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Ilva, ok al decreto. Ma servira?

TARANTO – Come previsto è stato approvato nella serata di ieri, dal Consiglio dei Ministri, il nuovo decreto “salva Ilva”: il sesto dal dicembre 2012. Il premier Matteo Renzi in conferenza stampa ha dichiarato che il Cdm ha dato il via libera al testo, che il ministro Guidi e Galletti presenteranno nei prossimi giorni, spiegando però che il documento “è in una forma diversa da quella letta sui giornali”. Certo il prestito ponte da parte delle banche attraverso il meccanismo della prededuzione, che consentirà agli istituti di credito una corsia preferenziale nella riscossione del credito vantato, rispetto agli altri debiti contratti dalla società.

Il prestito ponte si è reso necessario per garantire all’Ilva quella liquidità necessaria onde evitare alla società un fallimento oramai alle porte. Rivisti anche i tempi di attuazione del piano ambientale per i lavori di risanamento previsti sugli impianti inquinanti: l’80% dei lavori dovrà essere concluso entro il 31 luglio 2015, per poi completarli entro agosto 2016, termine temporale entro il quale finirà il periodo di commissariamento dell’azienda. Infine, resta la figura del sub commissario: in un primo momento si era pensato di nominare un commissario ambientale, ma alla fine non “era il caso di nominare due commissari” ha dichiarato Renzi.

“Il decreto legge Ilva approvato dal consiglio dei ministri consente il reperimento delle risorse finanziarie necessarie per gli interventi”. Questo invece quanto dichiarato dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e dal ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi. “Le condizioni di favore per accedere al prestito ponte – spiegano Galletti e Guidi – per le attività di ambientalizzazione della fabbrica e la rimodulazione dei tempi degli interventi sono elementi importanti per assicurare all’Ilva e a Taranto una prospettiva di tutela ambientale, ma anche quella opportunità di sviluppo economico che la crisi del siderurgico aveva messo a rischio”. Il prestito assicurerà, dicono ancora, anche la salvaguardia dei livelli occupazionali e la continuità produttiva. In pratica questo prestito ponte dovrebbe essere “infinito” viste le tante toppe che andrà a mettere in questa infinita vicenda. Ma i nostri dubbi restano tutti.

Intanto a Taranto andava in scena lo sciopero indetto da Fiom, Fim e Uilm, per spronare il governo a risolvere quanto prima la situazione dell’Ilva. La mobilitazione ha visto l’astensione dal lavoro nelle ultime quattro ore del primo turno, dalle 11 alle 15, e nelle ultime quattro del secondo, dalle 19 alle 23. Nonostante i sindacati abbiano parlato di sciopero riuscito e di impianti bloccati, l’adesione allo sciopero degli operai diretti non ha superato il 20%. Decisamente maggiore invece, la risposta arrivata dai lavoratori delle 200 ditte dell’indotto e dell’appalto Ilva, che attendono dall’azienda pagamenti arretrati di mesi con un accumulo di crediti che tocca quasi i 50 milioni di euro, che ha aderito quasi nella sua totalità. Resta comunque molto tesa la situazione all’interno della fabbrica: da un lato ci sono Fiom, Fim e Uilm che provano a tenere unite le file degli iscritti, evitando che la situazione sfugga di mano e chiedendo al governo “certezze sul futuro ambientale e occupazionale”; dall’altro Usb, Cobas e il comitato “Liberi e Pensanti” che, anche se percorrendo strade completamente diverse, attaccano i metalmeccanici perché ritenuti complici della situazione in cui l’Ilva è precipitata negli ultimi due anni.

Infine, sempre ieri il pm di Milano, Stefano Civardi ha chiesto la condanna di Fabio Riva a 5 anni e 4 mesi di carcere ed una maxi confisca del valore complessivo di complessiva di 91 milioni di euro per tutti gli imputati, al termine della sua requisitoria nel processo sulla presunta truffa allo stato da parte della Riva FIRE, la holding di famiglia che controlla la maggioranza delle azioni dell’Ilva Spa. Insieme alla società, sul banco degli imputati ci sono Fabio Riva e altre due persone (dopo la scomparsa del patron Emilio): sono tutte accusate di associazione a delinquere e truffa. Secondo l’accusa, sarebbe stata creata una società ad hoc in Svizzera, l’Ilva Sa, per aggirare la normativa sancita dalla legge Ossola sull’erogazione dei contributi pubblici per le imprese che esportano all’estero.

Un escamotage che avrebbe permesso alla Riva FIRE di truffare lo Stato italiano per circa 100 milioni di euro. E’ per questo che il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto di confiscare a tutti gli imputati i 91 milioni di euro già sottoporti a sequestro preventivo. Nel corso della requisitoria, il pm – che ha anche chiesto di applicare a Riva FIRE una sanzione pecuniaria pari a 2 milioni e 250 mila euro – ha parlato di “circuito criminale tra i diversi soggetti”, spiegando che Ilva Sa è “una società estero vestita fittizia, creata soltanto per percepire contributi”. Per questo motivo, il legale del Ministero dello Sviluppo Economico ha chiesto 120 milioni di euro di danni patrimoniali e morali nei confronti di Fabio Riva. Secondo il legale di parte civile, le “operazioni” messe in piedi da Fabio Riva erano “dirette ad ingannare” la Simest, società pubblica controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti, dalla quale l’Ilva avrebbe avuto stanziamenti che non poteva ottenere. La sentenza è attesa per il prossimo 21 luglio.

 Gianmario Leone (TarantoOggi, 11.07.2014)

 

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