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Porto di Taranto, si muove l’Authority – Procedura di autotutela su appalto banchina

TARANTO – Nuova puntata nella vicenda dell’aggiudicazione dell’appalto di gara relativo ai lavori per l’ammodernamento della banchina del terminal container del porto di Taranto, su cui opera Evergreen (lavori propedeutici a quelli per i dragaggi dei fondali). L’Autorità Portuale ha infatti agito in procedura di autotutela, disponendo l’annullamento della gara bandita lo scorso anno. Questa procedura, detta appunto di autotutela, è il potere riconosciuto all’amministrazione pubblica (qual è l’Autorità Portuale di Taranto) di risolvere in via amministrativa i conflitti insorgenti con altri soggetti in relazione ai suoi provvedimenti. 

È infatti l’attività giuridica con cui la pubblica amministrazione “reagisce contro i propri provvedimenti invalidi nella legittimità o nel merito, disponendo l’annullamento, la revoca o la sanatoria dell’atto”. L’art 21-nonies della legge 241 prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo (cioè viziato da incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge) “può essere annullato d’ufficio entro un termine ragionevole dall’organo che lo ha emanato, o da altro organo previsto dalla legge, se sussistono le ragioni di interesse pubblico, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei contro interessati”.

Come si ricorderà infatti, lo scorso 21 maggio il Consiglio di Stato, dopo aver dichiarato lo scorso 6 maggio “improcedibile” il ricorso presentato dal Consorzio stabile Grandi Lavori avverso l’affidamento dei lavori avvenuto lo scorso 21 novembre da parte dell’Autorità portuale nei confronti del raggruppamento temporaneo costituito da C.C.C. Cantieri Costruzione Cemento Spa (di Musile di Piave, in provincia di Venezia), Salvatore Matarrese spa di Bari e Icotekne Spa di Napoli, concesse la sospensiva per approfondire al meglio la vicenda: il responso dovrebbe arrivare tra ottobre e novembre.

L’associazione temporanea di imprese su un lavoro a base d’asta di 61,758 milioni di euro, si aggiudicò l’appalto grazie ad un’offerta 46.834.839 milioni di euro, classificandosi prima nella graduatoria stilata dalla commissione tecnica dopo l’esame delle proposte pervenute. L’apertura del cantiere sarebbe dovuta avvenire l’1 febbraio scorso. Con le ditte aggiudicatarie dell’appalto, che avrebbero poi avuto a loro disposizione altri 45 giorni di tempo per presentare il progetto esecutivo. L’improcedibilità fu decisa dal Consiglio di Stato in quanto l’impresa ricorrente fece appello presentando solo il dispositivo col quale il Tar di Lecce, nell’aprile scorso, rigettò il primo ricorso.

Quanto deciso dall’Autorità Portuale di Taranto, segue dunque il percorso tracciato mesi addietro dal Consiglio di Stato (che dovrebbe esprimersi sulla vicenda tra ottobre e novembre). Tra l’altro su queste colonne, segnalammo sin da subito come due delle tre aziende che costituivano il consorzio vincitore – Icotekne e Salvatore Matarrese – avessero seri problemi di liquidità, tanto da aver portato i libri contabili in tribunale. Lo scorso 10 febbraio, fu il turno della Salvatore Matarrese spa, che presentò domanda di “concordato con riserva”. Molto meno invece si conosce dell’azienda napoletana Ikotekne spa, nata nel 2005 dalla cooperazione tra ICOP e COSTEKNE (Gruppo FIORE), per affrontare particolari e impegnative opere speciali in sotterraneo, nell’ambito dei lavori di costruzione della metropolitana di Napoli.

Azienda che secondo fonti ben informate, lo scorso gennaio avrebbe portato anch’essa i libri in tribunale, avviando la procedura di liquidazione coatta. Questo potrebbe comportare un rischio molto serio: ovvero che il consorzio vincitore dell’appalto per i lavori alla banchina, vincendo anche al Consiglio di Stato, cantierizzerebbe i lavori (basta semplicemente mettere in piedi il cantiere) ottenendo un anticipo del 30% per le spese, per poi abbandonare il tutto. Per cui i lavori verrebbero inevitabilmente bloccati sino a quando poi la vicenda passerebbe nelle competenze della magistratura.

Inoltre, ricordiamo che il consorzio ricorrente, come riportato su queste colonne lo scorso 10 aprile, contestava la variante al progetto della banchina di consolidamento “a un palo”, mentre il progetto originario, quello cioè già pagato da Evergreen ed approvato dal Consiglio dei Lavori pubblici, era a due pali, proprio per distinguere la banchina esistente da quella in costruendo: la variante presentata permetteva però di ridurre i costi e sarebbe stato quindi questo il motivo per cui Consorzio riuscì ad aggiudicarsi i lavori. Il problema è che il TAR, smentendo il Consiglio dei Lavori pubblici, sentenziò che la variante ad un palo poteva essere accettata, sostenendo che “nelle gare pubbliche da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (come appunto nel caso in esame), le varianti progettuali migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera o del servizio sono senz’altro ammesse purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto”.

Insomma, l’ennesimo brutto pasticciaccio sul porto di Taranto ed il suo futuro.

 G. Leone (TarantoOggi, 29.08.2014)

 

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