Il cronoprogramma AIA, già dal 2012, poneva quale priorità l’attuazione delle prescrizioni finalizzate all’immediato abbattimento dell’inquinamento e all’arginare della grave emergenza sanitaria, ulteriormente
Il decreto legge Ilva approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri rafforza al contrario la situazione nella quale opera l’ILVA che si caratterizza per una violazione dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata nell’ottobre 2012. Il Governo italiano, impegnato a trovare le risorse finanziarie necessarie per garantire la produzione, non ha rispettato il cronoprogramma di quell’AIA. E’ rimasta lettera morta la parte più importante e onerosa delle prescrizioni. Secondo quanto fu stabilito dalla Corte Costituzionale, l’Ilva avrebbe potuto continuare a produrre solo nell’ottica del rispetto del cronoprogramma AIA che avrebbe dovuto vedere il completamento dei lavori di messa a norma dello stabilimento per il 1 luglio 2014. Solo la copertura dei parchi minerali prevedeva una scadenza ad ottobre 2015.
Oggi possiamo dire che quel cronoprogramma non è stato rispettato e quindi non è stata rispettata la condizione posta dalla Corte Costituzionale per considerare lecita la facoltà d’uso di impianti che sono ancora posti sotto sequestro. Dato che la facoltà d’uso è condizionata dal rispetto del cronoprogramma dell’AIA 2012, PeaceLink si riserva di agire presso la Procura di Taranto e la Commissione Europea a tutela della salute e dell’ambiente.
Il Governo, invece, a continua a posporre all’infinito la realizzazione di quelle prescrizioni stringenti e fondamentali per la salute umana e l’ambiente, e per il rispetto dei diritti dei lavoratori. Siamo in presenza quindi di un decreto ad hoc, fatto in fretta e furia per garantire liquidità all’ILVA mentre non viene chiarito il futuro dell’azienda (si parla di acquisizione da parte di Arcelor Mittal) né viene davvero messo in primo piano il dramma sanitario che tocca la popolazione tarantina. Rimangono totalmente disattese le speranze della città di Taranto.
E’ l’ennesimo salvagente lanciato alla produzione, alle banche e ai sindacati in violazione della legge europea e del parere della Corte Costituzionale che pur vincolava la produzione dello stabilimento ad una serrate applicazione del programma AIA già scaduto. Nel frattempo a Taranto, ancora stamane, nuovi episodi di slopping hanno chiaramente dimostrato che dal punto di vista ambientale, e di conseguenza sanitario, poco è cambiato.
Tuttavia il sistema di monitoraggio interno all’ILVA continua a fornire misurazioni stupefacenti, e in cokeria vengono registrati valori di IPA cancerogeni più contenuti di quelli riscontrabili a Locorotondo. I fumi vengono certificati come aria buona della Valle d’Itria. L’ILVA appare un palcoscenico dove si recita un copione inautentico, fatto di promesse non mantenute e di dati inverosimili. Con le dimissioni di Ronchi questo copione viene strappato. Il subcommissario Edo Ronchi, dimettendosi, rende evidente il definitivo fallimento di un’AIA che era diventata ormai un paravento di buoni propositi a cui non seguivano sanzioni nel caso in cui i buoni propositi rimanevano inattuati.
Un anno fa, esattamente il 12 luglio 2013, veniva licenziato il Garante dell’AIA Vitaliano Esposito perché stava avviando la procedura prevista dalla legge per sanzionare l’azienda che non rispettava l’AIA. Oggi l’azienda continua a operare fuori dall’AIA grazie a decreti che servono ad evitare le sanzioni di legge. Ma fino a quando potrà continuare così? Siamo in presenza di uno governo che chiude gli occhi di fronte al proprio fallimento mentre prosegue inesorabile l’iter dell’infrazione europea per mancato rispetto dell’AIA ILVA e del principio “chi inquina paga”.
Per PeaceLink
Antonia Battaglia
Luciano Manna
Alessandro Marescotti
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