Ilva, ecco gli stipendi – Accreditati ieri agli 11mila dipendenti diretti
TARANTO – Sono stati accreditati ieri, agli 11mila dipendenti diretti dell’Ilva di Taranto, gli stipendi di aprile. Si è rivelato dunque infondato, come peraltro ampiamente previsto, il timore diffusosi nei giorni scorsi in merito alla questione stipendi. Certo, questo non vuole affatto dire che la situazione finanziaria dell’Ilva sia migliorata (visto anche quello che sta accadendo nell’indotto che su queste colonne anticipammo mesi addietro), tutt’altro: ma state pur certi che per il prossimo mese difficilmente udiremo altri “al lupo, al lupo” da parte dei sindacati metalmeccanici. Che giovedì sono attesi a Roma alla classica prova del nove: quando in serata incontreranno nella sede romana dell’Ilva il commissario straordinario Enrico Bondi, che illustrerà loro il famoso piano industriale.
Dunque, si resta come sempre in attesa degli eventi. Ad esempio, Bondi e Ronchi attendono di essere ricevuti a Milano dai componenti della famiglia Riva, per conoscere i propositi futuri del gruppo lombardo sull’Ilva (attualmente detengono il 62,61% delle azioni della società, oramai scorporata dal gruppo Riva FIRE, oggi Riva Forni Elettrici, operazione che si concluse nel gennaio dello scorso anno) e, in un secondo momento, il loro parere sul piano industriale 2014-2020. In ultimo, i due commissari chiederanno al gruppo Riva se ha intenzione o meno di sottoscrivere il famoso aumento di capitale: in caso contrario, secondo quanto previsto dalla legge n. 6 del febbraio scorso, il corrispettivo delle quote azionarie degli investimenti previsti (quasi 2 miliardi di euro) per i lavori di risanamento degli impianti dell’area a caldo, sarebbe messo in vendita.
Una cifra che, calcoli alla mano, supererebbe la maggioranza delle azioni della società Ilva, e che in caso di acquisto prefigurerebbero una nuova proprietà che attualmente non si scorge nemmeno lontanamente all’orizzonte. A questo punto, le ultime carte da giocare sarebbero queste: convincere le banche (Unicredit, San Paolo e Banco Popolare) a concedere un prestito ponte, che come abbiamo più volte riportato in questi mesi, gli istituti di credito non hanno alcuna intenzione di concedere: vuoi perché sono già esposti nei confronti della società per debiti pregressi di oltre 1 miliardo di euro, vuoi perché la necessità prima sarebbe comunque quella di conoscere il futuro del siderurgico da un punto di vista di proprietà. In pratica, finché non si ha la certezza di rientrare in possesso degli eventuali ed ulteriori crediti da concedere all’Ilva Spa, le banche non scuciranno un euro.
Altra strada da percorrere, che viene riproposta da oltre un anno, consisterebbe nell’intervento della Cassa Depositi e Prestiti: ma anche in questo caso bisogna andare con i piedi di piombo, visto che l’Unione Europea impedisce ad uno Stato membro di intervenire in maniera diretta per salvare un’impresa privata, seppur giudicata “strategica per l’economia nazionale”.
Infine, così come previsto dalla legge di febbraio, c’è la possibilità di chiedere l’utilizzo dei soldi sequestrati al gruppo Riva da parte della Procura di Milano, nell’ambito delle tre inchieste che riguardano il gruppo lombardo. Si tratta di 800 milioni di euro disponibili su un totale di 1,7 miliardi di euro (che si trovano nel Fondo Giustizia). Ma rispetto a questa opzione, su queste colonne abbiamo sollevato più di qualche dubbio da un punto di vista prettamente costituzionale, nonostante Ronchi abbia assicurato che anche l’ex ministro della Giustizia Severino, oggi legale di parte nella gestione commissariale dell’Ilva, abbia dato il suo benestare. Sarà.
Il rischio, o se volete il paradosso, è che utilizzare quelle risorse per far partire i lavori previsti dal piano ambientale prima ancora che il processo milanese si sia concluso con una condanna definitiva nei confronti del gruppo Riva, possa esporre in futuro la stessa Ilva Spa e lo Stato, a rifondere il gruppo lombardo delle risorse utilizzate a fronte di un’eventuale assoluzione (nonostante questa possibilità venga negata dalla legge dello scorso febbraio). Insomma, si tenta di allungare i tempi. In attesa dell’inevitabile tracollo finale.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 13.05.2014)
ILVA, VERSO PROROGA AMMORTIZZATORI SOCIALI PER DIPENDENTI GENOVA
Il Ministero dello Sviluppo economico, insieme al Ministero del Lavoro, convocherà nei prossimi giorni i sindacati e l’azienda per trovare una soluzione che permetta di prolungare gli ammortizzatori sociali per i 1750 lavoratori dello stabilimento Ilva di Genova, i cui contratti di solidarietà scadranno il prossimo 30 settembre. Lo ha annunciato ieri il responsabile dell’unità di gestione vertenze del Mise, Giampiero Castano, al termine di un incontro nella sede del Ministero tra Fim, Fiom e Uilm, istituzioni locali e azienda. La richiesta dei sindacati è che si confermi l’accordo di programma del 2005, nel quale veniva garantito il mantenimento dell’occupazione a fronte di investimenti su nuove produzioni come ad esempio quelle sulla zincatura e stagnatura. La proroga degli ammortizzatori sociali, “oltre a garantire un reddito ai lavoratori, permetterà – ha sottolineato il segretario genovese della Fiom, Bruno Manganaro – di dare una prospettiva di lavoro e confermare l’accordo di programma”. “Si tratta di un primo passo, che sarà verificato nei prossimi giorni, ma che – ha concluso Manganaro – segna comunque l’apertura di una discussione seria ed approfondita sulle prospettive dell’azienda”.
(TarantoOggi, 13.05.2014)