Oggi nasce la “Nuova Ilva Spa”? Forse, però, è già nata nel silenzio
Si chiamerà quasi certamente “Nuova Ilva Spa” la società che sorgerà dalle ceneri dell’attuale Ilva Spa.Il commissario straordinario del siderurgico Piero Gnudi, da tempo affiancato in questa operazione dalla banca Rothschild, pare infatti deciso ad applicare all’Ilva lo stesso modello studiato per salvare la compagnia di bandiera Alitalia. Che ha visto la nascita di una nuova società, una new.co, con l’entrata come azionista di maggioranza della compagnia araba Etihad.
Chi saranno gli azionisti della “Nuova Ilva Spa”? A quanto è dato sapere al momento, la famiglia Amenduni pare intenzionata a mantenere il 10,05% delle azioni dell’Ilva Spa che detiene tramite la Valbruna Nederland, società olandese del gruppo. Ignoto, al momento, il destino del 2,95% delle azioni detenuto dalla Allbest, un’altra società lussemburghese. Così come resta da capire quale sarà il ruolo della famiglia Riva. Perché i Riva, nella “Nuova Ilva”, almeno all’inizio saranno presenti. Attualmente infatti, il gruppo è ancora il legittimo proprietario dell’Ilva Spa (e lo tornerà ad essere a tutti gli effetti nell’agosto del 2016 alla fine del triennio di commissariamento qualora non fosse ancora avvenuta la cessione della società), di cui detiene l’87% delle azioni: il 61,62% attraverso la holding di famiglia, la Riva FIRE, il 25,38% attraverso la Siderlux, società posseduta a sua volta dalla stessa Riva FIRE.
E’ ovvio che il nuovo azionista di maggioranza dovrà avere la maggioranza delle azioni. Secondo indiscrezioni provenienti dal mondo finanziario, i futuri proprietari dell’Ilva rileveranno almeno il 30-40% delle azioni. Nelle intenzioni del governo, un altro 10-15% dovrebbe essere rilevato da un gruppo italiano (Marcegaglia e Arvedi insieme o soltanto il gruppo Marcegaglia). Ai Riva, almeno inizialmente, dovrebbe restare non più del 20%, proprio per evitare che facciano ancora la parte del leone. Inoltre, proprio ieri secondo quanto pubblicato da Siderweb, il fondo di investimento Texas Pacific Group – famoso in Italia per gli investimenti in Ducati, Piaggio e Alitalia – avrebbe richiesto ad uno dei più importanti studi legali nazionali di accompagnarlo nella valutazione relativa al polo siderurgico tarantino. Sarebbe, infatti, in fase di valutazione la possibilità di effettuare in Ilva un investimento sia in maniera solitaria che in cordata con altri player, verosimilmente di natura industriale. Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi.
Questo perché nella “Nuova Ilva Spa”, dovrebbero confluire tutte le aziende del gruppo (in primis gli stabilimenti di Genova e Novi Ligure), oltre agli attuali 16.200 dipendenti e, ovviamente, i debiti riguardanti la sola attività produttiva. Debiti che, come abbiamo riportato decine di volte su queste colonne, vede coinvolte le banche. Secondo l’ultima Centrale Rischi di Bankitalia aggiornata allo scorso luglio infatti, l’Ilva Spa ha utilizzato 1,169 miliardi di euro (su un accordato di 1,355 miliardi), di cui 480 milioni di factoring autoliquidante (ovvero il finanziamento dell’attivo circolante, in particolare i crediti commerciali), 676 milioni a scadenza (su 692 totali) e 12 a revoca (su 38 totali). L’istituto bancario più esposto risulta essere Intesa San Paolo con 650 milioni.
Sempre a proposito di banche, ricordiamo che nella riunione decisiva sulla concessione del prestito ponte da 250 milioni che si svolse a Milano lo scorso 4 settembre, la divisione del credito fu così stabilita: Unicredit verserà nella casse dell’Ilva Spa 166 milioni di euro (che pare essere esposta per 300 milioni di euro con il gruppo Riva); 42 milioni a testa invece verseranno Intesa San Paolo (esposta già per altri 30 milioni con Ilva Spa) e Banco Popolare (esposto per altri 20 milioni di euro sempre con Ilva Spa).
Ciò che invece sicuramente non entrerà nel mondo della “Nuova Ilva Spa”, saranno le cause. Specialmente quelle ambientali e giudiziarie. Tanto per capirci, l’eventuale risarcimento danni in tema di bonifiche e nei confronti di enti e terzi coinvolti. Esattamente come accaduto per la oramai vecchia Alitalia, che ad esempio ha mantenuto nella vecchia società il contenzioso con AirOne, EasyJet ed altre pendenze di lavoro che ammontano ad oltre 200 milioni di euro. Ovviamente, i contenziosi dell’Ilva Spa sforano di gran lunga il miliardo di euro.
Così come è chiaro che nella “Nuova Ilva Spa” non ci sarà posto per tutti gli attuali 16.200 dipendenti e per tutti gli stabilimenti in possesso dell’attuale Ilva Spa. Sarà il nuovo acquirente a decidere cosa tenere in vita e cosa no. E di quanto personale avrà bisogno (vedi il caso Ehitad che ha imposto il licenziamento di oltre duemila dipendenti della vecchia Alitalia). Stringendo il campo, ciò avverrà soprattutto con lo stabilimento di Taranto.
Visto che se il futuro azionista di maggioranza dovesse ad esempio essere AncelorMittal, il gruppo franco indiano dovrà ricevere l’ok all’acquisizione da parte delle autorità antitrust europee, in merito ad un’eventuale posizione dominante sul mercato europeo del colosso franco-indiano (il timore delle banche è infatti proprio quello che l’antitrust europeo possa bloccare l’eventuale entrata di ArcelorMittal nel capitale sociale di Ilva Spa, in quanto per le direttive Ue non si può superare il 40% delle quote nello stesso mercato).
Tra l’altro, AncelorMittal ha già da tempo chiarito che non ha la minima intenzione di accollarsi i lavori previsti dal piano di risanamento ambientale. Quasi certamente la “Nuova Ilva” vedrà una forte riduzione della capacità produttiva oltre che una forte riduzione del personale. Sarà utilizzata per produrre dalle 2-3 alle massimo 4-5 milioni di tonnellate di acciaio all’anno. Diciamo, ad essere generosi, per i prossimi 5, massimo 10 anni. Dopo di che calerà definitivamente il sipario sul più grande siderurgico d’Europa. Di tutto questo, e di molto altro ancora, si parlerà nel vertice di oggi al MiSE tra il commissario Gnudi e i rappresentanti del gruppo AncelorMittal. L’Ilva, proprio come avvenne esattamente 20 anni con il gruppo Riva, sarà svenduta dal governo italiano. Tutto questo, e molto altro ancora, è stato già deciso da tempo nei minimi dettagli. Ma ovviamente non ve lo diranno mai. Ad maiora.
G. Leone (TarantoOggi, 23.09.2014)