Il caso del giornalista Luigi Abbate approda in Parlamento

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parlamentoDopo aver appreso con stupore, qualche settimana fa, del licenziamento del giornalista tarantino Luigi Abbate dell’emittente televisiva Blustar TV, i parlamentari pugliesi del MoVimento 5 Stelle hanno optato per portare in Parlamento la strana vicenda. Il giornalista balzò alle cronache nazionali per una intercettazione tra il Presidente Nichi Vendola ed il responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva Girolamo Archinà in cui il Governatore della Puglia sogghignava ricordando il video in cui ad Abbate, dopo aver chiesto conto dei tumori a Taranto al padron Riva, gli veniva sottratto il microfono proprio da Archinà.

Senza entrare nel merito di dinamiche e decisioni proprie di una emittente privata – dichiarano i senatori Maurizio Buccarella, Daniela Donno, Lello Ciampolillo, Barbara Lezzi ed i deputati Giuseppe L’Abbate, Diego De Lorenzis, Giuseppe D’Ambrosio, Francesco Cariello, Emanuele Scagliusi, Giuseppe Brescia – ci sembra strano, però, che un giornalista di indubbia onestà intellettuale che con il suo ottimo operato ha sicuramente reso celebre e conosciuta quella stessa televisione locale, venga allontanato improvvisamente. Appare ulteriormente preoccupante come questo licenziamento segua, sebbene a distanza, dichiarazioni sconcertanti dell’On. Pelillo – continuano deputati e senatori pugliesi M5S – Il deputato del Partito Democratico, durante una puntata televisiva in diretta, condotta proprio da Abbate, in una fase concitata di scambio di opinioni su uno dei decreti ILVA, ha riferito parole quali ‘L’editore lo sa? Domani parlerò con l’editore. Voglio sapere se anche lui è d’accordo’. Abbiamo anche appreso che l’onorevole Pelillo non abbia voluto rilasciare delucidazioni in merito alla vicenda dalle testate che lo hanno contattato. Ci domandiamo come mai l’On. Pelillo non senta l’obbligo morale di spiegare pubblicamente quelle sue dichiarazioni rilasciate in diretta, che reputiamo di una gravità inaudita. Esse, sono da ritenersi ancora più gravi, ammesso sia possibile, proprio perché a Taranto l’affidabilità, l’onestà e l’attendibilità dei politici e dei giornalisti è stata già messa fortemente in dubbio dalle vicende rivelate della magistratura che hanno mostrato un intreccio di interessi ed un sistema assoggettato alla grande industria, mentre cittadini ed operai morivano di tumori o di infortuni sul lavoro. Ci auguriamo che la libertà di stampa, in Italia e in particolare a Taranto, non sia soggetta al potere politico o a quello economico, che a volte tentano di influenzare gli editori e il sistema dell’informazione tramite pressioni sull’operato dei giornalisti non ‘accondiscendenti’. Uno scenario – concludono i parlamentari pugliesi M5S – che ricorda tempi bui non troppo lontani, che auspichiamo definitivamente nel passato”.

E proprio con questi auspici che i senatori ed i deputati pugliesi 5 Stelle hanno depositato una interrogazione parlamentare, a prima firma Maurizio Buccarella (M5S), per chiedere al Presidente del Consiglio Matteo Renzi se “il Governo non ritenga che le dichiarazioni dell’On. Pelillo rappresentino una grave minaccia alla libertà di stampa. Una libertà di stampa che raffigura una delle garanzie che un Governo democratico, assieme agli organi di informazione, dovrebbe garantire ai cittadini ed alle loro associazioni, per assicurare l’esistenza di una stampa libera”. Il Presidente Renzi dovrà, infine, dichiarare quali “iniziative si intendano assumere, nelle opportune sedi normative, al fine di garantire un’informazione libera ed indipendente da ogni gioco di potere, affinché ogni cittadino possa essere messo a conoscenza dei fatti quando questi sono opportunamente documentati”.

Auspichiamo – concludono deputati e senatori pugliesi M5S – che l’On. Pelillo chiarisca pubblicamente le sue affermazioni in diretta televisiva, prima della risposta del Governo all’interrogazione parlamentare. La libertà di stampa e quella di espressione sono tutelate dalla nostra Costituzione: non è accettabile che una velata minaccia o un accennato ricatto professionale possa rendere schiavi i tanti giornalisti che cercano di fare onestamente il loro lavoro nel nostro Paese”.

NOTA STAMPA

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