Ieri, dunque, abbiamo dovuto assistere ad esempio ad esponenti politici che lamentavano la pochezza in materia di compensazioni ambientali a favore della città. “L’Eni ci ha parlato di 1-2%, ma queste sono cifre ridicole”. Saranno pure ridicole, ma a stabilirlo è la legge, non certo l’Eni.
Si tratta della famosa legge Marzano, “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza”, che prevede nell’art. 1 comma 4, misure di compensazione e di riequilibrio ambientale, in presenza di importanti infrastrutture ad elevato impatto territoriale, pensata ad hoc per favorire le aziende in tema di compensazioni, che si attestano intorno all’1% sull’importo del progetto previsto, destinato a compensazione di carattere ambientale. Nel caso del progetto in questione, per cui l’Eni ha previsto un investimento di 300 milioni di euro, le risorse da destinare alla compensazioni ambientali ammontano dunque a 3 milioni di euro. La matematica non è un’opinione. “Le compensazioni presentate in passato al Comune sono ridicole”, si è detto ieri. Peccato però che quelle compensazioni, di cui si discusse in una riunione a Palazzo di Città l’11 gennaio 2012, furono ben accette all’epoca da parte dell’amministrazione comunale, all’interno della quale figuravano esponenti politici presenti nell’attuale maggioranza.
Saranno anche ridicole, ma anche in questo caso si dimostra di non conoscere la legge. Nelle “Linee guida – La congruità economica e ambientale delle Misure di compensazione a favore dei comuni” recepite nella legge Marzano del 2004 (poi rivista prima nel 2006 e poi nel 2008), le misure compensative a favore dei Comuni sono circoscritte ad una casistica limitata: si può infatti leggere nel testo che “l’autorizzazione unica può prevedere l’individuazione di misure compensative, a carattere non meramente patrimoniale, a favore degli stessi Comuni e da orientare su interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazione di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi (…)”.
Non è un caso infatti se nel gennaio 2012, si parlò della “metanizzazione delle scuole gestite dalla parte pubblica, di mezzi di trasporto e servizi pubblici oltre che la solarizzazione di edifici scolastici e ambientalizzazione delle attività portuali Eni”. Furono previsti inoltre non meglio precisati “interventi sempre nello spirito delle compensazioni ambientali che saranno destinati a sostegno di situazioni sociali di forte debolezza”. Quanto sopra prevedeva un investimento totale di circa tre milioni per Eni “a cui – si leggeva in una nota del Comune – oltre al beneficio ambientale, si aggiungerà un risparmio per un minor costo di energia e di spesa per l’acquisto del gasolio per circa un milione l’anno per le amministrazioni pubbliche. I rappresentanti delle due amministrazioni hanno richiesto, oltre le compensazioni, di sostenere le attività sportive di eccellenza in terra ionica”. La legge Marzano non è cambiata. E il recinto in cui si dovrà agire questo è. Punto.
Altra baggianata propinata ieri dal Pd, sarebbe l’assunto secondo cui, essendo Taranto il terminale del progetto, la città ionica e il suo territorio debbano avere lo stesso trattamento della Basilicata. E qui si commette l’atavico errore di paragonare compensazioni ambientali e royalty. Oltre al fatto che una teoria del genere è puro campanilismo. Ma come si può pensare di mettere sullo stesso piano un territorio che viene devastato dalle trivellazioni, con uno dove si stocca del greggio? Ora, è chiaro anche ad un bambino che un conto è compensare un territorio a cui viene sottratta una materia prima come il petrolio, un conto è compensare un territorio in cui quel petrolio viene stoccato. Dunque, è assolutamente ridicolo protestare perché le compensazioni ambientali qui siano minori che in Basilicata.
Inoltre, si vuol far credere alla città che l’Eni abbia cambiato atteggiamento nei confronti del territorio tarantino. Quando si sa perfettamente che questa “apertura” è dovuta soltanto al fatto che l’Eni non può più aspettare i capricci del Comune (leggi ritardo sull’approvazione del nuovo Piano Regolatore del porto all’interno del quale rientrano i lavori per “Tempa Rossa”). Così come non possono più aspettare le multinazionali titolari del progetto: Total, Shell e Mitsui.
Infine, siamo ancora una volta costretti a sottolineare la totale assenza della società civile e del mondo ambientalista tarantino (eccezion fatta per il comitato Legamjonici che segue le vicende dell’Eni da sempre) in queste occasioni. Ma oramai siamo abituati anche a questo. Taranto è oramai un grande teatrino dove ognuno recita la sua squallida particina. Il futuro non è adesso. Purtroppo, è già stato.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 12.06.2014)
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