Teleperformance: non c’è pace per i lavoratori del call center

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teleperformanceNon c’è pace per i lavoratori dei call  center. Teleperformance, multinazionale francese che a Taranto gestisce un call center con 1.800 dipendenti, ha annunciato il rischio di chiusura nei prossimi mesi se la situazione gestionale non dovesse migliorare.

Gabriele Piva, direttore di Tp, ha detto che “ad un anno e mezzo dall’accordo sottoscritto con i sindacati (che prevedeva l’impegno a non aprire ulteriori procedure di licenziamento sino al giugno 2015, ndr), non si sono verificati i miglioramenti attesi. Registriamo una perdita di 4 milioni ante imposte nonché un aumento di costi – ha detto Piva -. Entro l’estate se la situazione non migliorerà, rischia di essere inevitabile la chiusura”. Piva ha evidenziato una serie di problemi, come l’eccessivo costo del lavoro, l’assenteismo elevato e un tasso di assenze per malattie del personale pari al 10%. “In questa fase – ha concluso – ci concentreremo sul rientro dalle perdite, attraverso il recupero di risorse dall’attività dei lavoratori a progetto impegnati su altre commesse, e dall’attività in bound”.

Durissima la reazione della Slc Cgil Taranto, che attraverso il segretario generale Andrea Lumino, parla di “volgare ricatto che rispediamo al mittente”. Sull’assenteismo, la Slc Cgil sottolinea come il problema sia legato all’organizzazione del lavoro nella gestione dei turni, definita “estremamente precaria: l’azienda non ha mai voluto contrattare con il sindacato”. Teleperformance ha già usufruito di 36 mesi di cig in deroga, oltre ad aver abbattuto del 12% il costo del lavoro grazie all’accordo del gennaio 2013. Chiedere oggi maggiore flessibilità e contestare il lavoro del sindacato “lascia interdetti” dichiara la Slc Cgil. L’azienda ne ha anche per la Regione Puglia, “colpevole” di aver negato l’accesso ai fondi della formazione continua: “In realtà – dichiara la Slc Cgil – l’accusa è di non aver erogato i fondi nella quantità desiderata dall’azienda”.

Se Taranto piange, Palermo non ride. Dopo il caso dei 280 lavoratori dell’Accenture, ad essere colpita dal fenomeno delle localizzazioni è la “4u servizi” che impiega 400 lavoratori. Il servizio Sisal Machtpoint di 4u si sposterà in Albania, dove i costi del lavoro sono decisamente ridotti rispetto all’Italia. Con Sisal Matchpoint i dati personali dei titolari del conto non verranno più gestiti in Italia, con conseguenze anche sulla sicurezza di carte di credito e Iban.

E come evidenziato dai sindacati in una lettera inviata al governo lo scorso 25 giugno, sono migliaia i posti di lavoro in bilico nel settore dei call center. La Voice Care, che occupava 200 persone a Ivrea e svolgeva una commessa per Seat Pagine Gialle da un giorno all’altro ha licenziato tutto il personale, procedendo a formare nuovo personale; Infocontact, con 1500 persone distribuite tra le sedi di Lamezia Terme e Rende che operano su commesse Wind, Poste Italiane ed Enel, ha avviato una procedura fallimentare, con i committenti che stanno negoziando l’entrata di nuovi fornitori. Almaviva contact ha invece attivato la solidarietà al 25% per i suoi 10.000 dipendenti.

“Il caso Teleperformance è un ricatto alle istituzioni e al territorio ed è lo specchio del settore dei call center italiani” dichiara Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil. “Con l’accordo del 2013 l’azienda si è rilanciata ed ora minaccia di chiudere se non ottiene ciò che chiede”. Un settore, quello dei call center, privo di regole sui cambi di appalto e sulla responsabilità dei committenti, dovuto soprattutto al fatto di aver recepito male la Direttiva Europea 2001/23/CE, che “ha creato uno spazio aperto all’arbitrio e alla corruzione ed impedisce l’applicazione delle tutele previste dall’art. 41 n. 428/90 e le garanzie previste dall’articolo 2112” sottolinea Azzola. Che chiede alla politica ed al governo risposte rapide: “Il tavolo aperto al MiSE e l’indagine conoscitiva della Commissione lavoro della Camera non bastano più”.

 Gianmario Leone (Il Manifesto del 3 luglio 2014)

 

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