Le raffinerie di Eni sono un lascito indesiderato per una società che negli ultimi anni è passata ad un business più redditizio come la ricerca e la produzione di petrolio e gas naturale”. E’ quanto scrive il ‘New York Times’ in un articolo dedicato alla chiusura di alcune delle raffinerie possedute da Eni. Il nuovo ad del gruppo petrolifero italiano, scrive il quotidiano americano, “si è messo in rotta di collisione con i lavoratori e, eventualmente, con il governo italiano con un piano per chiudere gran parte delle raffinerie non redditizie della compagnia petrolifera in Italia”. Descalzi, nominato a maggio ad di Eni, secondo quanto riportato dalla stampa locale italiana, scrive il ‘Nyt’, “avrebbe comunicato ai rappresentanti sindacali che le raffinerie che hanno più probabilità di essere coinvolte dalla ristrutturazione sono quelle di Gela in Sicilia, Taranto in Puglia, Livorno in Toscana. Insieme rappresentano circa il 40% della capacità di raffinazione di Eni in Italia e impiegano oltre 1.500 persone”. Oltre al confronto con i sindacati, Descalzi, scrive il quotidiano Usa, “deve ottenere l’approvazione da parte del governo italiano, che detiene una partecipazione di controllo del 30% in Eni”. Ma alcuni analisti finanziari, rileva ancora il quotidiano, “sostengono che la proposta di Descalzi è attesa da tempo, e che dovrebbe essere emulata anche da altre società energetiche europee. Il nuovo ad di Eni ‘può rivelarsi come una versione maschile italiana di Margaret Thatcher nel suo confronto con i sindacati’, hanno scritto giovedì in una nota gli analisti di Bernstein Research”. Con la diminuzione della domanda di prodotti petroliferi, il gruppo Eni con la raffinazione, “ha perso una media di oltre 100milioni di euro al trimestre dal 2009. Tali perdite si stimano pari a 800 milioni solo lo scorso anno”. (Adnkronos)