Ilva, confermato obbligo di dimora per Archinà e Capogrosso
TARANTO – Il tribunale dell’appello cautelare di Taranto ha respinto i ricorsi presentati dai legali dell’ex direttore dell’Ilva di Taranto Luigi Capogrosso e dell’ex responsabile dei rapporti istituzionali del colosso siderurgico Girolamo Archinà con cui si chiedeva la revoca dell’obbligo di dimora. I legali avevano impugnato il “no” del gip Patrizia Todisco alla revoca della misura cautelare. Capogrosso, accusato di reati come associazione per delinquere e disastro ambientale, fu arrestato insieme ad Emilio Riva (scomparso a fine aprile) e Nicola Riva il 26 luglio del 2012 in concomitanza col sequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico tarantino.
Archinà è stato raggiunto da due ordinanze di custodia cautelare a novembre 2012 ed a maggio 2013 con accuse di associazione per delinquere, corruzione e concussione in concorso col presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, finito in carcere a maggio 2013. Per gli investigatori Archinà avrebbe tessuto una rete di contatti a vari livelli per garantire all’Ilva di evitare controlli e limitazioni della produzione a scapito di ambiente e salute di cittadini e lavoratori. Secondo i magistrati tarantini, per Archinà e Capogrosso sussistono ancora rischi di inquinamento probatorio e reiterazione dei reati.
La “pervicacia e spregiudicatezza nella commissione dei gravi delitti”, le precedenti condanne e la rete di conoscenze, scrivono i giudici, stabilisce un concreto pericolo di inquinamento delle prove. Archinà, scrivono ancora i magistrati, ha dimostrato una “straordinaria capacità di asservire organi di informazione ed ottenere credito presso le istituzioni”. Capogrosso ed Archinà saranno imputati dal prossimo 19 giugno all’udienza preliminare sul disastro ambientale dell’Ilva insieme ad altri 47 fra vertici del siderurgico, amministratori, membri delle commissioni che dovevano rilasciare l’autorizzazione integrata ambientale. (Apc)