Un confronto deciso tra gli avvocati dell’accusa e della difesa nel quale si è ricostruito un lunghissimo periodo di storia industriale italiana tra pubblico e privato, quarant’anni a cavallo tra la metà degli anni ‘60 e l’inizio del 2000. Il Pubblico Ministero, con il sostituto procuratore Raffaele Graziano, nella requisitoria aveva chiesto pene severe per quelli che si ritengono essere stati i colpevoli di quelle malattie causate respirando polvere di amianto e sostanze tossiche nella fabbrica dei veleni. Ora sarà il dott. Simone Orazio Giudice del Processo sulla base dei fatti e degli atti, ad emettere la sentenza per i 29 dirigenti del siderurgico che sono accusati di disastro colposo e di violazione della normativa sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Quello che è certo e che è stato evidenziato nelle numerose udienze e che ancora sul finire degli anni 90 in Ilva vi erano grandi quantitativi di amianto migliaia le tonnellate del pericoloso cancerogeno anche friabile con una mappatura incerta che non permetteva di localizzarlo e che ha determinato nel tempo possibili esposizioni inconsapevoli a cui sono seguite le bonifiche che sono continuate negli anni ed ancora oggi vengono programmate nel piano industriale Ilva 1300 interventi di bonifica amianto dagli impianti a significare di quanto l’amianto era presente nell’industria siderurgica. Cresce intanto l’attesa per la sentenza che riteniamo essere non un punto di arrivo ma il momento su cui ripartire per ricostruire la nostra storia una sentenza che possa dare risposte per le morti nella fabbrica e fuori dalla fabbrica facendo chiarezza su quello che è stato ma anche per sapere quello che potrà essere il futuro, un futuro che vogliamo sia più giusto per tutti .
Luciano Carleo, presidente Contramianto e altri rischi Onlus
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