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Tempa Rossa, De Marzo e Carone: “Impressiona il silenzio dell’Eni”

L’ENI è una multinazionale nel settore petrolifero e deve ragionare ed operare in un mercato che vede la presenza di colossi mondiali come Esso, Shell, Total che hanno un bilancio superiore a quello dello Stato italiano. Pur non essendo del tutto al loro livello, ENI opera con successo in campo internazionale: a) aggiornando di continuo le proprie attività, produttive, industriali, logistiche, commerciali, ambientali; b) diversificando verso attività connesse (trasporto di combustibili attraverso oleodotti o gasdotti internazionali, trasporti navali) ed entrando in settori affini come la chimica, la produzione e vendita di energia elettrica, la logistica.

A Taranto l’ENI ha un sito centrato su una grande raffineria che, ovviamente, deve rispondere alle leggi del mercato e confrontarsi con la concorrenza, in un mondo con libera circolazione delle merci. La crisi mondiale ha provocato un calo di domanda dei  prodotti del petrolio, con gravi ripercussioni specialmente per la raffinazione. L’ENI, in Italia, ha registrato gravi perdite che indurranno alla chiusura di alcune raffinerie nazionali. Per il sito di Taranto, accreditato di un notevole potenziale, l’ENI, nel tempo, ha presentato progetti di nuove iniziative per migliorare la situazione economica, adottando, però, la miope “tecnica del carciofo” (un tema alla volta) invece di presentare l’intero pacchetto con una visione di largo respiro. Messa la sordina sul raddoppio della raffineria, un primo progetto riguardava la produzione di energia elettrica da metano da realizzarsi attraverso la sostituzione della vecchia centrale elettrica di Enipower, che alimenta la raffineria, con una centrale di nuova generazione e molto più potente di modo che fosse possibile immettere nella rete elettrica nazionale il surplus di energia rispetto alle esigenze della raffineria. Un secondo progetto, denominato Tempa Rossa, riguardava il grezzo estratto in Basilicata da trasportare in oleodotto fino al pontile ENI di Taranto da allungare e da imbarcare su petroliere.

Entrambi i progetti sono stati valutati positivamente dai Ministeri romani, dalle Regioni interessate e dagli Enti locali ad eccezione del Comune di Taranto il cui Consiglio comunale si è espresso negativamente all’unanimità. Il progetto della nuova centrale ora è “in sonno”; Enipower si è dissociata dall’affare; la vecchia centrale ancora attiva, è tornata di proprietà della raffineria e ne seguirà le sorti. Per Tempa Rossa è fissata una riunione generale, petrolieri inclusi, a Roma, a settembre, per trovare una soluzione definitiva su un progetto di grande importanza strategica ed economica, poiché non è verosimile che il grezzo venga lasciato nelle viscere della Basilicata, con i pozzi già pronti per estrarlo.

Anche in questo caso, come per l’Ilva, si è di fronte alla contrapposizione tra interessi strategici ed economici nazionali e aspettative territoriali focalizzate sul timore di pericoli sanitari ed ambientali, parecchio strumentali ed immotivati rispetto a quanto registrato in 50 anni di vita di una raffineria ben più complessa di un semplice terminale petrolifero.

Con la crisi attuale, Tempa Rossa sarebbe  accolta a braccia aperte in altre città. A Taranto, invece,  si è in presenza di molteplici manifestazioni contro quel progetto, ultima la contestazione ambientalista della manifestazione organizzata da Confindustria Taranto per il superamento degli attuali blocchi alle grandi industrie di Taranto.

Il motivo del diniego comunale nasce da una situazione particolare: la paura della popolazione nei confronti della grande industria. Le persone sono impaurite per quanto si è appreso a seguito dell’intervento della magistratura nei confronti del Siderurgico. Su questioni di tanta gravità il populismo impazza, soprattutto in un contesto generale poco preparato tecnicamente e poco propenso a valutare prospetticamente le conseguenze delle proprie posizioni.

Emerge anche il grave errore commesso da ENI. Ha sottovalutato le difficoltà in cui si trova da anni la città di Taranto e non ha fatto quanto poteva, sia in termini di comunicazione che di contenuti, rassicurazioni e benefici supplementari. Il governo della città appare alla mercé degli estremismi radicali. Classe dirigente in senso lato ed Istituzioni ignorano (o sottovalutano) le notizie che rimbalzano sulle pubblicazioni economiche internazionali e che fanno ormai di Taranto una “città off limits”, dove nessun imprenditore internazionale verrà a insediarsi.

Impressiona anche l’attuale silenzio assoluto di ENI. Si può azzardare una risposta alla domanda sul perché di tale silenzio. Convinta che non possa cambiare il parere negativo dell’Amministrazione comunale condizionata dagli estremismi radicali, ENI non punta più a realizzare a Taranto l’ipotizzato polo strategico ed aspetta di essere “rifiutata e cacciata via” dalla città. La raffineria, senza aggiornamenti, sarà obsoleta e definitivamente fermata in pochi anni. Impedito l’arrivo di Tempa Rossa a Taranto, oleodotto e pontile saranno abbandonati. Il grezzo della Basilicata sarà estratto comunque e, aggiungendo un tratto all’oleodotto esistente, sarà inviato in un altro porto, ionico o calabrese che sia, che non ha i problemi di Taranto. In tal modo, nessuno potrà dire che ENI “ha abbandonato una realtà ad altissimo potenziale, umano, sociale, impiantistico, portuale, in Italia, in casa propria, nel centro del Mediterraneo”: una vera follia, tranne che per i pochi o tanti tarantini che stapperanno spumante, inneggiando all’impoverimento della città.

Dr. Vittorio Ugo Carone, già petroleum refining engineer, chimico di porto, assessore ambiente del Comune di Taranto (anni ’90).

Ing. Biagio De Marzo, già ufficiale di Marina, dirigente industriale, ex presidente di Altamarea

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