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L’Eni: “Lavoro ai tarantini”. Il problema è a Bari

TARANTO – La posizione dell’Eni “va incontro alle esigenze del territorio e dei lavoratori tarantini e garantisce pieno supporto all’economia locale”. A sottolinearlo in una nota ufficiale, l’ufficio stampa dell’azienda intervenendo in merito alla vertenza degli autotrasportatori aderenti al consorzio Lts (Logistica, trasporti e servizi) di Taranto, che da giorni stanno protestando con presidi e sciopero a oltranza dopo che si sono visti ridurre del 50% l’appalto per il servizio di trasporto carburante, affidato a due ditte di Alessandria e Roma del gruppo Bertani e Gavio. L’Eni nella nota non omette di ricordare che “nel giugno 2013, a seguito di un’operazione della Guardia di Finanza denominata ‘Mare Nero’, è stata indagata gran parte degli operatori dell’allora consorzio ‘Stl’.In base alle regole di appalto Eni, le accuse mosse dalla Guardia di Finanza avrebbero dovuto comportare lo scioglimento anticipato e automatico di tale appalto”. Con la rimodulazione del vecchio appalto l’Eni ha garantito “che il 50% del volume movimentato precedentemente all’indagine della Guardia di Finanza venisse assicurato agli autotrasportatori tarantini”.

“Per il rimanente 50%, Eni – prosegue la nota – ha bandito una gara di appalto, vinta da Bertani e Gavio con la clausola che un ulteriore 30% del lavoro venisse subappaltato ad altri autotrasportatori locali tarantini. Questa soglia del 30% è stata poi elevata al 50%, per tutto il 2014, dopo le riunioni istituzionali promosse dalla Prefettura. Quindi agli autotrasportatori locali andrebbe il 75% del servizio, il 50% dell’appalto più il 25% in subappalto” come abbiamo riportato nei giorni scorsi. Qual è allora il problema? L’Eni sostiene che “i legali del Consorzio Lts – conclude il comunicato – hanno tuttavia fatto rilevare che la percentuale si abbassa del 5% considerando il costo da sostenere per il subappalto e che le imprese locali sono escluse dalla parte più remunerativa della contrattazione, come il trasferimento di carburante agli aeroporti”.

Intanto è andato a vuoto anche l’ultimo tentativo di trattativa, nonostante la disponibilità di Gavio e Bertani di lasciare fino all’83% della vecchia commessa in mano del Consorzio ‘Lts’: l’Eni però, così come avvenuto durante le varie riunioni, si è detta disponibile ad arrivare ad un massimo del 75% (alzando l’asticella di un 5% rispetto alla riunione di mercoledì). Il che porterebbe il Consorzio ad estromettere almeno 30/35 ditte con relativi mezzi: con i lavoratori che hanno subito rispedito al mittente la controproposta dell’azienda. E così i lavoratori proseguiranno nel loro presidio sulla 106, che visto il weekend alle porte dovrebbe proseguire sicuramente sino a lunedì o martedì, pur non prevedendo di cambiare le modalità di sciopero che dura oramai da 8 giorni.

Tutto ciò detto, così come non abbiamo mancato di sottolineare nei giorni scorsi, qualcosa che non torna in tutta questa vicenda c’è. Per questo siamo andati a fondo della questione ed attraverso fonti certe ed accreditate, abbiamo scoperto che in realtà la presa di posizione di Eni non è così campata in aria. Pare infatti che l’azienda sin dal primo momento abbia redatto un elenco di nominativi, con tanto di relative targhe di camion, che non vuol più vedere all’interno della raffineria. Tra l’altro, abbiamo anche scoperto che la maggioranza dei lavoratori che perderebbe il lavoro, se non tutti, sono di Bari e non di Taranto (del resto la stessa Eni nella nota ufficiale parla di lavoro garantito per tutti i lavoratori tarantini e, se non ci fossero quelli baresi di mezzo, non avrebbe avuto senso specificarlo). E che tra questi ve ne siano diversi implicati nell’inchiesta “Mare Nero” di cui l’Eni, certamente non casualmente, fa riferimento nella sua nota ufficiale. A chiudere il cerchio, quanto accaduto ieri: una ditta di Bari che pare abbia chiesto la sospensione del procedimento giudiziario a carico dei propri dipendenti coinvolti proprio nell’inchiesta “Mare nero”.

Stante così le cose, questa sarebbe l’ennesima dimostrazione di come i nostri sindacati pesino pochissimo sul territorio tarantino. E come i nostri politici o sono del tutto disinformati o sono in totale malafede. E soprattutto non hanno il coraggio, ancora oggi, di “sfidare” i colleghi baresi e di difendere con le unghie e con i denti il territorio tarantino e i suoi lavoratori. Visto che a perdere il lavoro sarebbero le ditte baresi. Alcune delle quali coinvolte in un’inchiesta ai danni dell’Eni. E pensare che i nostri politici hanno scritto al governo, al ministro dello Sviluppo economico Guidi, a quello dell’Ambiente Galletti, al presidente Eni Emma Marcegaglia. Mettendo in mezzo, perché tanto oramai va di moda, anche i danni ambientali prodotti dall’inquinamento della raffineria. Che in tutta questa vicenda non c’entrano nulla. Una recita riuscita in piena regola. L’ennesima. Ma penosa come poche.

 G. Leone (TarantoOggi. 07.06.2014)

 

 

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