E’ oramai chiaro come il sole infatti, che i nostri rappresentanti politici siano entrati in un ginepraio dal quale non hanno idea di come uscirne. Così come è altrettanto chiaro come non abbiano mai letto per davvero le carte di un progetto che a livello ministeriale, nonché comunale, provinciale e regionale, ottenne tutte le autorizzazioni del caso nell’oramai lontano 2011. Ed al quale il Comune si è improvvisamente opposto con delibere di giunta quanto mai inutili, nell’autunno del 2012, dopo l’esplosione del bubbone Ilva nell’estate dello stesso anno.
Sinceramente, non è dato sapere cosa realmente pensino i nostri consiglieri comunali sul presente e sul futuro di Taranto. Né cosa sappiano dell’Eni e dei suoi progetti. Così come di ciò che attenda l’Ilva. Si naviga a vista, facendo soltanto della “buona” e “sana” demagogia del tipo “questa città martoriata da decenni non può continuare a subire altro inquinamento”.Sarà. “Non consentiremo l’aumento di un solo nanogrammo di inquinamento in più”: come a dire che non si daranno più concessioni per l’apertura di caseifici o pizzerie.
Siamo davvero alle comiche (è stato anche annunciato un fantomatico ricorso al Tar del Lazio). Ingigantite ieri dalla presenza di personaggi noti e meno noti, non solo della politica tarantina, che soltanto per difendere interessi personali o per sostenere sino all’ultimo istante della loro vita fedeltà alle idee di “progresso” e “sviluppo”, appoggiano in maniera sfegatata un progetto che non è dato sapere cosa porterà nelle loro tasche. Visto che non avrà ricadute economiche per la città, né porterà in dote chissà quali e quanti posti di lavoro (se non ulteriore inquinamento e rischi di incidenti rilevanti nella rada di Mar Grande che però, forse perché dotati di una palla magica che prevede il futuro, questi signori sostengono che non potranno mai verificarsi).
Questi argomenti però, li abbiamo affrontati su queste colonne decine di volte negli ultimi 4-5 anni: per questo eviteremo di dilungarci ancora. Certo, i nostri prodi non sono aiutati nemmeno dalla società civile, che in una situazione di vuoto politico totale come quella vissuta in questi anni in città, avrebbe potuto davvero ottenere risultati straordinari, indirizzando la politica verso un futuro completamente diverso per Taranto ed i suoi figli (di cui dicono di preoccuparsi così tanto). Anche ieri si sono presentati in pochi. E quei pochi che c’erano hanno effettuato interventi la cui caratura politica e non, lasciava alquanto a desiderare. Se non fosse stato per la presenza di Daniela Spera, che attraverso il comitato ‘Legamjonici’ si occupa da anni delle vicende dell’Eni, la riunione di ieri mattina poteva tranquillamente essere scambiata per un incontro al bar tra cittadini che parlano alla carlona di un progetto industriale ritenuto dalla Goldman Sach tra i 128 al mondo di in fase di attuazione o ancora sulla carta, “capaci di cambiare gli scenari mondiali dell’energia estrattiva”, come scrivemmo anni addietro.
Ciò detto, il progetto prosegue sulla sua strada. E non certo perché è stato inserito nel decreto Sblocca Italia come ha avuto modo di affermare qualche esponente politico locale alquanto burlone. Va avanti semplice perché è stato tutto deciso anni addietro.
Certo, resta ancora in piedi il nodo del Piano Regolatore del porto di Taranto: nel gennaio scorso, al Comune fu chiesto di accelerare l’iter procedimentale per consentire alla Regione Puglia di approvarlo in via definitiva nel più breve termine possibile. Soltanto una volta approvato infatti, potrà partire ufficialmente il progetto “Tempa Rossa” in riva alla città dei Due Mari. In realtà, in merito al blocco del piano regolatore portuale, c’è stato una sorta di gioco al rimpiattino tra il Comune e la Regione: il Sindaco sostiene che a Palazzo di Città attendano le decisioni da Bari, a cui è stato chiesto di evitare per il PRG del porto la VAS, la Valutazione ambientale strategica, avendola già fatta l’Autorità portuale di Taranto (VAS sulla quale la Regione può esprimere parere negativo). Ma è altrettanto vero che per ottenere l’ok al piano regolatore portuale da Bari, la Regione Puglia, competente sugli strumenti urbanistici, ha bisogno della variante al piano regolatore generale da parte del Comune, che prevede appunto i lavori del progetto Tempa Rossa.
La variante, infatti, deve essere approvata dal Consiglio comunale e pubblicata per eventuali osservazioni. Il tempo però, è scaduto. Non certo da oggi. Ed il Comune, volente o nolente, dovrà dare l’ok al progetto. Altrimenti ci penseranno a Roma. Anche perché i tempi per studiare e realizzare una variante al Piano Regolatore del Porto che recepisca il DM 9 maggio 2001 in materia di direttiva Seveso, come giustamente richiesto dal consigliere comunale di Taranto Respira Angelo Bonelli, non paiono esserci. Il progetto Tempa Rossa infatti, con questa variante, avrebbe molta difficoltà ad essere realizzato, in quanto la direttiva Seveso prevede distanze di sicurezza e vincoli precisi per nuovi insediamenti che sorgono vicino ad una raffineria, che nel progetto originario realizzato dall’Eni paiono alquanto deficitari. Per fare tutto questo, abbiamo avuto tempo dal settembre del 2011. Le discussioni inutili di questi ultimi mesi, servono soltanto a farci ridere dietro. Contenti voi.
G. Leone (TarantoOggi, 03.09.2014)
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