indicare e modulare cogenti misure di prevenzione primaria”. È dunque eticamente inaccettabile qualunque intervento infrastrutturale che si muova in direzione opposta a questa, quale sarebbe la realizzazione del progetto “Tempa Rossa”.
Il ristoro ambientale e le royalties offerte dai proponenti non riuscirebbero a coprire neanche in parte i costi sanitari diretti e indiretti generati dalle mancate bonifiche e dall’amplificazione del danno che continuerebbero a gravare sulle casse regionali, né i costi affettivi e di vita (difficilmente calcolabili), che continuerebbero a gravare a carico dei tarantini.
In base alle considerazioni esposte nel presente documento, al fine di tutelare la salute pubblica, nel rispetto delle esigenze di bonifica, dei principali strumenti di pianificazione ambientale e sanitaria e del principio di precauzione, ben codificato dagli indirizzi internazionali e nazionali di tutela ambientale, è opportuno opporsi con fermezza e in ogni sede alla realizzabilità dell’impianto proposto.
COSA E’ SUCCESSO IERI IN V COMMISSIONE: https://www.inchiostroverde.it/tempa-rossa-v-commissione-necessari-ulteriori-approfondimenti/
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