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L’Ilva viaggia a marcia ridotta – Bilancio in rosso nel 2013 per Riva Forni e Riva Acciai

Il 2013 si è chiuso con una perdita di oltre 60 milioni di euro per il gruppo Riva Forni Elettrici. La conferma arriva dal sito siderweb.com, il portale specializzato sulla siderurgia italiana. Lo scorso 28 giugno riportammo i primi dati del bilancio del gruppo apparsi su “IlSole24Ore”: un fatturato di 3,7 miliardi di euro a fronte di una produzione di 7,6 milioni di tonnellate (trasformate in 4 di vergella, 2 di tondo e una di barre e billette laminate), per una perdita complessiva di 60 milioni (che il gruppo addebita sia alla crisi economica, che alle vicende che colpirono gli stabilimenti del Nord Italia con il sequestro della Procura di Taranto del settembre scorso ed agli investimenti operati dal gruppo su impianti e macchinari ammontanti ad 84 milioni di euro). Anche se i dati del primo trimestre del 2014 segnalano un’inversione di tendenza: fatturato in aumento a 976 milioni, a fronte di una produzione di 2,162 milioni di tonnellate (ricordiamo che lo scorso 31 marzo la Riva Forni Elettrici ha saldato parte del suo debito verso la Stahl, la storica cassaforte lussemburghese della famiglia Riva, ben 87 milioni, su un totale di 354 milioni che rappresentavano le scadenze a quella data).

I dati riportati dal portale siderweb.com sono ancora più specifici: i ricavi delle vendite del gruppo si sono dunque attestati sui 3.695 milioni di euro. In particolare, quelli della Riva Acciai Spa hanno raggiunto 743 milioni di euro, con una diminuzione del 18,6% rispetto al 2012. Il risultato lordo della gestione industriale (Ebitda) è risultato pari a 122 milioni di euro, mentre il reddito operativo netto (Ebit) è risultato negativo per 46 milioni di euro.

In particolare, l’Ebit di Riva Acciaio Spa da -8,6 milioni di euro nel 2012 è passato a -39,6 milioni di euro nel 2013. Riva Acciai Spa ha riportato una perdita di oltre 41 milioni di euro, contro un utile di 243 milioni di euro dell’anno precedente dovuto a componenti straordinarie di natura finanziaria. Gli indici di redditività del gruppo sono ovviamente negativi: -5,17% il ROE (indice di redditività del capitale proprio), -3,07% il ROI (indice di redditività del capitale investito o ritorno sugli investimenti), -1,23% il ROS (ritorno sulle vendite).

Gli oneri finanziari sul fatturato sono abbastanza contenuti (0,41%) e ciò è dovuto al basso indice di indebitamento finanziario (0,34). Anche l’indice di indebitamento totale è piuttosto contenuto (0,87), mentre la copertura delle immobilizzazioni con mezzi propri è più che soddisfacente (1,55). Infine, gli indici di liquidità sono positivi: il coefficiente di liquidità primaria è pari a 0,86 e quello di liquidità secondaria a 1,55.

Intanto, come riportato nei giorni scorsi, il guasto alla centrale termoelettrica (CET 2) dello scorso 15 luglio, quando si verificò un guasto al monoblocco 3 della centrale elettrica di Taranto Energia, non è stato ancora riparato (inizialmente l’azienda parlò di 20 giorni per riparare il danno).

Stando a quanto riferiscono fonti sidnacali infatti, AFO 2 resterà fermo sino a dopo ferragosto. In marcia, dunque, resteranno soltanto AFO 4 e AFO 5. Il fermo di AFO 2 ha comportato ovviamente una minore produzione di ghisa, che l’azienda il mese scorso calcolò in 3-4mila tonnellate in meno al giorno. Il che significa andare al di sotto del livello medio giornaliero registrato sotto la gestione Bondi (16.500 tonnellate) e le 22mila di break-even, ovvero il punto di pareggio (break even point o break even, abbreviato in BEP) dell’Ilva: un valore che indica la quantità, espressa in volumi di produzione o fatturato, di prodotto venduto necessaria a coprire i costi precedentemente sostenuti, al fine di chiudere il periodo di riferimento senza profitti né perdite.

Inoltre, per ridurre l’entità della perdita, sempre secondo Siderweb, l’Ilva avrebbe provveduto a cedere alcune quote di Co2, coprendo parte del buco creatosi con della liquidità fresca. Un’iniziativa che però rischia di rivelarsi un vero e proprio boomerang secondo gli analisti di Siderweb: nel caso di una ripresa produttiva infatti il rischio è di dover ricomprare le quote cedute, spostando solo più avanti temporalmente i problemi economici, finanziari e strutturali del gruppo e della grande fabbrica.

 Gianmario Leone (TarantoOggi, 5 agosto 2014)

 

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