Chi sostiene non fossero più di dieci e che abbiano incontrato soltanto i dirigenti Ilva. Chi addirittura si è sbilanciato sostenendo che i tecnici abbiano visionato gli impianti dell’area a caldo, restandone peraltro favorevolmente colpiti dalle attuali condizioni strutturali. Dei veri e propri fantasmi dunque questi indiani. A dare quanto meno forma e sostanza al gruppo indiano, ci ha invece pensato l’ad dell’azienda, Lakshmi Mittal. Le cui dichiarazioni sono state riportate dall’agenzia internazionale Reuters. “Siamo stati invitati dal governo italiano a dare un’occhiata. Questo non significa che la compreremo”, ha detto Mittal nel corso della conferenza ‘Steel Success Strategies’. “Valutare l’interesse per l’azienda sarà un processo lungo, per i problemi sociali, politici ed economici che rendono molto complessa la situazione”, ha detto il manager.
Niente di nuovo dunque. Se non fosse che l’ad una novità l’ha detta: e cioè che è stato il governo italiano a tirare in ballo il colosso indiano pur di salvare l’Ilva. E non il contrario. Motivo per il quale, se mai gli indiani dovessero presentare un’offerta, detteranno le condizioni a loro più utili: prendere o lasciare (un po’ come avvenuto nella trattativa su Alitalia, dove gli arabi di Etihad hanno imposto 2.261 esuberi).
Chi invece è stato visto ieri all’interno del siderurgico, è il neo commissario Piero Gnudi. Una visita quasi di cortesia, visto che non c’è stato alcun incontro con i dirigenti, né con i sindacati o le istituzioni locali. Gnudi ha soltanto visitato alcune aree dello stabilimento, interloquendo con alcuni responsabili degli impianti per poi ripartire in serata. Del resto la priorità del commissario, come abbiamo più volte scritto, è una soltanto: convincere gli istituti di credito a concedere all’azienda un prestito ponte di 7-800 milioni di euro, per garantire l’ordinaria amministrazione nei prossimi 2-3 mesi. Visto che l’Ilva è oramai un’azienda al collasso da un punto di vista finanziario (secondo Federacciai perde tra i 60 e gli 80 milioni al mese).
Visto che al momento non solo non vi è certezza sulla possibilità che il 12 luglio vengano pagati gli stipendi di giugno agli oltre 15mila lavoratori diretti; ma soprattutto visto che l’azienda deve affrontare il debito maturato con i fornitori e le imprese dell’appalto-indotto, che secondo Confindustria Taranto ammonta ad oltre 46 milioni di euro. Il ritardo nei pagamenti delle ditte dell’appalto infatti, varia dai 4 ai 24 mesi. E sono tante le imprese che rischiano di chiudere i battenti da un momento all’altro.
Il problema è che Gnudi dovrà pur dare qualche garanzia alle banche (che peraltro sono già esposte per oltre un miliardo di euro nei confronti dell’Ilva Spa): ma a fronte del fatto che per un’eventuale nuova proprietà della società ci vorranno svariate settimane se non mesi, non è dato sapere cosa s’inventerà il buon Gnudi. Che giovedì incontrerà a Roma l’oramai ex sub commissario Edo Ronchi (il cui mandato è scaduto domenica e dovrà essere rinnovato dal ministro dell’Ambiente). Pare che l’idea sia quella di convincere Ronchi a restare. Vedremo cosa accadrà, visto che lo stesso Ronchi ha indetto per giovedì una conferenza stampa in cui dirà le sue verità. L’ennesima puntata di una soap opera che oramai ha stancato anche i più fedeli “spettatori”.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 18.06.2014)
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