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Ilva, il gioco è finito

TARANTO – Potrebbe arrivare quest’oggi ad Enrico Bondi, la risposta “formale” del gruppo Riva in merito alla proposta di piano industriale che il commissario straordinario dell’Ilva ha presentato venerdì scorso nella sede dell’azienda a Milano. Il prospetto strategico redatto dalla società McKinsey & Company, prevede che l’azienda dal 2014 al 2016 perderà oltre 1 miliardo di euro.

Anche perché oramai le scorte del magazzino, una delle strategie di mercato che ha permesso al gruppo Riva di registrare utili da capogiro nel corso degli anni, sono vicine all’esaurimento. E’ scritto chiaramente nel documento del piano industriale: il “destocking sarà esaurito nel 2014”. Il che comporterà l’acquisto di bramme (semilavorati) dall’esterno, “significativamente oneroso rispetto alla produzione interna, ipotizzato solo per sopperire a limitazioni temporanee della capacità produttiva”, nel periodo temporale in cui sono previsti gli interventi per il risanamento degli impianti dell’area a caldo, che secondo il piano ambientale dovranno terminare entro l’agosto del 2016, alla scadenza del periodo commissariale. Impianti destinati a fermarsi comunque nei prossimi mesi, a prescindere dalla partenza dei lavori o meno.

E’ inutile star qui a ripetere per l’ennesima volta l’entità degli investimenti di cui il siderurgico tarantino ha di bisogno. Anche perché ancora una volta ci perderemmo nel nulla dei numeri e in previsioni del tutto irrealistiche. La verità è che, come ripetiamo oramai da anni, l’Ilva è un’azienda che sta terminando il suo ciclo vitale. Al di là dei tanti giochi di potere che si stanno scatenando da tempo tra banche, gruppi imprenditoriali e tutti coloro i quali sono interessati e dipendono dall’acciaio dell’Ilva, è lapalissiano che in Italia non ci sia nessuno in grado di rilevare la società Ilva Spa. Non potrebbe farlo, economicamente parlando, nemmeno una cordata di imprenditori. In tanti paventano l’arrivo dello straniero salvatore, ma anche in questo caso siamo di fronte all’ennesimo bluff da quattro soldi. Ma quale gruppo siderurgico straniero, forte della sua posizione sul mercato europeo, avrebbe interesse a salvare la produzione dell’acciaio italiano, quando potrebbe tranquillamente vendere in Italia il suo prodotto? E se mai un gruppo straniero dovesse arrivare, state tranquilli che verrebbe per chiudere l’area a caldo e, forse, investire qualcosa sull’area a freddo. Ma parliamo di ipotesi davvero remote.

Anche per questo s’intensificano gli incontri: mercoledì Bondi vedrà nuovamente i sindacati metalmeccanici, mentre per il giorno dopo il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, ha convocato il tavolo nazionale sulla siderurgia (il 15 giugno si spegnerà definitivamente l’altoforno di Piombino).

Del resto, quante volte abbiamo scritto su queste colonne che l’intervento della magistratura abbia soltanto accelerato il progetto di abbandono del siderurgico del gruppo Riva? Quante volte abbiamo scritto che il mancato investimento sulla manutenzione e sul risanamento degli impianti dell’area a caldo, fosse il frutto di una precisa strategia imprenditoriale? Indignarsi oggi degli incidenti quasi quotidiani all’interno dell’Ilva, è una grande ipocrisia. Specie da parte di chi la fabbrica la vive da dentro, ogni giorno, da anni.

Cosa pensavate, che impianti vetusti e datati, oltre che tirati al massimo negli ultimi vent’anni, durassero in eterno? Nessuno si è accorto in tutti questi anni che il siderurgico iniziava a perdere colpi e a cadere a pezzi? Idem dicasi per le vicende che stanno riguardando le imprese dell’indotto. Quante volte su queste colonne abbiamo affrontato il tema della “mala gestione” da parte dei Riva in questo campo? Delle tante aziende tarantine eliminate negli anni a favore dei soliti noti? O di ditte provenienti dal Nord come accade ancora oggi? “Stranamente”, l’allarme sull’indotto arriva soltanto ora, quando le ditte non riescono più ad andare avanti, perché l’Ilva non è più in grado di garantire nemmeno i pagamenti a 90 giorni.

La stessa cosa accadrà nel prossimo mese. Quando diventerà chiaro che a luglio i dipendenti Ilva non percepiranno lo stipendio di giugno. Eventualità che è stata già fatta trapelare in forma ufficiale da parte dell’azienda. Volete vedere che improvvisamente si sveglieranno i sindacati e soprattutto i lavoratori? Con nuove manifestazioni oceaniche e blocchi della città? Fanno tutti finta di non sapere che oramai il gioco è finito. E che questa città sta per sprofondare definitivamente. Sarà un’estate molto calda. Il rischio di una “guerra civile tra poveri” è dietro l’angolo. Ma val bene fare finta di niente ed attendere il corso degli eventi. A noi, da sempre, piace così. 

Gianmario Leone (TarantoOggi, 26 maggio 2014)

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