“Liberi e Pensanti” dopo manifestazione di Confindustria: «Taranto non è una città plurale»
Avremmo voluto che non passasse un messaggio: che Taranto vuole continuare a convivere con l’Ilva, l’Eni e tutte le altre realtà industriali che hanno distrutto il territorio e le vite di tanti. Avremmo voluto che non fosse anestetizzata e resa silenziosa una intera città affinché in pochi potessero comunicare al mondo che Taranto pensa di poter superare la crisi continuando ad andare a braccetto con i gruppi industriali che l’hanno devastata, riproponendo gli stessi meccanismi che si sono dimostrati fallimentari nel recente passato.
Avremmo voluto testimoniare pacificamente che Taranto vuole altro, che chi sfila oggi lo fa perché spinto dai propri datori di lavoro, dal ricatto e non dall’autolesionismo. Avremmo voluto manifestare tutto questo, parlare con gli altri lavoratori. Confrontarci con loro. Taranto, però, non è più una città plurale. Lo Stato tutto vuole tranne che sottrarre i suoi abitanti dal martirio per l’economia nazionale. Una visione miope, non solo perché relega i cittadini ionici a un destino di fame e di morte ma anche perché continua ad assecondare l’ingordigia di chi sa bene come sfruttare, inquinare e portare la ricchezza altrove. Non c’è nulla nell’attività per Taranto del Governo Renzi o nelle rivendicazioni di Confindustria Taranto che metta al centro il bene comune in tutte le sue accezioni. Non si menziona la vita.
Si attende un “industriale illuminato” che nel mondo dell’acciaio e del petrolio è pura utopia. Volevamo dimostrare anche noi il nostro punto di vista differente durante la manifestazione. Ci tenevamo che venisse raccontata la verità: che la città non è con chi non è capace di cambiare. Ci è stato però impedito. Nella giornata di ieri la Questura di Taranto ci ha inibito dal manifestare la nostra opinione. Siamo stati invitati a fare altro oggi, a non disturbare l’indecente teatrino sapientemente costruito.
Siamo delusi. Ancora una volta vediamo le istituzioni incapaci di garantire ai cittadini quella libertà di manifestazione del pensiero che dovrebbe essere fondante in una democrazia. È come se nulla fosse cambiato in questi anni: noi da una parte e loro dall’altra. È un vero peccato perché siamo convinti che la pluralità sia un arricchimento; che tanti lavoratori che oggi manifestano avrebbero compreso il nostro punto di vista. Alcuni, siamo convinti, si sarebbero uniti a noi come accaduto il 2 agosto 2012. Sappiamo bene che è proprio questo ciò che spaventa Confindustria e non solo: la possibilità che il confronto possa convincere i lavoratori a uscire dallo scacco del ricatto occupazionale. È per questo che, ancora una volta, preferiamo non sprecare le parole con chi ha svenduto per interesse la propria terra e ci rivolgiamo direttamente ai lavoratori.
Invitiamo chi oggi manifesta, infatti, a cogliere la sottile strategia degli industriali ionici.
“L’industria è in crisi”. “L’industria è al capolinea”. “La crisi della grande industria sta diventando devastante”. Parole con le quali Confindustria Taranto non prova a difendere il vostro benessere ma chi è concausa della crescente povertà del territorio ionico. Strumentalizzano la crisi economica che sta attraversando il Paese, Taranto in modo particolare. Il nemico per Confindustria Taranto non è l’inquinamento che ha impedito la crescita di ogni forma di economia alternativa. Il nemico è chi prova a non rifare gli stessi errori; chi prova a non puntare sull’ennesimo cavallo perdente. Il nemico per Confindustria Taranto sono gli artigiani, i commercianti, gli allevatori, i mitilicoltori, i pescatori, gli agricoltori, le piccole imprese, le associazioni e i movimenti civici che vogliono costruire un futuro diverso per l’intera provincia. Scendere in strada oggi per manifestare contro la deindustrializzazione del territorio, rappresenta l’ennesimo tentativo di ricattare chi prova a porre le basi per una economia differente. Quella che Confindustria Taranto chiama deindustrializzazione, in realtà, non è altro che quel radicale cambiamento che chi ha a cuore il futuro di Taranto non può non auspicare.
PERCHÉ CONFINDUSTRIA TARANTO CONTINUA A IGNORARE che l’industria non è solo quella pesante, quella che vuole il progettoTempa Rossa dell’Eni e che ci ha condannato ad un impoverimento progressivo legandoci mani e piedi alla monocultura dell’acciaio. Quella che non è mai coincisa col benessere diffuso.
PERCHÉ CONFINDUSTRIA TARANTO CONTINUA A IGNORARE che esiste l’industria a basso impatto inquinante e che insieme alla mitilicoltura, alla pesca, alla cultura, al turismo e più in generale al terziario, è possibile sottrarsi ai ricatti e contemporaneamente creare quella ricchezza che l’industria pesante non garantisce più (non solo a Taranto).
PERCHÉ CONFINDUSTRIA TARANTO CONTINUA A IGNORARE che gli interessi di pochi non coincidono quasi mai con quelli di una comunità. La battaglia contro la deindustrializzazione del territorio non può coincidere con la difesa degli interessi di quei gruppi industriali che hanno usato il territorio a loro uso e consumo. Basta ricatti. Cambiare si può, si deve. Avremmo voluto testimoniarlo in strada anche noi ma ci è stato impedito. Chi vuole il male di Taranto e dei suoi cittadini ringrazia.
Aps Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti